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Le rappresentazioni medievali di Salerno nel “Liber ad Honorem Augusti” di Pietro da Eboli.

La letteratura medievale conserva una delle più importanti testimonianze della conquista dell’Italia meridionale ad opera di Enrico VI di Svevia, figlio dell’Imperatore Federico Barbarossa, ed è il poema a carattere storico e guerriero, composto molto probabilmente intorno al 1195, dal poeta, cronista, Pietro da Eboli, dal titolo “Liber ad honorem Augusti” (custodito nella Burgerbibliothek di Berna in Svizzera, si compone di 1673 versi ed è corredato da 53 miniature).

Autoritratto nel Liber ad honorem Augusti , 1196 di pubblico dominio

E’ bene precisare che il cronista, animato da fortissima fede nella casata Sveva, realizza l’opera con l’intento di osannare i suoi protagonisti e in particolare Enrico VI, approcciando, di fatto, la sua narrazione secondo una visione prettamente ghibellina e quindi in sostegno dell’Imperatore. In questo periodo la crescente brama di potere da parte dei sovrani porta all’attivazione di veri e propri complotti e vendette per il predominio su un territorio, e anche nel caso di Enrico VI di Svevia assistiamo a stravaganti passaggi per la successione al potere. Gugliemo II il Buono, re di Sicilia (1166-1189), sposato con Giovanna d’Inghilterra, ma senza eredi intraprende, di fatto, delle trattative segrete con Federico Barbarossa, Duca di Svevia, per condurre a matrimonio sua zia, la trentenne Costanza d’Altavilla (figlia di Ruggero II re di Sicilia), e il figlio del Barbarossa, Enrico VI di Svevia.

Enrico VI di Hohenstaufen di Giovanni Battista de’Cavalieri è contrassegnato con CC0 1.0 .

L’annuncio è dell’anno 1184, mentre il matrimonio si concretizza, a Milano, il 27 gennaio del 1186. Alla morte di Guglielmo II, nel 1189, i Baroni siciliani, ma anche la fazione del papato rifiutano gli impegni presi per la futura successione di Costanza, contrari ad una germanizzazione del regno. Grazie anche al lavoro del Cancelliere Matteo d’Aiello, la nobiltà di corte, fortemente antitedesca, elegge, pertanto, sovrano Tancredi Conte di Lecce (1189-1194), nipote illegittimo di Ruggero II, riconosciuto anche dal Papa Clemente III. Con la morte di Federico Barbarossa, il suo erede Enrico VI di Svevia, dopo essere stato solennemente incoronato Imperatore insieme a sua moglie Costanza da Papa Celestino III, decide nel 1191, di tentare la conquista del Regno di Sicilia.

Enrico VI e Costanza (Liber ad honorem Augusti, Pietro da Eboli) di pubblico dominio

Purtroppo, nonostante il sostegno della flotta della Repubblica Pisana (fedele all’Imperatore), la sua impresa si traduce in una disfatta completa: Enrico viene fermato a Napoli e il suo esercito decimato anche a causa di una improvvisa pestilenza.

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Tancredi con i figli Ruggero III e Guglielmo III, nel Liber ad honorem Augusti di pubblico dominio

Nel frattempo Tancredi (secondo l’interpretazione di alcuni storici) rapisce Costanza d’Altavilla per condurla a Salerno e rinchiuderla in Castel Terracena (dimora normanna voluta da Roberto il Guiscardo). Secondo altri studiosi, invece, Costanza dimora in Castel Terracena, ben accolta dalla città di Salerno favorendo la benevolenza del popolo nei confronti di Enrico. Purtroppo alla notizia della disfatta degli svevi a Napoli, l’accoglienza di Costanza a Salerno di tramuta in prigionia! C’è, poi, una ulteriore interpretazione storica che collega la presenza di Costanza a Salerno alla sua salute assai cagionevole, potendo, di fatto, curarsi presso la famosa Scuola Medica Salernitana.

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Ormai assediata assieme alle sue dame e i suoi dignitari, l’Imperatrice abbandona, per volontà di Tancredi, la città scortata da un nobile salernitano, Elia di Gisualdo, imbarcandosi su una nave alla volta della Sicilia, per essere poi consegnata a Tancredi stesso. Sembrerebbe, in realtà, che Costanza abbia dimorato per brevissimo tempo in Sicilia, poiché il Papa, agendo da mediatore tra Tancredi ed Enrico VI, avrebbe intimato Tancredi di consegnargli Costanza. Il Conte di Lecce accetta ben volentieri, fiducioso di uno sviluppo positivo degli eventi, e consegna Costanza ad alcuni cardinali con i quali si avvia verso Roma. Durante il viaggio, tuttavia la sua scorta viene intercettata dagli svevi, e l’Imperatrice, finalmente libera fa ritorno di nuovo in Germania.

Petrus von Eboli – Scan aus Buch Bernd Schneidmüller (Hrsg.), Verwandlungen des Stauferreichs. Drei Innovationsregionen im mittelalterlichen Europa dominio pubblico

Morto, improvvisamente Tancredi nel 1194, gli succede il figlio minore Guglielmo III di appena 9 anni. Approfittando di tale periodo favorevole, Enrico VI fa ritorno in Italia, vendicandosi anche dell’offesa arrecata alla moglie Costanza a Salerno. Giunto nella città campana, grazie anche alla presenza dei suoi alleati pisani e genovesi, Enrico attua un vero e proprio sterminio devastando la città. Nel Natale del 1194 entra a Palermo e si fa incoronare Re di Sicilia. Due anni dopo Enrico VI e Costanza d’Altavilla (nonostante l’età di 40 anni) hanno un figlio: Federico II di Svevia. Il carme di Pietro da Eboli viene realizzato sulla falsariga dei famosi rotoli liturgici dell’Exultet in cui le immagini descrivono e accompagnano il rito legato alla Pasqua. Anche nel “Liber ad honorem Augusti” l’autore affianca una parte descrittiva a una figurativa che aiuta il lettore, in questo caso, a meglio comprendere e vedere anche i luoghi delle sue narrazioni nonché i personaggi oggetto del suo poema.

