L’età dei muri
di Pierre De Filippo-
“Se alzi un muro pensa a cosa lasci fuori” scrive Italo Calvino ne Il barone rampante ed è forse la riflessione più acuta e razionale. Se ciascuno pensasse a ciò di cui si priva – in termini di miscellanea, contaminazioni, apertura mentale – probabilmente vivrebbe il concetto di muro, e quello speculare e opposto di ponte, in maniera diversa.
Nel 2019, lo storico torinese Carlo Greppi ha scritto un bel libro dall’emblematico titolo: L’età dei muri. Breve storia del nostro tempo”.
È, come spesso accade, il sottotitolo ad essere più pregnante del titolo stesso. È davvero così? La storia del nostro tempo è quella della chiusura, della paura, dell’intolleranza? Dei muri e non dei ponti?
Vale sempre la pena ricordare quello che scriveva Stefan Zweig, grande scrittore austriaco: “Mi diverte sempre lo stupore dei giovani quando racconto loro di essere stato, prima del 1914, a girare l’India e l’America senza possedere un passaporto e senza averlo nemmeno mai visto”.
Sapete come si chiamava l’opera in cui è contenuto questo passaggio?
Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo.
È quello che stiamo vivendo: il nostro tempo – quello descritto da Greppi – contrapposto al mondo di ieri di Zweig. Con una tragica e cinica considerazione: il mondo di oggi sembra terribilmente assomigliare a quello dell’altro ieri, in una sorta di “gamberesca” involuzione.
Le paure di oggi sono le paure di ieri, quelle che generano i mostri del razzismo, della xenofobia e la volontà, irrinunciabile, di chiudersi e di proteggersi a riccio nei confronti di qualsiasi avversità.
Vera o presunta che sia.
Quattro appuntamenti per descrivere i muri della storia, quelli fatti di calce e cemento, quelli caduti e quelli che ancora resistono, e quelli presenti solo nella nostra mente, frutto di un pensiero bigotto e reazionario.
Quattro appuntamenti per ribadire, ancora una volta, che erigere un muro significa, e continuerà sempre a significare, privarsi di qualcosa, lasciarlo fuori dei nostri sensi, della nostra visione, dalla nostra mente.
Essenzialmente, essere più poveri.
