Storie di campioni: George Best, genio e sregolatezza

di Emanuele Petrarca-

A volte il genio è un dono irrazionale, impossibile da definire o spiegare anche dagli stessi uomini che hanno ricevuto il divino peso di essere qualcosa di superiore. A volte, il genio, è uomo consono alle rivoluzioni progressiste che permettono al mondo di trarre insegnamento, altre, invece, il genio sta nell’esuberanza, nell’impossibilità di emularlo e in tutto ciò che è totalmente anticonformista.

In questa seconda fascia nasceva il genio di un uomo che solo in punto di morte si pentì di ciò che fece in vita, ma che sul campo da calcio è ricordato ancora oggi come uno dei più grandi.

George Best è la stella più luminosa che l’Irlanda del Nord avesse mai potuto avere, inconsapevolmente quella Nazione aveva dato gli albori ad uno dei personaggi più controversi, sregolati e calcisticamente fantastici della storia del pallone.

Best, che già dal cognome lasciava forse presagire un qualcosa di unico e inarrivabile, ha rivoluzionato il modo di stare in campo e il concetto stesso di fantasista. Un talento sopraffino che in campo fa tutto ciò che voleva, quando voleva e, soprattutto, se lo voleva perché l’unico effetto collaterale di avere George in squadra era quello di stare alle regole indette da lui stesso che alla fine erano molto semplice, anzi, potremmo dire che era una sola: non avere regole.

Fuori dal campo era l’uomo dell’eccesso: belle donne, feste, alcool a dosi massicce e qualsiasi cosa potesse fare di lui un “bad boy”, poi, quando entrava sul terreno di gioco, tutta la sua voglia di rompere gli schemi si concentra sul calcio e sulla capacità di creare in una frazione di secondo minima, colpi che nessuno era in grado di prevedere o imitare.

Nel Manchester United ancora oggi lo ricorda come uno dei giocatori più forti che abbia mai indossato la maglia dei “Red Devils” ed è semplicemente indimenticabile quella stagione del 1968 in cui Best fa letteralmente quel che vuole mettendo a segno 28 reti e vincendo tutto, Coppa dei Campioni e Pallone d’Oro compresi.

Fu, ancor prima di Cristiano Ronaldo, l’uomo che valorizzò la maglia numero 7 e per anni fu la superstar incontrastata del mondo del calcio, poi il declino.

Troppo alcool, troppi problemi personali e una semplice frase detta sul punto di morte: “non morite come me”. Morì il 25 novembre 2005, lo stesso giorno in cui Diego Armando Maradona (nel 2020) ci lasciò, altro genio sregolato.

Eppure, rimane la grandissima eredità di uno dei fantasisti che ha anticipato maggiormente i tempi per classe e eleganza: “perché Maradona is good, Pelè is better, but George is Best”.

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Emanuale Petrarca

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