Oltre la vita: Bill Viola.

di Maria Beatrice Russo-

Tutta l’arte è contemporanea. È senza tempo, universale, eterna.
Questa frase ha accompagnato i visitatori della mostra Bill Viola. Rinascimento Elettronico, allestita a Palazzo Strozzi nel 2017.

Oggi, alla scomparsa del pioniere  statunitense, fra i più apprezzati esponenti  della videoarte, tale affermazione acquista nuovi significati: dal 12 luglio le sue opere gli permetteranno di sopravvivere alla morte, di diventare, così, eterno. D’altronde Viola non ha mai ritenuto la morte la fine di qualcosa, anzi ha sottolineato come la bellezza sia in grado di travalicarla.

Il rapporto tra Viola e la morte è sempre stato vivo, vivo perché presente nelle sue rappresentazioni allegoriche di cicli vitali. Un esempio della crasi di questi elementi è The Passing, frutto di vicende personali e familiari, un’intima meditazione sulla nascita e la morte.

Le esperienze umane universali – nascita, morte, sviluppo della coscienza – sono l’hummus delle sue opere e hanno radici sia nell’arte orientale che in quella occidentale; forte è la componente spirituale data dall’intersecarsi con il misticismo cristiano, il sufismo islamico e il buddismo Zen.

Guida costante per l’artista sono i grandi nomi della storia dell’arte con una particolare predilezione per i maestri del Rinascimento. Viola, dunque, utilizza la videoarte per esplorare i fenomeni della percezione sensoriale come via per raggiungere la conoscenza di sé. Grazie all’utilizzo di un linguaggio interiore, al mescolare i pensieri soggettivi e le memorie collettive, le sue opere arrivano al grande pubblico permettendo a ognuno di sperimentarle nel proprio modo personale.

Costante è stato il rapporto dell’artista con l’Italia, patria seconda e madrepatria allo stesso tempo. Italo-americano nasce nel Queens ma manterrà per tutta la vita un legame privilegiato con l’Italia.

Dal 1974 al 1976 è stato direttore tecnico di produzione dello studio di videoarte Art/Tapes/22 a Firenze, fondato dalla gallerista Maria Gloria Bicocchi, dove ha collaborato con artisti europei e americani come Giulio Paolini, Mario Merz, Jannis Kounellis, Joan Jonas e Vito Acconci. Nel 1975 viene presentata la video installazione sonora Il Vapore nel ciclo Per Conoscenza, che si tiene al collettivo di artisti Zona di Firenze.

Uno schermo, sopra una pedana e costretto in uno spazio angusto, trasmette il video in bianco e nero di una performance precedente di Viola, in cui riempie una pentola versando l’acqua dalla sua bocca. Lo spazio è invaso dai soffi di vapore contemporaneamente al suono dell’acqua versata. Anche l’acqua è uno dei temi ricorrenti nell’opera dell’artista italo-americano, un’esperienza in particolare l’ha segnato in merito: a sei anni rischia la morte per annegamento in un lago, fortunatamente lo zio riesce a salvarlo.

Tornando all’opera il segnale video del monitor è mixato con le immagini degli spettatori ripresi in diretta da una videocamera, il pubblico diventa così parte integrante della video installazione.

L’Italia accoglie e onora Viola in numerose occasioni, una di queste lo vede presente alla Biennale d’Arte di Venezia con il Padiglione degli Stati Uniti d’America nel 1995, dove espone il ciclo di opere Buried Secrets. Una delle opere è The Veiling (insieme a Hall of whispers, Interval, Presence, The greeting) costruita su un sistema di nove telai trasparenti che hanno la doppia funzione di elementi scultorei e di catturare la luce da molteplici direzioni. Protagonisti della video opera sono un uomo e una donna che camminano lentamente l’uno verso l’altra e si incontrano al centro per poi allontanarsi. La scena si ripete ininterrottamente grazie all’uso del rallentatore.

Ritorna poi alla Biennale in diverse successive occasioni. Nel 2001 partecipa con la videoinstallazione Surrender. In Surrender un uomo e una donna appaiono a mezzo busto, la figura femminile è capovolta ponendosi a specchio rispetto a quella maschile. Si cercano ma non riescono a incontrarsi fino a dissolversi. Nel 2007 espone Ocean Without a Shore una video installazione composta da tre video proiettati sugli altari della chiesa di San Gallo a Venezia incorporando, dunque, nella sua opera l’architettura interna della chiesa. L’opera, ancora una volta, si rifà al tema della morte e in particolare della presenza dei morti nelle esistenze dei vivi, del modo in cui tentano di rientrare nel mondo dei viventi.

Sempre nel 2001 nella pieve di San Michele a Carmignano la videoinstallazione The Greeting è stata in mostra in diretto confronto con il dipinto che l’ha ispirata, la Visitazione di Pontormo. Centrale nell’opera di Viola è l’abbraccio per strada tra due donne alla conclusione di una conversazione, quel momento di affetto ricorda il gesto compiuto da Maria ed Elisabetta nella Visitazione.

Viola utilizza la tecnica dello slow motion per richiamare l’idea di “fissità” che viene suggerita dalla tavola del Pontormo. The Greeting è la prima opera in cui il videoartista reinterpreta, attraverso il video su schermo al plasma, opere ispirate a grandi capolavori dell’arte moderna, in particolare del Rinascimento italiano. Forte è il richiamo con i maestri del passato come, appunto, Pontormo e ancora Leonardo, Rembrandt, Michelangelo, Mantegna, Dürer, Paolo Uccello, Ghirlandaio.

Le sue opere viaggiano per tutto il Belpaese, a Roma tra il 2008 e il 2009 sono a Palazzo delle Esposizioni, a Firenze tra il 2011 e il 2012 al Museo Gucci. Nel 2017 Viola torna a Firenze, la città che tanto l’ha formato come videoartista, nella già citata mostra a Palazzo Strozzi a cura di Arturo Galansino e Kira Perov. L’esibizione celebra la privilegiata relazione tra Viola e Firenze coprendo quarant’anni di carriera dell’artista, si concentra, inoltre, su come egli si rapporti al passato innervandolo e rimediandolo attraverso tecniche video.
In tempi più recenti (2021-22) a Palermo ha esposto al Palazzo dei Normanni in Purification, nel 2022 viaggiano a Roma a Palazzo Bonaparte e, appena lo scorso anno, a Milano a Palazzo Reale.

Altra anima di Bill Viola è la musica, da sempre parte preponderante della sua vita personale e artistica: dalla collaborazione con David Tudor ai video realizzati per accompagnare composizioni musicali tra cui Déserts del compositore del XX secolo Edgard Varèse con l’Ensemble Modern.

Nel 2004 ha iniziato a collaborare con il regista Peter Sellars e il direttore d’orchestra Esa-Pekka Salonen per creare una nuova produzione dell’opera di Richard Wagner, Tristan und Isolde, che è stata presentata in prima mondiale all’Opéra National de Paris, Bastille, nell’aprile 2005.

La sua scomparsa rappresenta sì la fine di un’era, ma quest’era segnerà per sempre la sua cifra indelebile.
Grazie Bill Viola

 

 

 

Jean-Baptiste LABRUNE a.k.a. jeanbaptisteparis. Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0

Maria Beatrice Russo

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