Le prospettive del conflitto in Ucraina

di Giuseppe Esposito

Dopo 117 giorni di guerra in Ucraina ci tocca constatare con grande amarezza leggendo i giornali, ascoltando i vari talk show televisivi o ascoltando le dichiarazioni di un qualche improbabile ministro di questo governo, quanto il nostro paese sia completamente succube degli Stati Uniti. Siamo del resto una nazione in cui un dicastero delicato sia stato affidato, in un frangente assai difficile, ad un politico privo di esperienza, senza minimamente porsi domande sulla sua competenza e capacità di ricoprire quel ruolo.

Il motivo si può forse spiegare col fatto che noi non abbiamo una nostra politica estera, come ai tempi, ad esempio, del tanto detestato Andreotti o anche dell’altrettanto vituperato Craxi. Noi siamo completamente asserviti agli interessi americani. Molti sono quelli che giustificano la cosa con una sorta di gratitudine per il contributo dato, nella seconda guerra mondiale, a sconfiggere il nazifascismo. Dimenticano però un fatto importante e cioè che l’America di allora non aveva ancora una politica così marcatamente imperialista come quella di oggi. Invece tutta la nostra stampa e quelli che consideriamo impropriamente dei politici sono fermamente schierati in difesa del verbo atlantico.

La NATO dovrebbe essere un’alleanza difensiva ed in seno ad un’alleanza i contraenti dovrebbero avere tutti il diritto di esprimere la loro opinione. Invece in seno alla NATO, a tutti gli alleati degli USA tocca invece solo tacere ed ubbidire. Appena si tenta di analizzare i fatti da un proprio punto di vista si viene considerati come dei nemici e dei pericolosi sovversivi. Il verbo non si mette in dubbio.

Così accade anche in Italia in cui chiunque cerchi di applicare il proprio senso critico al grave conflitto scatenato in Ucraina viene immediatamente assalito dai guardiani dell’ortodossia atlantica ed isolato, tacciato come filoputiniano se non addirittura al soldo del Cremlino.

Mi chiedo dove sia finita la democrazia, in nome della quale tutti affermano di combattere contro la dittatura vigente in Russia. Siamo, cioè, imbarcati in una crociata per difendere la democrazia e non è concesso dubitarne. Credo che un simile livello di intolleranza, contro la libertà di espressione, nel nostro paese, non sia mai stato raggiunto prima. Credo che sia davvero una cosa che dovrebbe destare la più profonda preoccupazione negli stessi paladini della democrazia, quali tutti si spacciano in questa vicenda.

Siamo invece costretti a marciare compatti alla ricerca della improbabile vittoria dell’Ucraina.

Neppure la realtà che si può osservare sul terreno riesce ad aprire gli occhi di questi tetragoni difensori della verità rivelata da Sleepy Joe. Non vi è nessuno che dopo quattro mesi di guerra e dopo che l’Europa tutta sta subendo dei tremendi contraccolpi  si applichi ad immaginare una via d‘uscita da questa situazione assai pericolosa, che mette a repentaglio la sopravvivenza dell’intero pianeta.

Sembra, invece,  che l’Europa sia preda di un cupio dissolvi. L’interesse del continente e, per quanto ci riguarda, del nostro paese sembra sia divenuta cosa di secondaria importanza. Eppure basta fermarsi a ragionare per qualche attimo per vedere verso quale baratro ci stiamo incamminando. Con una pandemia in corso, una siccità senza precedenti, l’aumento del costo delle materie prime che rischiano di causare il fallimento di gran parte delle nostre aziende, si pensa di incrementare la spesa militare. Sarà dunque vero, come dicevano i latini, che Deus dementat quos perdere vult?

Le poche voci dissonanti che cercano di invitare al ragionamento sono ignorate ed ostracizzate. Nemmeno quelle autorevoli come quelle di Papa Francesco sono più ritenute degne di attenzione. Eppure il Papa nell’esprimersi a favore di una ricerca della pace ha anche invitato a considerare quelli che sono i motivi che hanno causato lo scoppio della guerra. Quando afferma che la NATO ha abbaiato alle porte della Russia afferma qualcosa che nessuno dei paladini di Washington vuole sentire. Eppure, per cercare una composizione diplomatica del conflitto, occorre tenere a mente quelle che sono le sue cause. Inoltre la storia della democrazia ucraina da difendere è un’altra fola priva di fondamento. Se la Russia è in mano ad una oligarchia, l’Ucraina non era da meno. In quel paese era in atto dal 2014 una guerra civile contro gli abitanti russofoni delle regioni orientali. Una guerra cha ha causato più di 14.000 vittime della cui sorte nessuno si è mai interessato.

Ma quella di papa Francesco non è l’unica voce ragionevole che si è espressa su questo conflitto sciagurato.  Infatti all’ultimo World Economic Forum Annual Meeting che si è tenuto, come di solito a Davos è stato invitato Henry Kissinger, il Segretario di Stato americano degli anni Settanta.

Dall’alto delle sue ben 98 primavere è uno tra i più esperti di relazioni internazionali si è pronunciato da quella tribuna sulla difficile situazione geopolitica, che è forse la più grave che si sia conosciuta negli ultimi quarant’anni.

Ancora una volta, come ai suoi tempi, Kissinger ha fatto ricorso al concetto di realpolitik, che durante gli anni della Guerra Fredda gli permise di ridurre significativamente le tensioni tra USA ed URSS e gli permise di instaurare rapporti dilomatici tra l’America e la Cina. Per la sua opera Kissinger fu insignito del Premio Nobel per la Pace. E aggiungerei che lo fu a rgion veduta e non come accaduto in seguito a Barak Obama che quel premio ricevette per il solo fatto di essere il primo uomo di colore a mettere piede nello studio ovale. In seguito si dimostrò un guerrafondaio, come la gran parte dei suoi predecessori ed anche di coloro che sono succeduti alla Casa Bianca.

