Tecnologia esasperata, a quale costo?
di Antonino Papa-
Globalizzazione, digital world, criptovalute, online banking, carta d’identità elettronica, e molto altro ancora, sono espressioni e realtà che indicano la rotta seguita dal Pianeta Terra da circa un ventennio a questa parte; esiste, però, un’anomalia ed è il dato di fatto che nessuno è in grado di stabilire quale sia la destinazione finale di questo megaprogetto di virtualizzazione planetaria.
L’esasperazione della tecnologia, che rammento è necessaria ad agevolare la vita degli umani e non stabilire la loro estinzione, viene spesso utilizzata come strumento pretestuoso per rivoluzionare il mondo del lavoro, della pubblica amministrazione, delle relazioni commerciali tra consumatori di beni e servizi ed aziende e di interazione tra individui.
Infatti, le risposte più gettonate (e precostituite come standard) a coloro che decidano di sollevare obiezioni circa l’abuso della tecnologia (unitamente al capitalismo ad ogni costo) sono del tipo “la tecnologia consente di risparmiare tempo e denaro”, o anche “un computer o robot può svolgere il lavoro di dieci persone impiegando molto meno tempo”; tutto corretto, ma nessuno pone l’accento su quali siano i costi di tutto ciò, sia in termini economici che umani.
Premettendo che la digitalizzazione ha dei costi iniziali elevati, quanti posti di lavoro si perdono? Per quale ordine di motivi un umano che interagisce con una banca, una società di telefonia mobile, ad esempio, deve esternare le sue necessità ad un algoritmo invece che ad un umano? Perché deve essere un computer a decidere se un onesto imprenditore in difficoltà può accedere ad un finanziamento o meno paragonandolo ad un truffatore attraverso il sistema delle black list?
Vi sarebbero milioni di altri interrogativi ai quali nessuno ha mai voluto rispondere, semplicemente perché… evidenziare il lato oscuro della luna non è conveniente per chi vuole che le masse conoscano soltanto ciò che la luce rende visibile e mai prendano coscienza che il sacrificio di molti è funzionale al profitto di pochi.
Veniamo quindi al punto nodale della questione, ovvero le famigerate lobbies alle quali svariati miliardi di individui devono sottostare ed i cosiddetti sistemi (senza né capo né coda) deputati a governare ogni singola vita, intimità inclusa.
Ciò introduce la ragione in virtù della quale i processi (in qualsiasi ambito e di qualsiasi entità) non vengono mai fermati: la disinformazione e la tendenza a restare ignoranti a patto di avere un misero pezzo di pane da mettere in tavola.
Lo stesso principio, legato esclusivamente al profitto ed al mantenimento del capitalismo, lo si sta applicando in ambito di tutela dell’ambiente, altro pretesto per mettere al bando i motori termici a vantaggio dei propulsori elettrici il cui processo produttivo e di smaltimento inquina molto di più rispetto alla linea termica.
Tornando al tema trattato, la tecnologia ad ogni costo non è immune da complicazioni e, assodato che la funzione primaria sia quella di agevolare la vita degli individui facendo risparmiar loro tempo e denaro, sarebbe auspicabile che se ne diffonda l’uso non affogando gli utenti in un mare di passwords, codici, codici di recupero, riconfigurazione ogni volta che si cambia smartphone e così di seguito.
Oltretutto, aspetto non di importanza secondaria, l’adozione di strumenti tecnologici dovrebbe adattarsi alla demografia al fine di non creare eccessiva disoccupazione; in parole povere, rallentare al fine di mantenere il tasso di disoccupazione su livelli accettabili finché la necessità (e non solo il profitto) non spinga ad automatizzare i processi per carenza di forza lavoro, tenendo anche in debita considerazione che nei paesi industrializzati la natalità sta diminuendo.
Inoltre, le aree del pianeta dell’emisfero meridionale, eccezion fatta per l’Australia, sono notevolmente indietro sul piano industriale rispetto ai paesi situati nei continenti dell’emisfero settentrionale; ciò avvalora la tesi che esiste una ingente quantità di potenziali lavoratori che potrebbero far fronte al decremento di natalità ed evitare l’uso a prescindere della tecnologia al posto degli umani.
Questa tesi non implica l’assenza totale delle automazioni ma una nuova mappatura delle necessità reali al netto del rapporto popolazione/occupati ed occupati/pensionati.
Giungendo alle conclusioni, la globalizzazione prima ed i processi di digitalizzazione ed automazione moderni hanno declassato il genere umano ed i valori intrinsechi in esso contenuti; son venute meno le sane relazioni umane a vantaggio dei social ed app di messaggistica.
Infatti, oggi ci si fidanza su Facebook ci si lascia tramite WhatsApp, si sceglie un’auto senza neanche toccarla o vederla dal vivo, si chiedono finanziamenti sperando che l’algoritmo non respinga la pratica per un piccolo ritardo in trent’anni di pagamenti puntuali, si mette la propria vita personale in piazza nonostante la privacy e non si è padroni del proprio denaro con le nostre carte di credito e bancomat subordinate alle volontà dei citati algoritmi o agli umori dei risk controllers.
Se, infine, si pensa alla Babele di codici, user-id, password e codici di recupero che bisogna custodire, per ogni servizio che si utilizza, è superfluo affermare che questa è la strada giusta per la schiavitù dell’era moderna.
