Storie di campioni: Alemao, anche il Brasile ha i suoi mediani
di Emanuele Petrarca-
Brasile: terra di Samba, leggerezza e “Futbol Bailado”. Ogni carioca che si rispetti ha nel suo DNA il gene del calcio, ma non quello pragmatico e tattico degno dei dogmi europei, ma quello bello, sinuoso, istintivo che assomiglia quasi a una danza.
Eppure, nella storia del calcio brasiliano, l’irrefrenabile voglia di rompere gli schemi a volte ha portato anche a sconfitte brucianti e in ogni squadra che si rispetti c’è bisogno non solo dei “poeti”, ma anche dei “prosatori” (citando Pier Paolo Pasolini).
Giocatori concreti, efficaci e che dettano i tempi di gioco, utili anche ad esaltare gli altri fuoriclasse, tutto questo e tanto altro era Ricardo Rogerio de Brito, in arte Alemao.
Già dal nome, il calciatore nato a novembre del 1961, si capisce quanto questo sia un brasiliano “atipico”, perché Alemao significa “tedesco”, ma la causa di ciò era data dal suo colore dei capelli.
Alemao è stato il prototipo perfetto del mediano moderno: un giocatore dal carattere maturo e autoritario, capace di capire il gioco e di “sporcarsi” le mani facendo un lavoro estremamente tattico. Quando il brasiliano inizia il suo percorso di sviluppo nel mondo del calcio, siamo nel 1980 e quasi fa sorridere pensare che nell’epoca dei vari Falcao, Zico, Socrates e tanti altri, sia nato un centrocampista totalmente differente, ma che farà le fortune delle squadre nel quale giocherà tra cui, soprattutto, il Napoli.
Nella stagione 1988/89, il calciatore, già ormai completamente formato nel calcio Europeo, riceve l’offerta di Corrado Ferlaino che lo vuole fortemente al Napoli per completare gli slot disponibili ai calciatori stranieri e già occupati da gente del calibro di Careca e Maradona.
Quando Ottavio Bianchi vede questo brasiliano capisce perfettamente di essere di fronte al tassello che avrebbe mosso tutti gli altri ingranaggi in modo tale da puntare nuovamente allo scudetto e il tempo gli diede ragione.
Il campionato degli azzurri finì con un secondo posto in Serie A e una finale persa in Coppa Italia, ma il meglio doveva ancora venire perché, in Coppa UEFA, i partenopei raggiunsero la finale da disputare contro lo Stoccarda.
Dopo la vittoria per 2-1 in Italia, il ritorno della finale è totalmente infuocato ma è proprio Alemao a giocare una partita esemplare condita anche da uno dei suoi (pochi) gol.
Il Napoli vince la Coppa UEFA, la prima della sua storia, e l’anno dopo vince anche il campionato in volata sul Milan.
Serviva un brasiliano molto atipico, che non segna, che non dribbla particolarmente e che attacca solo quando serve, per vincere i trofei. Perché se è vero che Alemao era il meno brasiliano dei brasiliani, è anche vero che era il più efficace che la generazione carioca aveva sfornato in quei tempi.
