Giacomo Matteotti, 30 Maggio 1924: la potenza di un discorso pronunciato alla Camera
di Claudia Izzo-
«[…] Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. […] L’elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. […] Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà… […] Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse»
Era il 30 maggio 1924 quando Giacomo Matteotti, politico, giornalista, antifascista e segretario del Partito Socialista Unitario, prese parola alla Camera dei Deputati per contestare le elezioni politiche del 6 Aprile 1924 denunciando le violenze e le illegalità commesse dai fascisti per ottenere la vittoria. Matteotti propose di far invalidare l’elezione proprio per un gruppo di elettori illegittimamente eletti ma vi furono 285 voti contrari, 57 favorevoli e 42 astenuti.
Pronunciato il suo discorso, Matteotti, rivolgendosi a Giovanni Cosattini seduto accanto a lui e ai suoi compagni di partito: “Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me.”
Il giorno dopo su Il Popolo d’Italia fu pubblicato un articolo non firmato, di cui si sa che l’articolo Mussolini, in cui Matteotti era indicato come principale oppositore e che la maggioranza era stata troppo paziente e che la «mostruosa provocazione» di Matteotti meritava qualcosa di più concreto di una risposta verbale.
Il 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti fu aggredito ma riuscì a divincolarsi, poi, colpito al volto con un pugno, fu rapito in una Lancia Kappa. All’interno della vettura scoppiò una rissa e Matteotti riuscì a gettare fuori il suo tesserino da parlamentare. Colpito con un coltello, Matteotti morì dopo un’agonia di diverse ore e fu seppellito in un bosco a 25 km da Roma.
Il 27 giugno 1924 i parlamentari dell’opposizione, dopo essersi riuniti in una sala di Montecitorio, oggi nota come “Sala dell’Aventino”, decisero di abbandonare i lavori parlamentari finché il governo non avesse chiarito la propria posizione a proposito dell’omicidio Matteotti. Il giorno dopo Filippo Turati commemorò Matteotti alla Camera: iniziò così quella che fu definita la secessione dell’Aventino, si cercò di ottenere la caduta del governo e poter andare a nuove elezioni.Il cadavere fu rinvenuto la mattina del 16 agosto.
«Chiedo che nessuna rappresentanza della Milizia fascista sia di scorta al treno: nessun milite fascista di qualunque grado o carica comparisca, nemmeno sotto forma di funzionario di servizio. Chiedo che nessuna camicia nera si mostri davanti al feretro e ai miei occhi durante tutto il viaggio, né a Fratta Polesine, fino a tanto che la salma sarà sepolta. Voglio viaggiare come semplice cittadina, che compie il suo dovere per poter esigere i suoi diritti; indi, nessuna vettura-salon, nessun scompartimento riservato, nessuna agevolazione o privilegio; ma nessuna disposizione per modificare il percorso del treno quale risulta dall’orario di dominio pubblico. Se ragioni di ordine pubblico impongono un servizio d’ordine, sia esso affidato solamente a soldati d’Italia.» Queste le parole della moglie Velia Matteotti.
Immagine di Pubblico Dominio.
