1 Maggio, storia di una data

“La fissazione della giornata lavorativa  normale è il risultato di una lotta multisecolare tra capitalista e operaio” scriveva Marx ne Il Capitale.

A partire dalla metà del 1800 cominciarono a diffondersi per il mondo i sindacati e l’ idea rivoluzionaria di migliorare le condizioni degli operai i cui turni in quel periodo storico arrivavano a durare anche a 16 ore al giorno, mentre numerose erano le morti sul lavoro. Il consolidarsi delle società industriali moderne avvenne non senza le lotte della classe operaia che rivendicavano la riduzione della giornata lavorativa e condizioni più umane.

 Già dai primi decenni dell’800 ci furono i primi tentativi in Inghilterra e negli Stati Uniti di ridurre la giornata lavorativa a dieci ore. Conquiste che vennero cristallizzate in varie testi normativi tra cui l’ inglese Ten Hours Act. Nonostante l’esistenza di queste leggi gli imprenditori erano comunque riluttanti all’idea di ridurre la giornata lavorativa. Così, mentre si  incontravano ancora difficoltà ad affermare nella realtà la giornata di 10 ore i lavoratori iniziarono addirittura a rivendicare turni di otto ore.

Otto ore di lavoro, –otto di svago otto di riposo- è il motto  che verso la metà del 1800 comincia a diffondersi in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Australia, slogan che prese sempre più piede ovunque.

Nel 1866 con l’istituzione della National Labor Union nacque la prima forma embrionale di un sindacato nazionale con il compito di diffondere ufficialmente la rivendicazione delle otto ore e con l’obbiettivo dichiarato di liberare il lavoro dalla schiavitù del capitale.  Nello stesso periodo anche la prima Internazionale riunita a Ginevra si esprimeva allo stesso modo, prefiggendosi quale risultato principale la riduzione delle ore lavorative,  così che l’obbiettivo dei lavoratori americani diventò presto quello dei  lavoratori di tutto il mondo.

Nel 1866 a Chicago più di diecimila lavoratori sfilarono in quello che fu definito dalla stampa dell’epoca il corteo più grande che si fosse mai visto in città. Attraverso la protesta si voleva dimostrare che i lavoratori uniti  non erano disposti ad accettare l’ illegalità negli ambienti di lavoro in quanto sebbene le ore lavorative fossero state stabilite per legge, i datori di lavoro nella pratica si erano dimostrati riluttanti nel rispetto di tali norme. Nonostante le ottime intenzioni si può dire che il primo tentativo di contestazione non ebbe grande seguito ed ebbero la meglio le ragioni dei padroni.

Negli anni successivi seguì un indebolimento della classe operai e fu solo all’inizio del decennio successivo che la lotta riprese vigore con la nascita contestuale della FOTLU (Federation of Organized Trade and Labor  Union) che incitò tutti i lavoratori  a compattarsi per ottenere la giornata lavorativa di 8 ore fin dal primo maggio 1886, data in cui fu convocato il primo sciopero generale operaio in ogni grande città americana, per garantire una continuità con i fatti del 1867.

Fu così che sabato 1 maggio del 1886 scioperarono 12.000 fabbriche, oltre 400.000 persone smisero di lavorare, solo 80.000 sfilarono nella città di Chicago che divenne presto una città simbolo della lotta operaia.  A questa manifestazione presero parte sindacalisti, socialisti, anarchici. Gli scontri avvenuti nel corso di questa protesta ebbero grande risonanza e seguito anche nei giorni successivi  quando la polizia uccise alcuni scioperanti che in risposta lanciarono un ordigno che uccise un poliziotto. Seguirono la devastazione delle sedi sindacali, gli arresti degli anarchici ritenuti responsabili del lancio della bomba e le condanne a morte di otto di loro.

Quattro ne furono impiccati, uno venne trovato morto in cella, e per gli alti tre la pena fu commutata in amnistia. Solo negli anni successivi fu riconosciuta l’irregolarità del processo e l’innocenza dei condannati.

Fu nel corso della seconda Internazionale, tenutasi a Parigi il 20 luglio del 1889, che venne scelta e ufficializzata la data del primo maggio per una manifestazione che fosse simultanea  così che diventò una data simbolica per rappresentare la comunanza delle rivendicazioni operaie anche fuori dai confini francesi, senza barriere geografiche e sociali.

In Italia durante il ventennio fascista la ricorrenza fu spostata al 21 aprile e venne associata al Natale di Roma, e fu solo nel 1945, dopo la fine del conflitto mondiale,  che fu riportata al primo maggio.

A partire dal 1990  per celebrare tale giornata è tradizione che venga organizzato dai sindacati CGIL, CISL, UIL in collaborazione col comune di Roma un grande concerto il cui tema ogni anno esprime le criticità legate al mondo del lavoro.

È chiaro che ogni lotta ed ogni protesta vadano adattate all’ evolversi della società, di conseguenza questa  festa non è mai anacronistica perché le battaglie ancora da mettere in campo sono numerose.

Oggi pensiamo alle donne che percepiscono stipendi più bassi di quelli dei colleghi di sesso maschile, alla maternità che è ancora considerata motivo di licenziamento, pensiamo alle partite iva e alle vittime del caporalato.

Il Covid-19 non ha certamente aiutato una situazione già precaria. La crisi del lavoro è sempre più grave e le condizioni dei lavoratori sono sempre peggiori. È cresciuta la disoccupazione ed è in costante crescita lo sfruttamento dei lavoratori precari. Negli ultimi mesi sono aumentate anche le morti sul lavoro, un lavoro che scarseggia sempre di più. Pensiamo a coloro che pur avendo un lavoro sono al di sotto della soglia di povertà, i lavoratori poveri, a chi un lavoro non ce l’ ha, a chi si è dovuto adattare, a chi anche oggi sta lavorando.

La tendenza a considerare questa giornata una vera e propria occasione per un pic-nic o una gita fuori porta è piuttosto consolidata e forse sarebbe il caso di ricondurla alla sua dimensione d’origine: comprendere che il primo maggio si celebra la conquista di una serie di traguardi che furono ottenuti a costo di immensi sacrifici umani e con il sangue dei lavoratori, quindi una giornata nella quale ricordare chi ci ha preceduto  con un occhio rivolto al futuro e ai nuovi diritti da rivendicare,  perché le conquiste che ci attendono sono ancora tante .

Clelia Pistillo

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