Il racconto della domenica: l’inaugurazione della ferrovia Napoli Portici
Il racconto della domenica di Giuseppe Espsoito
Chi tra coloro che si trovano a passare per l’ultimo tratto di Corso Garibaldi, poco prima della piazza Guglielmo Pepe, riconoscerebbe, nei ruderi invasi dalle erbacce, alla sua sinistra, la magnifica Stazione Bayard della linea Napoli – Portici?
La stazione fu realizzata dall’ingegnere francese Armand Bayard, a cui Ferdinando II aveva affidato la realizzazione di quella che sarebbe stata la prima ferrovia d’Italia. Quella prima tratta, partendo da quella stazione giungeva fino a Portici, in prossimità della bellissima Villa D’Elbeuf, una delle più belle del “miglio d’oro, anch’essa oggi in rovina.
È davvero una vergogna che si sia abbandonata all’incuria una così importante testimonianza del nostro passato. La costruzione di quella ferrovia stupì l’Europa dove nessuno si aspettava che, quando la rivoluzione industriale era ancora agli inizi, nel sud dell’Italia, nel Regno delle Due Sicilie potesse nascere la prima ferrovia del continente.
A capo di quella nazione vi era un sovrano, Ferdinando II che aveva compreso la necessità di affrancarsi dalla dipendenza a nazioni quali Francia ed Inghilterra, e che per questo bisognava far leva sulla innovazione tecnologica e l’acquisizione di competenze avanzate in campo industriale dando così prova di questa sua intuizione, sia nel campo ferroviario che in quello delle infrastrutture. Si pensi alla costruzione del primo ponte sospeso in ferro, sul Garigliano. Ponte che fu realizzato dall’ingegner Luigi Giura, napoletano, con l’appoggio del re che gli aveva accordato tutta la sua fiducia. Infatti molti, influenzati dalla stampa inglese che esprimeva scarsa fiducia sulle capacità dei tecnici napoletani, volevano che il progetto fosse fermato. Ma il re, durante un consiglio dei ministri, pose fine alle opposizioni di molti membri del governo con la famosa frase: “Lassate fa ‘o guaglione.”
E ‘o guaglione, ossia Luigi Giura, studiò a fondo le caratteristiche di tutti i materiali che gli occorrevano, mise a punto il procedimento di fabbricazione ed infine li fece realizzare secondo le sue indicazioni nella fonderia di Mongiana.
Ma per tornare alla ferrovia, essa nacque da un progetto molto ardito per l’epoca, ma che catturò subito l’interesse del sovrano che, tra il 1836 ed il 1839 emanò tre decreti in base ai quali la ferrovia rimaneva nella proprietà del governo, anche se la gestione di essa era affidata per 80 anni al costruttore. Lo stesso governo stabilì anche le tariffe per il trasporto di merci e viaggiatori.
I lavori per la costruzione della linea cominciarono l’8 agosto 1838 e terminarono nel settembre del 1839. Il giorno 3 ottobre 1839 si tenne la sua solenne inaugurazione.
La linea a doppio binario era lunga 7,25 chilometri, la pendenza massima del tracciato era del 2 per mille ed il raggio delle curve si tenne entro i 1300, 1400 metri. Per la sua realizzazione fu necessario costruire ben 33 ponti, di cui il più noto fu quello cosiddetto “dei francesi”. Esso, primo ponte ferroviario in Italia, era a due arcate in muratura e scavalcava la strada litoranea Tirrena. Contestualmente alla costruzione della ferrovia, fu avviata la realizzazione in una zona detta di Pietrarsa di un opificio per la costruzione e la riparazione di locomotive e carrozze. Nello stesso stabilimento fu creata una scuola per macchinisti.
La stazione di partenza di Napoli fu costruita appena fuori le mura, nella strada che allora era chiamata Via De’ Fossi e che dopo la conquista piemontese divenne Corso Garibaldi. Essa disponeva di un’ampia sala d’attesa per i viaggiatori, era dotata di tutti gli uffici necessari, di magazzini e delle rimesse per i treni, oltre ad una attrezzatissima officina per la manutenzione del materiale rotabile. Ma essa poteva fregiarsi anche di un altro primato, assolutamente sconosciuto a tutti: negli spazi che ospitavano la biglietteria e le sale d’attesa dei passeggeri vigeva il divieto di fumo negli spazi pubblici in base ad una legge dei Borbone che, emanata ben 164 anni prima della nostra legge Sirchia, fu approvata solo nel 2003.
La cerimonia di inaugurazione si tenne dunque il giorno 3 ottobre 1839, un giovedì, e la partenza del primo treno fu annunciata da un colpo di cannone. Il convoglio, formato da otto vagoni, era trainato da una locomotiva di costruzione inglese Longridge da 65 CV e battezzata “Vesuvio”. Le locomotive Bayard sarebbero giunte a Napoli solo ai primi di dicembre. A bordo salirono gli invitati, una rappresentanza dell’armata reale e la banda musicale della Guardia Reale. Dopo nove minuti dalla partenza, il treno si fermò davanti al palco allestito nella villa del Carrione a Portici e lì salì a bordo il re, accompagnato dall’ingegner Bayard. La corsa terminò poi in prossimità del porto del Granatello. Lì fu dato il via ai festeggiamenti.
Successivamente la linea fu prolungata prima fino a Torre Annunziata e a Castellammare, poi fino a Nocera Inferiore e, nel 1860, giunse fino a Vietri sul Mare.
L’intenzione del re era quella di costruire una ferrovia che unisse il Tirreno all’Adriatico ed a questo scopo furono stanziati anche i fondi necessari.
Purtroppo intervenne il cambiamento legato alla conquista piemontese e quei fondi servirono per ripianare il debito pubblico contratto per la costruzione delle linee ferroviarie nell’Italia del nord. Un altro dei vantaggi apportati con l’Unità d’Italia al nostro Sud.
Inaugurazione della strada ferrata Napoli Portici, dipinto di Salvatore Fergola, 1840