Il tempismo e il merito

di Pierre Di Filippo-

Tempismo e merito sono due tra i più importanti elementi che compongono due categorie essenziali per la vita di tutti i giorni: la libertà di pensiero e la libertà di parola. Tra l’una e l’altra c’è una differenza sottilissima eppure enorme e che è alla base di ogni regola di convivenza.

La libertà di pensiero è assoluta, quella di parola no. E non lo è per motivi di opportunità – o di opportunismo –, di buon senso, di assennatezza. Ci sono tante ragioni che impongono di ragionare prima di parlare. In questo caso – e sto chiaramente parlando della nuova e cruenta guerra tra Hamas e Israele – consiglio sommessamente di distinguere i due elementi sopracitati: il tempismo ed il merito.

Mi spiego: la “questione palestinese” va ormai avanti, tra pacificazioni effimere e rapidi irrigidimenti, da oltre un secolo, da quando cioè il giornalista austro-ungherese Theodor Herzl diede vita al sionismo. Che sia una guerra di logoramento sul lungo periodo non possiamo negarlo e, proprio per questo, dobbiamo distinguere tempismo e merito.

Il tempismo ci impone, oggi, di condannare senza se e senza ma la vile aggressione di Hamas nei confronti, è bene ricordarlo, di tanti, tantissimi civili. Casa per casa, a sgozzare bambini; al rave di Be’eri, luogo scelto scientemente per perpetrare i peggiori danni possibili. Quando non ci si batte tra pari, tra soldati, tra uomini armati e ci si accanisce sugli inermi, si è solo dei vigliacchi. E la vigliaccheria non si giustifica, più ancora della crudeltà.

Questo è successo all’alba di sabato 7 ottobre a Ashkelon, a Tel Aviv, a Sderot. Solidarietà ad Israele che sta vivendo, come in tanti sostengono, il suo 11 settembre.

E questo ce lo impone il tempismo non per una questione di opportunismo ma di giustizia.

Poi c’è il merito della questione. Ed il merito deve necessariamente ricomprendere le tante e ripetute e altrettanto discutibili azioni israeliane, le sue decennali politiche di potenza, il suo espansionismo illegittimo (lo dicono le risoluzioni dell’Onu, non qualche pacifista italiano), i suoi governi che, anziché ragionare di pace avendo il coltello dalla parte del manico hanno preferito ragionare di guerra, di provocazioni. Con arroganza.

La cosa più importante, e anche la più difficile da fare, è tenere distinti tempismo e merito, non volerli compensare in una valutazione unica. E questo non perché non sarebbe utile farlo ma semplicemente perché si finirebbe nel solito vortice del “sì, però…”.

Israele ha ragione. Sì, però…se l’è andata a cercare. Hamas fa bene a rivendicare i diritti dei palestinesi. Si, però…questa devastazione è inaccettabile.

Tempismo e merito hanno esattamente questa funzione: qui e ora, non si può che prendere le difese di Israele, sia che si faccia parte dell’ampia porzione di filoisraeliani, sia che si faccia parte della ancora più ampia fazione dei filopalestinesi.

Ora Israele ha una grande opportunità: quella di dimostrare che c’è una differenza abissale tra una moderna democrazia ed un gruppo di terroristi fanatici. Perché Hamas non è la Palestina; perché le rivendicazioni di Hamas non sono quelle della Palestina; perché non sempre “amor con amor si paga”. Bisogna interrompere questo circolo vizioso di tragedie e vendette, di delitti e castighi che potrebbero durare in eterno.

E, beninteso, sta ad Israele farlo. E a nessun altro.

La speranza? Che dopo aver toccato il fondo non si possa far altro che risalire. Che possano essere riprese delle parole d’ordine – quelle di “due popoli, due stati” – che oggi paiono lontanissime e superate dai fatti. Che in quello “sputo d’universo”, come cantava Vecchioni, qualcuno possa portare solo un po’ di tolleranza.

Pierre De Filippo Pierre De Filippo

Pierre De Filippo