Risorse idriche in Italia: custodire gelosamente il bene più prezioso del pianeta
Combattere gli sprechi e riparare le reti- di Vincenzo Iommazzo-
Cerchiamo l’acqua su Marte, ma siamo sicuri che l’uso che ne facciamo sulla Terra sia accurato e razionale? Cominciamo col dire che 4 individui su 10 nel mondo non hanno abbastanza acqua potabile (fonte ONU) e che se non si prendono provvedimenti, entro meno di 30 anni, per la metà della popolazione globale la domanda supererà la disponibilità delle risorse idriche.
Già oggi, anche in considerazione dei cambiamenti climatici che stanno rendendo l’approvvigionamento idrico più difficile e costoso, si trascinano in varie parti del mondo vere e proprie guerre non dichiarate tra nazioni per il controllo delle fonti e conseguenti tragici esodi di popolazioni.
Ma quali possono essere i provvedimenti da adottare? In Italia certamente è essenziale il monitoraggio delle reti colabrodo che disperdono il 42% dell’acqua trasportata, attivando contestualmente un piano di investimenti ragionato in ottica di sistema, che tenga conto, cioè, dell’intero ciclo idrico comprendente alvei naturali, bacini idrici, smaltimento, depurazione e faccia crescere a valle la maturazione di una cultura dell’utenza avversa allo spreco.
Tanto per (non) cambiare, nel nostro Paese si conferma poi il secolare divario tra regioni considerando che la quota di investimenti nel settore vale il 45% del totale nel Centro-Nord, il 40% nel Sud e solo il 37,8% nelle isole. In parte il motivo di questa differenza al Sud è dovuto al numero eccessivo di piccole realtà, prevalentemente Comuni che gestiscono in economia almeno uno dei servizi tra acquedotto, fognatura, depurazione, mentre nelle restanti aree d’Italia si punta più diffusamente su grandi operatori regionali dotati di una visione integrata e industriale del sistema, facilitati nel reperimento delle risorse finanziarie.
Utilitalia federazione che riunisce le aziende speciali operanti nei servizi pubblici ambientali calcola che in Europa siamo il paese che preleva la maggiore quantità di acqua potabile per abitante, pari nel biennio 2018-19 a 419 litri/giorno al lordo delle perdite (netti 237 litri/giorno per abitante), paradossalmente in proporzione maggiore proprio nelle aree soggette a siccità e scarsità idrica.
Un aiuto inimmaginabile è venuto dalla pandemia che ha fatto comprendere quanto sia preziosa l’acqua per l’igiene delle mani, della persona, degli ospedali e di tutti i luoghi pubblici e privati, per la prevenzione e il contenimento del Covid e di altre malattie infettive. Purtroppo, quasi tre miliardi di abitanti del pianeta non hanno questa possibilità e sempre l’Onu informa che una persona su tre non ha accesso all’acqua pulita e stima che senza interventi efficaci la situazione peggiorerà fino a portare il numero attuale a 5,7 miliardi entro il fatidico 2050. In molti casi l’acqua sarebbe disponibile, ma mancano le infrastrutture per farla sgorgare dai rubinetti. Rendere disponibile acqua potabile a 140 Stati a medio e basso reddito costerebbe 114 miliardi di dollari l’anno nei prossimi 10 anni.
Mentre la capacità di stoccaggio dell’acqua negli invasi si riduce dell’1% ogni anno per l’aumento della popolazione e i sedimenti nei depositi, l’utilizzo di acqua potabile cresce dell’1% l’anno. Il maggior assorbimento è prelevato dall’agricoltura (69%), l’industria ne impiega il 19% e le città il 12%; nel decennio 2009-2019 la siccità ha colpito 100 milioni di persone al mondo, causando 100 miliardi di dollari di perdite. Secondo dati della Banca Mondiale, il Pil delle regioni affette da carenza d’acqua può calare del 6% al 2050.
Ma ci sono due buone notizie: una riguarda la sicurezza delle acque in quanto il virus non è stato mai rilevato in esse, anche perché si mantiene alto ed efficace il grado di protezione e di sorveglianza del ciclo delle potabili. Nessun rischio neanche dai sistemi fognari (fonte Quotidiano sanità).
L’altra notizia è che in Italia gli investimenti sulla rete idrica sono cresciuti del 23% rispetto al 2012 attestandosi a una media nazionale di 44 euro per abitante nel 2019, pur restando ancora troppo bassi nel Mezzogiorno con 26 euro per abitante e ben al disotto della media europea di 100 euro.
Al superamento del gap un aiuto potrà venire dalle risorse del Recovery Plan, ma soprattutto dal sostegno di provvedimenti governativi volti a semplificare gli iter operativi e a favorire la nascita di partnership dagli orizzonti di lungo periodo con grande attenzione alle esigenze dei territori serviti e alla sostenibilità ambientale.
In ogni caso, al centro del superamento del “water service divide” resta il raggiungimento della consapevolezza da parte del cittadino del valore dell’acqua (potabile e non) come risorsa essenziale per la vita e bene comune, ma non inesauribile, da usare con rispetto e senza sprechi.
