In tono minore-poesie di Evaristo Seghetta Andreoli
Evaristo Seghetta Andreoli è nato nel 1953 a Montegabbione (Terni). Ha eseguito studi classici e giuridici. Già Quadro Direttivo di un Istituto di Credito, fa parte dell’Associazione “Pianeta Poesia” di Firenze e dell’Associazione “Tagete di Arezzo”. Collabora con le riviste letterarie Testimonianze, Euterpe e L’area di Broca. Ha partecipato in varie rassegne letterarie tra cui “Modena Poesia Festival”. Già autore di: I semi del poeta (Polistampa 2013), Morfologia del dolore (Interlinea 2015), Inquietudine da imperfezione (Passigli 2015), Paradigma di esse (Passigli 2017); In tono minore (Passigli 2020). Vari i primi premi assoluti assegnati alle sue opera tra cui: Mario Luzi, Firenze Fiorino d’oro, Certamen Apollinaris Poeticum, Città di Sassari. Compare su varie antologie e “blog” letterari; molte sono le recensioni sulle sue opere tra cui più volte su “La lettura del Corriere della Sera”.
Il vecchio ciliegio
Sto aspettando il taglialegna: tra poco verrà,
per abbattere il vecchio ciliegio
– l’eutanasia per un albero malato –.
I rami rinsecchiti, il tronco ferito
meritano comunque una libagione
per l’ospitalità offerta agli storni.
Ma il tempo è poco, occorre fare in fretta,
e verso un po’ di vino nel fusto cavo.
Ecco l’accetta lucente che brilla
già in fondo alla strada.
Ho scelto febbraio per l’addio,
prima che le gemme illudano la primavera.
E quando a sera, la luna
non troverà più i rami da penetrare,
la sua luce glaciale striscerà
sui vetri del mio rimorso.
La chiglia
La tua presenza, la mia memoria esterna,
il mio coraggio finito in esilio.
Ci sarà sempre un foro nella stiva,
un occhio di luce, uno spiraglio di vita.
Ci sarà, anche quando la chiglia incagliata
mi ricorderà che tutto diviene
e fermarsi è illusione.
Piove fitto fitto nella sera
Da tanto speravo che piovesse così, fitto fitto:
le gocce a migliaia sotto i lampioni, atomi liquidi
nel clinamen dell’esistenza che precipita.
Quanto bisogno avrei di speranza, quanto vorrei
il coraggio: quello di Teseo, di Ulisse
o quello di Enrico, il mio amico metalmeccanico,
che non sa, non fa filosofia.
All’alba s’incammina per queste vie alberate
che sanno già di ruggine e di nero.
Ma piove, adesso, e piove fitto fitto nella sera,
tanto che le radici degli ippocastani invecchiati con me
sono vene sporgenti, come sopra le mie mani:
aprono cretti in superficie. Con l’asfalto,
spaccano il cuore.