Fare cultura a Salerno, un’intervista al professor Alfonso Amendola
L’inaugurazione della mostra su David Bowie a Palazzo Fruscione, diventa l’occasione per conoscere Alfonso Amendola, docente dell’Università di Salerno, curatore di “Stardust-Bowie by Sukita”, per capire come si arriva all’organizzazione di un’ evento di respiro internazionale come questo.
Alfonso Amendola è professore associato di Sociologia dei processi culturali e Internet Studies presso l’Università degli Studi di Salerno ed è Delegato del Rettore alla Radio d’Ateneo. Il suo percorso di ricerca si muove sul crinale della contemporaneità tra consumi di massa, culture d’avanguardia e innovazione digitale. Per le Edizioni Rogas, dirige la collana di sociologia della cultura “La sensibilità vitale”. Redattore di riviste internazionali, è editorialista del quotidiano “Il Mattino”, collabora con il mensile “Mondoperaio” e si occupa di management culturale. Ha pubblicato diverse curatele, monografie ed è autore di numerosi saggi scientifici.
“Stardust-Bowie by Sukita” è la mostra che attualmente è negli spazi di Palazzo Fruscione. Come è nata questa scelta?
La scelta è nata da una bella e puntuale intuizione dell’avvocato Marco Russo (Presidente dell’Associazione “Tempi Moderni”) nel desiderio di continuare a proporre sul territorio salernitano all’interno di Palazzo Fruscione iniziative d’arte contemporanea di grande prestigio. E così dopo le fotografie di Dino Pedriali, il paper-cutting di Marco Gallotta e le sculture “gommose” di Maurizio Savini, quest’anno è la volta del Maestro Masayoshi Sukita e il suo “dialogo” fotografico con David Bowie. Centrale l’impegno della Galleria Ono di Bologna e la forte attenzione della Scabec-Regione Campania. Il tutto è nato, infine, dal desiderio di cominciare un discorso mirato e sempre più importante verso i territori della fotografia internazionale.
Lei ha curato diverse mostre negli ultimi anni a Salerno. Quali sono le problematiche che ha incontrato nel portare eventi di respiro nazionale ed internazionale in una città fuori dai circuiti espositivi ?
La difficoltà, a parte l’inevitabile impegno di natura economica, è proprio quello di definire un circuito fatto di cultori, critici, galleristi, collezionisti ed appassionati. Ma ci stiamo riuscendo. Un po’ alla volta. Con uno sguardo attento e graduale. E soprattutto animati da un duplice sguardo: verso il nostro territorio e verso le produzioni nazionali/internazionali.
Personalmente amo molto la fotografia e trovo che sia una forma d’arte molto precisa che lascia poco spazio alla fantasia, soprattutto se parliamo di fotografia “tradizionale”. Pensa di interessarsi ancora di fotografia per futuri progetti ?
Certo. Come “Tempi moderni” abbiamo deciso che il capitolo centrale della nostra ricerca ed impegno manageriale sul tema dell’arte è quello di dedicarci alla fotografia. Tradizionale come “tecnica” ma sperimentale ed innovativa quando necessario. Inoltre, personalmente, come critico e studioso continuerò ad indagare le forme della sperimentazione fotografica contemporanea (sia se legata ai nuovi linguaggi tecnologici) e sia realizzate da giovani fotografi. Inoltre, in ambito accademico, in collaborazione con la cattedra di Storia della fotografia dell’Ateneo salernitano con la prof.ssa Maria Passaro, stiamo pensando un po’ di iniziative e spazi d’incontro sul tema.
Molti gli eventi a corredo di questa esposizione che racconta del rapporto fra Bowie e Sukita fra cui concerti, convegni ed incontri di vario tipo. Può dirci brevemente perché, secondo lei, Bowie è un riferimento per così tanti artisti non solo in ambito musicale, ma penso anche alla moda o alla pittura.
Bowie al di là della sua grande produzione musicale è un icona. La sua forza espressiva è stata centrale in diversi ambiti perché il Duca Bianco ha saputo tessere straordinari dialoghi con i più grandi del Novecento. In ambito teatrale con Lindasay Kemp, in letteratura con William S. Burroughs, nell’arte con Andy Warhol. Inoltre ha influenzato grandi nuclei di stilisti da Gautier a Gucci. Nell’ambito cinematografico è stato attore e una marea di film “utilizzano” le sue canzoni come magnetico snodo narrativo. Insomma, Bowie è un capitolo potente dell’immaginario di massa e la sezione “racconti del contemporaneo”, parallela alla mostra fotografica, quest’immaginario vuol omaggiare.
Fare cultura a Salerno è facile?
Ultimamente in un film ho sentito la frase “una volta usciti dall’infanzia nulla più è facile”. E quindi fare è impegnativo ovunque a Salerno come Milano o come Messina o come Aosta. Ma non userei la contrapposizione facile/difficile. Direi solo che fare cultura è necessario, è fonte di nutrimento visionario, è costruzione del nostro essere al mondo.
Un sentito grazie al professor Amendola per la disponibilità e la cortesia e soprattutto lo ringrazio per averci spiegato meglio il senso di un’operazione culturale e del senso profondo che può e deve avere sul tessuto sociale di qualsiasi territorio.
Umberto Mancini