Castello Arechi (Salerno) di Bernard Gagnon è distribuito con licenza CC BY 4.0
L’atrio e la facciata interno del Duomo con il campanile CC BY 2.0

La conoscenza della città di Salerno da parte di Pietro da Eboli, rende le miniature ancora più interessanti dato che ben si evidenziano alcune strutture medioevali che possiamo ancora oggi ammirare: la Cattedrale, il colle Bonadies con la Turris Maior del Castello, le mura merlate che scendono dal Castello stesso (lungo i due crinali del Colle) e Castel Terracena.

upload.wikimedia.org wikipedia commons 7 70 Kostancie Salerno di pubblico dominio la rivolta filo-normanna salernitana
upload.wikimedia.org wikipedia commons f f3 Kostancie Salerno di pubblico dominio prigionia di Costanza rivolta salernitana filo-normanna
httpswww.e-codices.unifr.chenbbb0120-2119r0 (Liber ad honorem Augusti, Pietro da Eboli) Porto di Salerno Costanza diretta in Sicilia.

In più di una pergamena è ritratta la figura di Costanza d’Altavilla mentre tenta, senza risultato, di placare l’insurrezione dei salernitani fedeli ai normanni. Interessante, inoltre, è la rappresentazione, molto schematica, dell’antico porto di Salerno, dal quale Costanza, fuggiasca, parte alla volta della Sicilia con una galera (o galea), caratteristica imbarcazione biremi medioevale, insieme a un cospicuo numero di galeotti pronti a salpare. L’ultima pergamena che rappresenta Salerno è quella dell’assalto di Enrico VI di Svevia (divenuto nel frattempo Imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia).

httpwww.renfroana.150m.32r.jpg (Liber ad honorem Augusti, Pietro da Eboli) Enrico VI devasta Salerno di pubblico dominio.

L’imperatore è ritratto a cavallo in basso a destra accompagnato da alcune milizie, mentre l’esercito svevo scavalca le mura urbiche (sembrerebbe dal lato orientale) per invadere e distruggere la città. Le merlature (elementi tipici dell’architettura militare medioevale) presenti in tutte le strutture compreso le mura sono di tipo guelfo, con sommità squadrata.

httpswww.e-codices.unifr.chenbbb0120-2118r0 (Liber ad honorem Augusti, Pietro da Eboli) Costanza rinchiusa in Castel Terracena
PalazzoFruscione di pubblico dominio
Polifore_palazzo_fruscione da Wikipedia di pubblico dominio

Tutti gli elementi architettonici mancano di intonacature presentando, sulle facciate, grossi mattoni in particolare il Castello che risulta, almeno all’occhio di Pietro da Eboli, a doppia fascia cromatica orizzontale. Su una pergamena, inoltre, si può notare, oltre alla presenza di finestre monofore e archi a tutto sesto, anche la raffigurazione di una teoria di arcatelle a sesto acuto intrecciate tra loro poggianti su colonne tortili con capitelli corinzi, una tipologia che sembra anticipare di almeno un secolo le realizzazioni architettoniche presenti a Salerno (come ad esempio Palazzo Fruscione, angolo vicoli Adelperga e dei Barbuti, su cui si ammira, al terzo livello una elegante serie di polifore costituite da archi acuti sorretti da colonne) ma anche in Costiera Amalfitana.

Abbigliamento di un cavaliere di fine XII secolo httpwww.renfroana.150m.comhistoryliberadhonoremaugusti132r.jpg di pubblico dominio

Tra le armi utilizzate, oltre alle spade, si evidenzia l’utilizzo delle frombole o funde, ovvero delle fionde (costituite da una sorta di sacco contenente, in genere, pietre e da due lacci) che venivano fatte roteare sprigionando una elevata forza centrifuga tale da creare, una volta lasciato il laccio, un vero e proprio proiettile in aria. Si nota, inoltre, molto frequente l’uso di archi e frecce, di elmi a cono di tipo normanno (ma utilizzati anche da altri popoli) con la particolarità del nasello come una ulteriore protezione al viso. I cavalieri sono ulteriormente protetti dagli scudi di tipo a mandorla con parte appuntita verso il basso, elemento di difesa tipico normanno, di grandi dimensioni ma allo stesso tempo più leggero degli altri coevi. Si nota, infine, l’uso dell’usbergo che consiste in una sorta di lunga cappa di maglia fatta di anelli di ferro, per proteggersi dalle armi da taglio.

Dante con Beatrice incontra Piccarda e Costanza nel III Canto del Paradiso di pubblico dominio

Una curiosità su Costanza d’Altavilla: l’Imperatrice è presente anche nel I Cielo della Luna (Paradiso, 109-120 Divina Commedia) tra gli Spiriti difettivi. Costanza viene indicata a Dante da un’altra donna, Piccarda Donati (monaca dell’ordine delle Clarisse, rapita dal fratello, Corso Donati, affinché si sposasse con Rossellino Della Tosa, al quale non fu mai unita poiché nel frattempo morì di lebbra). Costanza compare al poeta indossando vesti monacali, conformemente alla leggenda che vedrebbe la donna inizialmente destinata alla vita religiosa per poi essere costretta a sposare l’Imperatore Enrico VI dalla cui unione nacque Federico II di Svevia; ma quella del monachesimo è, ovviamente, un’invenzione fantasiosa animata dalle leggende popolati.

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.