Quale Totò potrebbe interpretare oggi questi truffatori?

di Giuseppe Moesch*

Nel 1961 il regista Camillo Mastrocinque diresse uno dei film più riusciti sulla dabbenaggine di figure da italiano medio, prese di mira da due piccoli truffatori, interpretati da Totò e Nino Taranto dal titolo “Totò truffa 62”.

Totò e Nino Taranto.
Foto di pubblico dominio

Ancora oggi al solo pensare ai vari episodi di quella pellicola, sono indotto al sorriso motivato dalla splendida descrizione dell’ignavia, della furbizia, credulità,  timore,  sudditanza nei confronti dell’autorità prevaricatrice, retaggio forse del regime fascista d’anteguerra.

Dall’istallazione del Vespasiano davanti al ristorante, alla vendita della Fontana di Trevi o alla eredità comunicata dall’ambasciatore del Catonga, abbiamo assistito alla messa in scena delle debolezze e alle miserie di una società che cercava di arrangiarsi per scrollarsi di dosso i soprusi o approfittare furbescamente di situazioni paradossali che vengono loro proposte.

Dopo oltre sessant’anni credevo che difficilmente avremmo potuto vedere riproposte quelle scene; non che non si assista oggi a truffe di ogni tipo, da quelle nei confronti di anziani derubati dei loro averi per riscattare un nipote dall’arresto o per arricchirsi in pochissimi giorni, speculando su fantomatiche monete virtuali, ma non avremmo mai potuto credere, se non il primo d’aprile, ad un titolo a pagina 17 del giornale considerato il più autorevole quotidiano italiano.

Il Corriere della Sera ci informa infatti che il Ministro Crosetto ha denunciato ai Carabinieri che alcuni imprenditori, non tutti direttamente conosciuti dallo stesso Ministro, sarebbero stati contattati da soggetti spacciatisi come generali facenti parte dello staff dello stesso Ministro, per chiedere un contributo segreto da versare su un conto di Hong Kong per contribuire a racimolare il riscatto per la liberazione di alcuni giornalisti rapiti.

Bene ha fatto il Ministro ad attivare le Forze dell’Ordine, ed ancora meglio, per aver allertato attraverso la stampa l’esistenza di tale minaccia affinché nessun altro possa cascare nella trappola.
Quello che però appare necessario evidenziare è, da un lato la fantasia dei truffatori che sono andati al di là della fantasia di Castellano e Pipolo, ideatori e sceneggiatori di quel film con Totò e Nino Taranto, e dall’altra, le misere figure degli imprenditori truffati.

Sono questi ultimi lo specchio di una società ammalorata, rimasta ancorata a schemi mentali che credevamo superati e che denotano la qualità della nostra struttura produttiva.

Orgogliosi di essere stati contattati da un Ministro di peso, ovviamente in senso metafisico, hanno pateticamente valutato la centralità di se stessi nella vita politica, economica e sociale del Paese; hanno raccontato a mogli, figli, amici, sodali, chiedendo ovviamente il massimo riserbo, di questo loro sacrificio, sperando di nuovo, ovviamente, che la cosa poi si sarebbe saputa negli ambienti che contano, accreditando il nuovo eroe come moderno salvatore della patria, a cui sarebbero stati riconosciuti in futuro onori e meritate ricompense.

Spesso si è parlato di Italietta, con u termine che mi ha sempre colpito nell’orgoglio e nella valutazione del vivere quotidiano di tante donne ed uomini che hanno fatto grande questo nostro Paese, peraltro svilito dai comportamenti di mestatori che si sono dati alla Politica per la sola speranza di arricchimento personale e di figli e nipoti, tradendo gli ideali di chi per quei valori ha sacrificato la propria esistenza, o che comunque hanno dato esempi di vita.

Leggendo la notizia sono rimasto assorto a pensare quale fosse il sentimento che essa mi ispirava ed ho concluso che non essendo stata commentata sui social allora non esisteva.

 

  • già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno

 

Fotografia di copertina di pubblico dominio

Giuseppe Moesch Giuseppe Moesch

Giuseppe Moesch