Se il papa nel pronunciarsi contro a guerra ha riconosciuto la provocazione della NATO ed ha affermato che dividere i contendenti tra buoni e cattivi è assai difficile, Kissinger ha espresso anch’egli un giudizio assai articolato.

L’antico segretario di stato americano ha cominciato a considerare i rapporti odierni tra Cina e Stati Uniti, quei rapporti diplomatici che grazie a lui furono instaurati. La  Cina di oggi non è più, ha detto lo stesso paese di allora, oggi è “una centrale elettrica con importanti interessi economici e strategici” ed i suoi rapporti con l’America sono spesso conflittuali. Essi debbono essere temperati dalla pazienza e dalla diplomazia dei loro leader. Questi dovrebbero riconoscere la necessità di individuare e perseguire interessi comuni. Tuttavia avendo i cinesi acquisito competenze strategiche e tecniche piuttosto elevate occorra che gli americani abbiano con essi rapporti diplomatici sensibili ed informati, in modo da poter tendere unilateralmente ad una pace duratura.

Parole importanti che denotano il riconoscimento del ruolo attuale della Cina sullo scacchiere mondiale e, dunque, anche nella ricerca di una soluzione diplomatica alla crisi russo-ucraina.

In quel conflitto bisogna trovare il modo di porre dei liniti all’uso delle moderne tecnologie militari, per evitare che si precipiti l’umanità tutta nella catastrofe.

Quanto all’Ucraina, secondo Kissinger, avrebbe potuto rappresentare un ponte tra l’Europa e la Russia, mentre oggi, con la riformulazione dei rapporti internazionale si rischia di spingere la Russia verso un completo isolamento. Per uscire dal quale i russi cercheranno alleanze stabili ad oriente. In questi modo si verrebbe a ricreare lo stesso schema di guerra fredda che è stato in vigore dalla fine del secondo conflitto mondiale fino alla caduta del muro di Berlino, nel 1989.

Appare, allora, evidente la necessità di ricercare una pace a lungo termine a dispetto di coloro che invece lucrano sulla guerra e si arricchiscono sempre più col commercio delle armi, divenuto il principale tipo di business.

Dopo quattro mesi di guerra appare perciò assolutamente necessario applicarsi alla ricerca di una soluzione diplomatica alla guerra in corso.

I paesi europei dovrebbero considerare l’importanza della Russia per l’Europa, invece di farsi guidare dagli umori del momento. Cosa che sta invece avvenendo e che spinge a discutere solo di armi da inviare all’Ucraina.

Bisogna che USA ed UE si astengano dal ricercare una sconfitta della Russia in Ucraina, poiché questo spingerebbe il nostro continente verso una perenne condizione di instabilità. Invece quei governanti europei sembrano tutti presi dal sacro fuoco della guerra e non riescono o non vogliono comprendere che i nostri interessi non coincidono con quelli degli americani.

Il tempo per evitare il baratro stringe ed occorre che entro i prossimi due mesi si possano avviare delle trattative sulla fine del conflitto. Superato tale limite temporale, il proseguimento della guerra non sarebbe più considerata una difesa della libertà dell’Ucraina, ma una vera e propria guerra contro la Russia, con tutte le conseguenze del caso.

Nel suggerire le condizioni per l’avvio di colloqui di pace, Kissinger ha fatto ricorso alla sua realpolitik che tanti risultati gli permise di ottenere al tempo in cui era protagonista delle relazioni internazionali. In base a tale principio Kissinger afferma che gli ucraini dovrebbero prendere atto della necessità della cessione di porzioni di territorio alla Russia. Soluzione questa respinta da Zelenskij e dai suoi. Mentre sarebbe ragionevole ipotizzare di tornare allo status quo ante ossia alla condizione in cui la Russia controllava la Crimea e le regino di Luhansk e Donetsk.

Non bisogna dimenticare che a partire dal 2014 il governo ucraino ha condotto contro i russofoni di quelle regioni una spietata guerra civile che ha causto più di 14.000 morti.

L’Istituto Internazionale di Sociologia  di Kiev ha diffuso un sondaggio in cui l’82% degli ucraini respingono l’idea di cessioni territoriali alla Russia. Non ha però detto che nel campione degli intervistati erano completamente assenti abitanti della Crimea, di Sebastopoli e delle regioni del Luhansk e Donietsk.

Sembra quasi di essere precipitati in una condizione simile a quella che portò all0 scoppio della prima guerra mondiale in cui un casus apparentemente insignificante portò ad uno dei più grandi massacri della storia. Oggi infatti a causa di una questione interna che riguarda la politica di Kiev nei riguardi delle popolazioni di lingua russa delle sue regioni orientali, si rischi di causare una terza guerra mondiale, al cui confronto le due precedenti sembrerebbero nient’altro che piccole  scaramucce.

Quanto poi alla vulgata dominante che in Ucraina stiamo sostenendo una guerra indifesa della democrazia contro i regimi autoritari, va ricordato che se il governo della Russia è nelle meni di un gruppo di oligarchi, la situazione in Ucraina non era molto diversa. Insomma l’umanità sta rischiando di scomparire a causa di una questione interna di un paese come l’Ucraina, e su cui gli USA hanno soffiato per ragioni non del tutto chiare e lecite. Se non avessero avuto in Ucraino interessi inconfessabili, forse non si darebbero peritati di provocare Putin , abbaiando alla sua porta, come detto anche dal Papa.

Giuseppe Esposito