19 luglio 1992, la strage di via D’Amelio
Alla stessa di ora di allora, pubblichiamo questo articolo. Ore 16.58.
Alle 16.58 del 19 Luglio 1992, dopo 57 giorni dalla strage di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, una FIAT 126 rubata, contenente 90 chilogrammi di potente Semtex, venne fatta esplodere grazie a dei telecomandi a distanza, in via Mariano D’Amelio, a Palermo.
Al civico 21 abitavano la madre e la sorella del giudice Paolo Borsellino che lì si era recato in visita in quell’afosa domenica. Fu questo l’attentato di stampo terroristico mafioso che uccise magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
«Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l’auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto”…disse poi l’agente sopravvissuto Antonio Vullo.
La decisione da parte di Cosa Nostra, di dare inizio agli attentati fu presa in seguito alla sentenza della Cassazione che confermava gli ergastoli del Maxiprocesso di Palermo (30 gennaio 1992): il 12 marzo venne assassinato Salvo Lima, il 23 maggio avvenne la sconvolgente strage di Capaci. Poi fu la volta di Borsellino.
Lo scenario descritto dal personale della locale Squadra Mobile giunto sul posto parlò di «decine di auto distrutte dalle fiamme, altre che continuano a bruciare, proiettili che a causa del calore esplodono da soli, gente che urla chiedendo aiuto, nonché alcuni corpi orrendamente dilaniati».
La risposta dello Stato ci fu e fu immediata: la notte del 19 luglio l’allora Ministro della Giustizia Claudio Martelli firmò l’applicazione d’urgenza del regime di carcere duro (art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario) nei confronti di circa trecento detenuti per reati di mafia, ‘ndrangheta e camorra, di cui dispose anche il trasferimento in blocco nei penitenziari dell’Asinara e di Pianosa per limitarne al minimo i contatti con l’esterno.
«Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi», queste le parole del giudice Antonino Caponnetto che aveva diretto l’ufficio di Falcone e Borsellino, pronunciate durante l’orazione funebre dei funerali privati che si tennero il 24 luglio nella chiesa di Santa Maria Luisa di Marillac, disadorna e periferica, dove il giudice era solito sentir messa, quando poteva, nelle domeniche di festa. La famiglia del giudice Borsellino rifiutò infatti il rito di Stato. Circa 10mila persone parteciparono ai funerali.
Otto sostituti procuratori della Procura di Palermo, in quegli stessi giorni, ed ex colleghi del magistrato ucciso, Roberto Scarpinato, Antonio Ingroia, Alfredo Morvillo, Teresa Principato, Ignazio De Francisci, Vittorio Teresi, Giovanni Ilarda e Nino Napoli, minacciarono le dimissioni di massa in segno di protesta contro il procuratore capo Pietro Giammanco, al quale veniva addebitata la responsabilità di avere progressivamente isolato Falcone e Borsellino. Tutto ciò fece si che il procuratore Gianmarco chiedesse il trasferimento che ottenne qualche mese dopo.
Nasceva intanto l’ “Operazione Vespri siciliani”, l’invio di circa 7000 militari in Sicilia per operazioni di sicurezza e controllo del territorio e di prevenzione di delitti di criminalità organizzata.
E’ nel gennaio 2016 che, in base a dichiarazioni di collaboratori di Giustizia, viene emessa un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Matteo Messina Denaro, capomandamento di Castelvetrano, latitante dal 1993, con l’accusa di essere uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio, catturato a Paermo il 17 gennaio 2023.
