Tina Pica, caratterista inarrivabile
Tina Pica è stata una delle figure del teatro e del cinema italiano che, sebbene, non abbia mai ricoperto ruoli da protagonista, ha tuttavia lasciato un segno profondo del suo passaggio. È riuscita a dare una sua impronta a tutti i lavori cui ha partecipato. È avvenuto una sorta di piccolo miracolo. Non bella e con un vocione roco e assai poco affascinante ha lasciato di sé un duraturo ricordo in tutti gli spettatori.
I film degli attori più famosi da Totò a De Sica, dalla Loren alla Lollobrigida a Mastroianni, senza la sua presenza avrebbero un altro sapore, più scialbo forse. La sua presenza ha contribuito a rendere quei lavori davvero indimenticabili.
A me personalmente Tina Pica è particolarmente cara, forse perché nacque in Borgo Sant’Antonio Abate, il quartiere dei miei nonni e lavorò al San Ferdinando, accanto al quale essi abitavano. La cosa me la fa sentire come se fosse stata una mia vicina di casa.
Il suo nome completo era Concetta Annunziata Pica e nacque il 31 marzo 1884 da Giuseppe Pica capocomico ed interprete del personaggio di Anselmo Tartaglia e da Clementina Cozzolino, attrice. Era dunque figlia d’arte e come tale il suo destino era segnato. Come tutti i figli d’arte del tempo fu portata precocemente sulle tavole del palcoscenico. Iniziò così giovanissima a recitare nella compagnia di suo padre che si esibiva nei teatri di Napoli e della sua provincia. Durante la guerra, intorno al 1916, fu chiamata dalla prima regista del cinema italiano, Elvira Notari, ad interpretare dei ruoli in due film, muti, dell’epoca.
Nel primo dopoguerra continuò a lavorare in teatro ed all’inizio degli anni Trenta fondò anche una sua compagnia, con la quale metteva in scena commedie da lei stessa scritte. In quegli anni avvenne anche l’incontro con Eduardo De Filippo e con i suoi fratelli. I rapporti con loro furono sempre improntati ad un sincero affetto ed Eduardo le affidò dei ruoli in “Napoli milionaria”, “Questi fantasmi” e “Filumena Marturano”.
In quegli stessi anni debuttò anche nel cinema, questa volta sonoro. Nel 1934 prese parte a “Il cappello a tre punte” del regista Mario Camerini e nel 1937 a “Fermo con le mani”, accanto a Totò e sotto la regia di Gero Zambuto.
Vi fu poi la pausa dovuta alla seconda guerra mondiale, ma durante quegli anni interpretò ugualmente una serie di film.
Nei primi anni Cinquanta riprese, con maggiore intensità, la sua attività cinematografica con “Il voto” del 1950, e “Ergastolo” del 1952.
Ma la sua maggior fortuna arrivò can la serie di “Pane amore e fantasia” del 1953, “Pane amore e gelosia” del 1954 e “Pane, amore e …” del 1955. In queste pellicole interpretò la parte di Caramella, la governante del maresciallo dei carabinieri Carotenuto, interpretato da Vittorio De Sica, insieme ad altri interpreti come Gina Lollobrigida, Sophia Loren e Sylva Koscina. Per il ruolo sostenuto in “Pane, amore e gelosia” ottenne il Nastro d’Argento quale migliore attrice non protagonista. Per questa serie di pellicole divenne la caratterista forse più amata dal pubblico.
La sua filmografia è molto lunga ed annovera tante pellicole tra cui Carmela la sartina di Montesanto (1916) di Elvira Notari, Proibito rubare (1948) di Luigi Comencini, Filumena Marturano (1951) di Eduardo De Filippo, Processo alla città (1952) di Luigi Zampa e moltissimi altri per un totale di più di cinquanta pellicole. Quando interpretò l’ultimo film, “Ieri, oggi e domani”, del 1963, aveva oramai 79 anni.
La sua vita privata non fu completamente felice. Sposò nel 1913 l’orefice Michele Ferrai che però morì, giovanissimo, solo pochi mesi dopo il matrimonio. Qualche anno dopo anche la figlia, nata dal matrimonio trovò la morte. Si risposò infine nel 1935 con Vincenzo Scarano, appuntato della polizia municipale ed insieme al quale scrisse anche alcuni testi teatrali.
Vincenzo morì nel 1967 ed allora Tina Pica, dimenticata anche dai colleghi che aveva avuto più cari, fu accolta dal nipote Giuseppe nella sua casa del Vomero.
Il nipote ricorda che la vecchia zia era religiosissima ed aveva realizzato in casa, una piccola cappella, nella quale, ogni domenica, veniva un prete a celebrare la messa. Ma quello che più è rimasto impresso nella memoria di Giuseppe è il modo di pregare della zia, in una lingua a metà strada tra un latino maccheronico ed un italiano completamente stravolto. Per avere un’idea di queste sue preghiere basta rivedere la scena del terzo atto di “Napoli milionaria”, in cui Tina Pica, nei panni della vecchia Adelaide, che veglia il finto morto, nel letto del basso così recita l’Ave Maria: “Au Maria, Orazia prena, ‘o ministero, ‘o reberitto, ‘e secula.”
Eduardo la trovò così spassosa da inserirla nel suo film. Tra lei ed i fratelli De Filippo vi era sempre stato un grande affetto, ma Tina Pica aveva anche un carattere deciso e non sopportava angherie da nessuno. Un giorno durante le prove al San Ferdinando, non sopportando più il tono con cui Eduardo le si rivolgeva, saltò su dicendo: “Eduà, io qua me ne vado. Ma sono sicura che, prima o poi, mi verrete a prendere con l’automobile.” In quell’epoca le automobili erano davvero rarissime, ma il giorno dopo, sotto casa sua in via Santa Teresa degli Scalzi, vi era Eduardo a bordo di una automobile che la pregò di tornare in teatro.
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