La gratitudine di Arminio
di Graziella Di Grezia-
“Io canto/ ovunque sia rimasta/ la gente che ancora somiglia/ ai propri luoghi”
Conosco Franco Arminio da “Vento forte tra Lacedonia e Candela” e non immaginavo che dopo tanti anni potesse pubblicare un libro dal forte connotato positivo.
“Canti della Gratitudine” (Bompiani, 2024) è un elogio al bello e al bene, un’ idea ampliata di vademecum di consigli per vivere bene e apprezzare il mondo che ci circonda.
Arminio in questo testo assume il ruolo di consigliere oltre che di poeta del quotidiano, del piccolo, del non visto.
Lui è e rimane colui che rivolge lo sguardo dove gli altri lo tolgono, colui che nello sconsolato mondo dei paesi disabitati, fa nascere il senso del ritorno al passato e a se stessi.
“Fioriscono nei giorni vuoti le più clamorose imprese”
L’ esortazione è quella al ringraziamento e all’ amor proprio “Ringrazia, vattene via quando serve, non portare rancore”, ma anche a seguire le proprie inclinazioni, anche contro parere “Punta sulla tua follia se ce l’hai”.
Il senso della gratitudine del poeta è rivolto “al minimo, al marginale”, come nel verso
“Dammi un sabato, insegnami a gioire”.
Se come diceva Sant’ Agostino, “chi canta prega due volte”, questo testo è una grande preghiera al bello, al sentire proprio ciò che non lo sembra “Al tuo paese ogni finestra è la tua finestra”.
Tra le imprese del quotidiano, non manca l’amore, che per Arminio è sempre Eros e Tanathos:
“La meta dell’ amore non è trovarsi, è nascondersi alla morte nelle braccia dell’ altro”.
Quando ho chiesto a Franco un’ intervista, mi ha risposto “Scrivila tu una bella recensione”.
Franco, ci ho provato.
