I Portici Bolognesi, candidati a Patrimomio Mondiale dell’Umanità Unesco
Non esiste al mondo un’altra città che, come Bologna, custodisca al suo interno, su quasi tutte le principali arterie, una simile tipologia architettonica fortemente caratterizzante: i portici. Sono più di 40 km di gallerie che avvolgono la città dal cuore del suo centro storico fino alla periferia più esterna. I portici, come le torri, sono il simbolo della città e raccontano la sua storia dal medioevo ad oggi, attraverso le numerose e differenti tipologie che rispecchiano le evoluzioni architettoniche ed urbanistiche del capoluogo emiliano. Ma perché la città conserva così tanti portici, molto più che in altre realtà urbane del centro e del nord Italia? Almeno 2 sono le motivazioni. La prima, di ragione pratica, in quanto il portico è un comodo riparo dalla pioggia o dal forte sole estivo; la seconda, invece, testimonia che il portico non è affatto il frutto della casualità, come molti potrebbero pensare, bensì il prodotto di una volontà urbanistica e di una programmazione ben calcolata risalente a circa un millennio fa. Già nell’alto medioevo, allorquando la città presentava nel suo nucleo urbano la prima struttura difensiva delle mura di Selenite (distrutta successivamente da Federico I Barbarossa nel 1163), l’aumento delle cubature delle abitazioni, diede origine ai cosiddetti “sporti”: sporgenze sorrette da travi di legno ben visibili dalle strade che aumentavano gli spazi abitativi privati senza intaccare però il suolo pubblico. Un esempio di tali elementi architettonici è ancora presente in via delle Clavature nello storico “Quadrilatero”. Frattanto la presenza dell’università e le immigrazioni dal circostante contado, diedero impulso a un’ulteriore e notevole ampliamento della città, tanto che nel XII secolo fu realizzata la seconda cerchia difensiva detta dei Torresotti. E’ in tale periodo che gli avancorpi (gli sporti) si trasformarono in veri e propri portici con la realizzazione di colonne di sostegno in legno poggianti su suolo pubblico. Tale soluzione incise notevolmente anche sulla stessa evoluzione urbanistica della città. Gli Editti Comunali del 1249 e del 1289 imposero, infatti, la realizzazione del portico, fissandone l’altezza minima e il passaggio di un uomo a cavallo, ovvero 7 piedi bolognesi (2,66 metri). Il portico offriva dunque riparo dalle piogge e dal sole ma costituiva, al tempo stesso, un luogo di sviluppo e diffusione di attività commerciali e artigiane. Un prototipo di portico in legno si può ammirare percorrendo Strada Maggiore sulla quale si affaccia Casa Isolani, con il suo portico di 9 metri, giunto fino a noi dal lontano medioevo.
Recentemente recuperato, è un esempio di architettura romanico-gotica con travi in legno che, in questo caso, sostengono lo sporto situato al terzo piano. Il centro storico conserva numerose altre testimonianze di tali architetture medievali, nonostante il bando del 1568 che prevedeva la completa sostituzione dei portici in legno con quelli in laterizio o pietra. Su via Marsala, ad esempio, si possono osservare le Case Grassi del XIII secolo restaurate nel 1910, con i portici originali di legno di rovere e, sul lato opposto, altri portici per le case ex Boncompagni.
Altre interessanti testimonianze sono i trecenteschi ed eleganti portici in legno presenti su via San Niccolò di Casa Azzoguidi-Rubini o nel quartiere dell’ex ghetto ebraico, su via del Carro quelli di Casa Rampionesi (edificio del XII secolo).
L’utilizzo del mattone e della pietra si diffuse ampiamente nel XIV secolo, come testimonia l’elegante Loggia dei Mercanti (eretta da Antonio di Vicenza nel 1384) o i trecenteschi e larghi portici in muratura di Santa Maria dei Servi.
Dal XV secolo gli archi acuti cedono il posto a quelli a tutto sesto. Il portico si arricchisce anche di elaborate decorazioni in terracotta (ghiere in cotto lavorate secondo la fantasia degli artisti) che rispecchiano stili e mode del momento.
Al di là dell’elegante portico del Pavaglione, sotto il Palazzo dei Banchi (costruito a metà del XVI secolo dall’architetto Antonio Morandi), l’interessante galleria (Casa De Bianchi) che affaccia su Piazza Santo Stefano è caratterizzata da colonne scanalate interrotte a metà da un anello e da capitelli della metà del ‘500 ornati da eleganti fregi (teste umane barbute con corna d’ariete, musi di animali e mostri vari).
Piazza Maggiore, poi, ospita l’austero portico del Palazzo del podestà con le sue arcate decorate con motivi floreali, disegnato dall’architetto Aristotile Fioravanti nel 1494. Di particolare bellezza è il lungo portico di San Luca, di forte impatto visivo per la sequenza di ben 666 archi lungo un percorso di 3 km e 200 metri che unisce Porta Saragozza al Santuario di San Luca, posto in cima al Colle della Guardia.
La struttura architettonica fu finanziata grazie alle offerte dei devoti del Santuario a metà del XVII secolo, mentre i lavori di realizzazione iniziarono nel giugno del 1674 su disegno di Giovanni Giacomo Monti. Concluso nel 1715, il portico presenta, all’inizio della sua parte inclinata di risalita verso il colle, una particolare ed efficace soluzione architettonica su progetto di Carlo Francesco Dotti (1732) con l’Arco del Meloncello.
Esso costituisce il collegamento tra il portico di pianura e quello di collina attraverso una scenografica soluzione architettonica sinuosa ed articolata di sovrappasso che lascia libero il transito dei mezzi su via Saragozza. Di particolare interesse architettonico e artistico è il portico posto tra via Cavour e via Farini, in un edificio sede della Banca d’Italia realizzato dall’architetto napoletano Antonio Cipolla (1861-1864).
Interamente dipinto con decorazioni a grottesche realizzate da Gaetano Lodi, il portico mostra al viandante vedute cittadine dipinte all’interno di finte edicole architettoniche. La tradizione del portico continua anche dopo l’Unità d’Italia, come testimonia l’ampia galleria nel Palazzo della Cassa di Risparmio realizzato nel 1876 da Giuseppe Mengoni, e durante tutto il ventennio fascista (con i suoi palazzi di rappresentanza) e del secondo dopoguerra.
La storia di Bologna è, dunque, strettamente legata alla storia dei suoi numerosi portici: luoghi d’interscambio sociale, umano e culturale, spazi coperti che nascono e rimangono tuttora di proprietà privata ma ad uso pubblico. Testimonianza architettonica delle trasformazioni urbanistiche del capoluogo emiliano, sono stati presentati nel marzo dello scorso anno, per il percorso di candidatura a Patrimonio dell’Umanità Unesco. Nel febbraio 2020 verrà presentato il dossier per la candidatura definitiva e i progetti per la valorizzazione dei portici bolognesi, mentre all’inizio del 2021 si avrà, infine, il responso della commissione valutatrice.
