“Europa, il tradimento del mito”: al Teatro Genovesi di Salerno Paolo Rumiz
- NotePoesia
Redazione
- Maggio 24, 2024
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Quelli come me non hanno
che parole da offrire.
Ma le parole non sono poco,
in questo sconfortante silenzio.
Paolo Rumiz
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Treni, profughi, convogli militari nel buio.
In una lunga insonnia accanto alla stufa accesa, sulla frontiera dell’Est, Paolo Rumiz sente la notte di malaugurio di un’Europa assediata da guerre e governata dai poteri selvaggi dell’economia. Riceve segnali allarmanti da Francia, Germania, Spagna, Grecia e Paesi Baltici e si chiede come resistere a tutto questo. Orwell è entrato anche a Bruxelles, i princìpi della Costituzione europea sono in macerie, le sbarre di confine ritornano. Intorno, guerra contro le vite umane che migrano, guerra di tutti contro tutti, disumanità e indifferenza.
Ma proprio quando “tutte le fisarmoniche della notte sembrano suonare assieme”, Rumiz scopre una miriade di punti luce dall’Atlantico alle terre dell’Est.
In Germania, ma anche altrove, sono scesi in piazza a milioni contro i sovranisti. Allora sente crescere in sé il demone dell’ironia e della lotta, e al tempo stesso la fiducia nella forza della parola di cui si sente custode. Poi il cielo si schiara, e le ombre fuggono negli anfratti del bosco.
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“Verranno di notte” completa la quadrilogia sull’Europa di Paolo Rumiz (Trieste, 1947). Figlio di una delle frontiere più inquiete della Terra del tramonto, ha già dedicato al tema “Trans Europa Express”, un viaggio sul confine orientale dell’Unione, “Il filo infinito”, centrato sui monasteri del patrono san Benedetto, e “Canto per Europa”, rilettura epica in chiave contemporanea del mito che ha dato nome al nostro continente. In gran parte per l’editore Feltrinelli, ha scritto trenta libri, perlopiù sull’esplorazione dei territori. Divoratore di mappe, Rumiz considera le scarpe importanti quanto il bloc-notes ai fini della narrazione. La sua passione, scrive il “New York Times”, è ascoltare le periferie senza voce. Ha lavorato come voce narrante con l’Orchestra sinfonica dei giovani europei (Esyo). È stato tradotto in America, Francia, Germania, Spagna, Polonia e Paesi dell’ex Jugoslavia
Paolo Rumiz (Trieste, 20 dicembre 1947) è un giornalista, scrittore e viaggiatore italiano.
Inviato speciale del Piccolo di Trieste, si candidò senza successo nel capoluogo giuliano per L’Ulivo alla Camera dei Deputati nel 1996. In seguito divenne editorialista di la Repubblica.
Dal 1986 si è occupato degli eventi dell’area balcanica e danubiana; negli anni Novanta, durante la dissoluzione della Jugoslavia, fu corrispondente in Croazia e Bosnia-Erzegovina.
Nel novembre 2001 fu inviato ad Islamabad, e successivamente a Kabul, per documentare l’attacco degli Stati Uniti d’America all’Afghanistan talebano. Molti dei suoi reportage narrano i viaggi compiuti, sia per lavoro che per diletto, attraverso l’Italia e l’Europa.
Nell’estate ’98 pedala in bicicletta da Trieste a Vienna, in compagnia del figlio Michele; in seguito pubblica il reportage Dove andiamo stando?, su Diario, nell’autunno 1998.
Nella primavera ’99 esplorò le regioni della costa adriatica italiana in automobile, da Gorizia al Salento, pubblicando poi il reportage Capolinea Bisanzio, su Repubblica; nell’inverno ’99 percorse in treno la tratta Trieste-Kiev (L’uomo davanti a me è un ruteno, pubblicato sul Piccolo nello stesso anno); nella primavera 2000 si imbarcò sul Danubio a Budapest per arrivare al confine tra Serbia e Romania (Ljubo è un battelliere, inserito in È oriente del 2003); nell’inverno 2000, ancora in treno, da Berlino a Istanbul (Chiamiamolo Oriente, pubblicato su Repubblica); nella primavera 2001 girò il Nord-Est in bicicletta, da Trieste al Gavia (Il frico e la jota, inserito in È oriente del 2003).
Da qualche anno fa un viaggio ogni estate, in agosto, raccontandolo di giorno in giorno, su Repubblica.
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