Ciao Kobe Bryant, leggenda del basket e dello sport

salernonews24-Sport-di Emanuele Petrarca-

“5… 4… 3… 2… 1. Ti amerò sempre. Tuo Kobe”. Era il 29 novembre del 2015 quando Kobe Bean Bryan decideva con queste parole di concludere la propria lettera di addio al Basket. Un testamento tanto commovente quanto veritiero perché l’amore che legava l’atleta statunitense a questo sport era infinitamente smisurato.

Il basket ha regalato a Kobe la possibilità di realizzare i suoi sogni. Gli ha permesso di andare avanti sia nei momenti difficili che nei momenti del trionfo, gli ha permesso di diventare “The Black Mamba”. Eppure , anche quel pallone a spicchi ha ricevuto da Kobe qualcosa che va oltre il semplice amore per il gioco. Kobe Bryant era un uomo che non si limitava a porsi degli obiettivi ed arrivarci. Kobe Bryant era un perfezionista, uno che guardava oltre, uno che non si accontentava mai, nemmeno dopo i record e dopo le trionfanti vittorie. Kobe sapeva che poteva dare di più, indipendentemente dal fatto che potesse essere considerato un giocatore formidabile e tra i migliori della storia del suo sport.

Sembra riduttivo, in questo momento, parlare delle statistiche, dei numeri che rimarranno impressi sugli almanacchi sportivi e che recitano accanto al suo nome: 1346 partite e 33643 punti siglati in 20 anni in cui ha calcato il parquet sempre indossando la maglia dei Los Angeles Lakers, rendendo immortali i numeri 8 e 24 che ha indossato durante la sua carriera. Kobe Bryant, per un amante dello sport, va oltre i punti segnati, oltre i 5 anelli vinti, i 2 ori olimpici, i 18 All Star Game e gli svariati titoli da MVP e record battuti. Kobe è stato e sarà per sempre arte in movimento, una sinfonia che sembra scritta dal miglior virtuoso e che fonde in sé un’impareggiabile esplosività fisica ed una delicatezza dei movimenti, derivata dalla sua mania di perfezione.

Kobe Bryant non si è mai sentito uno che era arrivato all’obiettivo, ed è probabilmente per questo, che il suo esempio ha ispirato la sua generazione a innamorarsi di uno sport meraviglioso come il basket. Eppure,  tutto quello che Kobe ha dimostrato in vita viene riassunto, non tanto dai gesti tecnici, quanto da quell’ultima lettera di ritiro che sapeva di intima confessione a se stesso, ai tifosi e al Basket , tanto da poter diventare anche un cortometraggio capace di vincere un Oscar.

Parte tutto dal titolo “Dear Basketball”, simbolo di un colloquio fraterno che ha legato, inciso e, a volte, ossessionato la vita di Bryant. Il “caro Basket”, ciò che gli ha dato tutto e ciò a cui egli stesso ha donato la propria vita, già da bambino, quando girava nei campi italiani di Reggio Emilia, Reggio Calabria, Rieti e Pistoia e dimostrava a tutti che quel ragazzino, in breve tempo, sarebbe diventato una superstar.

Kobe amava l’Italia, perché è dall’Italia che la sua storia con la pallacanestro è iniziata: è in italiano che ha ringraziato la moglie durante la notte degli Oscar; è con nomi italiani che lui ha voluto chiamare le proprie figlie; è in Italia che è nata la leggenda del “Mamba”. Sarebbe, però, riduttivo dire che Kobe Bryant è un’ icona per noi italiani o per gli americani. Kobe Bryant è un’icona di tutto lo sport, una specie di supereroe invincibile. Fino al 26 gennaio 2020, in cui la storia di Kobe Bryant viene interrotta da quel maledetto schianto in elicottero insieme ad altre 7 vittime e, in particolar modo, a sua figlia Gianna Maria, di soli 13 anni, anch’ella giocatrice di Basket e con un talento smisurato che le avrebbe permesso di accedere al professionismo.

La storia di Kobe Bryant uomo si chiude a soli 41 anni dando inizio alla storia del Kobe Bryant mito. È accaduto tutto troppo in fretta, quasi come fosse il tempo di un canestro, 5 secondi alla fine, 5…4…3…2…1. Ti ameremo per sempre, grazie Kobe.

Emanuale Petrarca

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