Amoreterapia, l’ultimo libro di Ismete Selmanaj Leba
L’ unico modo per guarire completamente.-
Un esame di controllo e una diagnosi. Un mostro che si impossessa di un corpo umano e fa deviare il percorso della vita di una famiglia intera: carcinoma mammario. E’ quello che accade nelle pagine del nuovo libro Amoreterapia (Bessa Editrice Ottobre 2021) dell’autriceIsmete Selmanaj Leba e nella vita della stessa scrittrice che decide di ripercorrere la sua storia personale, fra la disperazione iniziale, la forza di combattere e la gioia di farcela, sconfiggendo il mostro e tornando alla vita con nuove consapevolezze, come quella che “la medicina migliore per salvarsi è sempre l’amore, gli affetti, la vicinanza dei propri cari, una mano tesa cui aggrapparsi per riemergere dagli abissi più bui: l’Amoreterapia, appunto, un antidoto che viene dal quotidiano, tanto semplice quanto miracoloso”.
“Il romanzo descrive il momento drammatico di una famiglia che, oltre alle cure mediche, si affida a una terapia speciale, la terapia dell’amore. L’amore in tutte le sue forme è il protagonista assoluto, da quello coniugale a quello supremo che si manifesta nell’interscambio tra madre e figlio ed emerge dalla certezza che “insieme si vince”, scrive nella sua prefazione la professoressa Maria Rosa Vitanza.
Quanto siamo anima e quanto siamo corpo? Qual è è la differenza tra amoreterapia e terapia senza amore?
Per Ismete, non c’è un confine ben allineato che divide anima e corpo. Laddove duole il corpo, penetra l’anima che ne compensa l’equilibrio e viceversa.”Questa dura battaglia per la vita”, spiega lei durante la nostra intervista, “mi ha insegnato che i malanni del corpo fanno fatica a guarire senza sanare anche le cicatrici dell’anima. Sono dolori diversi che necessitano differenti terapie. La differenza tra amoreterapia e terapia senza amore? L’amoreterapia è completa, inclusiva. La terapia senza amore guarisce solo a metà. Io sono stata fortunata: ho avuto amoreterapia in abbondanza”.
Quanto ha inciso il rapporto con i medici in questo percorso?
“Moltissimo. È molto importante creare un rapporto di fiducia con i medici, è un punto di partenza fondamentale per affrontare al meglio il percorso clinico. All’inizio, d’istinto, ho fatto alcune ricerche sul web. Nella marea di notizie che circolano in rete, si parla di percentuali; la percentuale di sopravvivenza a 5 anni da un carcinoma mammario di primo stadio è del 98%, la percentuale di sopravvivenza a 5 anni di un carcinoma mammario senza coinvolgimento di linfonodi è attorno al 90%, il tumore triplo negativo è più difficile da curare e così via. Sono diventata più confusa di prima. Ho deciso che avrei preso con le pinze tutte le informazioni trovate sul web. Per i dubbi che mi frullavano in testa ho chiesto ai medici che mi hanno spiegato tutto in modo chiaro. Una buona comunicazione con i medici, oltre a dare loro la possibilità di acquisire più informazioni circa il mio stato di salute, mi ha aiutato a vivere il percorso di cura con una maggiore serenità”.
Oltre la terapia e l’amore che ti circondano, la passione per la letteratura che spazio e che ruolo ha avuto in questo cammino?
“La mia grande passione per la letteratura è stato un altro tassello che mi ha aiutato durante il percorso difficile degli ultimi cinque anni: ho letto e ho scritto di continuo. Ognuno di noi trova e mette in atto un modo personale per affrontare le tempeste della vita. Ho conosciuto persone che non riescono a parlare apertamente della loro malattia nonostante ammirino il mio coraggio – parole loro – di raccontare senza filtri la mia lotta per la vita. Io non lo chiamerei coraggio: parlando apertamente della mia battaglia ho trovato un’arma in più per combatterla. Quando scrivo entro in un mondo tutto mio, chiudo i confini tra il mondo che mi circonda e quello che sto per descrivere. In questo nuovo mondo creo eroi ed eroine, dimentico il dolore che in certi momenti era insopportabile. Credo che le nostre passioni, che possano essere la musica, la pittura, la letteratura, il giardinaggio, cucire, cucinare… ci diano sempre una mano, nel bene e nel male”.
Cosa direbbe oggi a chi è seduto lungo quei corridoi in attesa di una risposta di una biopsia, in attesa di cominciare un ciclo nuovo di vita – quello della chemioterapia?
“Non dico che è stato facile, nulla è facile per chi vede sconvolta la propria vita da un momento ad altro e che ha poche certezze e tantissimi dubbi, cominciando dalla chemioterapia. È una parola che fa paura. Io la chiamavo la Rossa. Questa parola mi fece tremare tutta quando seppi che l’avrei eseguita per un anno e mezzo. È una delle terapie più pesanti che possa subire il corpo umano. Per noi donne uno dei effetti collaterali più devastanti è la caduta dei capelli. Lo è stato anche per me. Ho pianto il giorno che mi sono vista allo specchio senza capelli. Aiuta anche piangere, quando vi viene da piangere fatelo! In fondo siamo tutti un insieme di perfezioni e imperfezioni. Le cicatrici che portiamo addosso sono testimoni silenziosi di dure battaglie che abbiamo affrontato, non dobbiamo vergognarci, ma dobbiamo essere fieri. Mai arrendersi, è una dura battaglia ma che si può vincere”.
Una battaglia che da sole, non possiamo vincere.