Politica e Magistratura: l’eterno scontro
di Michele Bartolo-
E’ di nuovo in corso in questi giorni, in queste ore, uno scontro tra la politica e la magistratura, tanto per cambiare. Ormai dai tempi di Tangentopoli in poi, passando per gli anni di Berlusconi, siamo abituati al dualismo ed al contrasto tra il potere esecutivo ed il potere giudiziario. Il tutto condito dalle ambizioni personali di alcuni magistrati che poi sono diventati politici oppure dall’idea, mai abbandonata, di un complotto dei poteri forti che, attraverso il contributo delle toghe, mirerebbe a scalzare il governo costituito, democraticamente eletto ma non gradito nelle alte sfere.
In questo momento, il contrasto si sta sviluppando attorno al tema, anch’esso di stretta attualità, dell’immigrazione clandestina e delle modalità con cui combatterla.
Conosciamo la politica del governo sul punto, almeno quella sempre sbandierata nei programmi elettorali: immigrazione zero, maniere forti contro irregolari e scafisti. Questa è la teoria.
La pratica ci racconta, invece, dell’impossibilità di attuare il famoso blocco navale che Fratelli d’Italia ha invocato durante l’intero decennio trascorso all’opposizione, della difficoltà di fermare i flussi irregolari via mare, della complessità di stringere accordi bilaterali con i paesi di provenienza, delle necessità di manodopera straniera reclamata a gran voce tanto dal nostro sistema produttivo quanto dai demografi dell’Inps. Problemi e contraddizioni, che hanno tutti i capi di Stato e di governo occidentali.
E’ di qualche giorno fa la notizia che il Tribunale di Roma ha di fatto bloccato il progetto dell’immigrazione scaturente dall’accordo bilaterale tra l’Italia e l’Albania, annullando il trasferimento di dodici persone nei centri allestiti nel Paese fuori dall’UE.
Infatti, i due Paesi di origine dei primi migranti trasferiti in Albania, Bangladesh ed Egitto, pur facendo parte dell’elenco dei Paesi ‘sicuri’ secondo il governo, non sono ritenuti tali in base alla sentenza della Corte di Giustizia europea del 4 ottobre, secondo cui un Paese può essere considerato sicuro solo se lo è in ogni parte del suo territorio, senza eccezioni.
Da quando, quindi, i migranti dall’Albania sono stati rispediti in Italia, perché il giudice di Roma non ha convalidato per loro il trattenimento, rifacendosi alla sentenza europea, si è aperto un nuovo braccio di ferro tra governo e magistrati.
In attesa del nuovo decreto legge che dovrebbe essere varato dal Consiglio dei Ministri, con cui si cercherà di aggirare le norme dell’Ue, la tensione continua a salire, e tutto ruota attorno al principio della separazione dei poteri.
A ben guardare, tuttavia, come in passato è accaduto a Silvio Berlusconi, la magistratura ha fatto un gran favore a Giorgia Meloni, al suo governo e ai partiti che lo sostengono. È infatti chiaro che, anche se arrivassero a funzionare a pieno ritmo, i centro di accoglienza albanesi non risolverebbero il problema. Mentre è tutto da dimostrare l’effetto spauracchio che la prospettiva di finire confinati in Albania eserciterebbe sulla decine di migliaia di migranti pronti a prendere in largo verso l’Italia dalle coste africane.
Fossimo nella Presidente del Consiglio, ci augureremmo pertanto che il braccio di ferro con la Corte di Giustizia europea e, di conseguenza, con l’ordine giudiziario italiano si concluda con la vittoria della controparte. Potrà sempre dire che lei la strada per risolvere una volta per tutte il problema dell’immigrazione irregolare l’aveva trovata, ma che a sbarragliela sono state le sinistre e i magistrati.
E per confezionare una vittoria elettorale alle prossime elezioni e forse anche a quelle successive, c’è da aggiungere una ciliegina sulla torta, confezionata da un altro magistrato. Mi riferisco alla email del sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello, esponente di Magistratura Democratica, pubblicata dal Tempo, con il titolo “Meloni oggi è un pericolo più forte di Berlusconi. Dobbiamo porre rimedio“. “Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte, e anche molto più pericolosa la sua azione (…)”.
E’ fin troppo facile raccontare quali siano state le reazioni a questa email e come sia diventato gioco facile accreditare la identificazione tra una parte della magistratura e l’eversion, oltre che l’idea di un complotto dei poteri forti con l’ausilio delle toghe.
“Il tentativo di sabotare un governo legittimato dal voto popolare è un grave attacco alla democrazia. Basta intromissioni del potere giudiziario in quello esecutivo“, ha dichiarato in una nota, la deputata di Fratelli d’Italia Imma Vietri e, come lei, tanti altri esponenti del suo partito e del governo. Ora come allora l’esposizione mediatica di alcuni magistrati e le logiche correntizie all’interno del potere giudiziario aumentano la diffidenza verso la imparzialità delle toghe e favoriscono una parte politica, a prescindere dalla bontà dei contenuti del suo operato.
Commander, U.S. Naval Forces Europe-Africa/U.S. 6th Fleet.Public domain
