Eurovision Song Contest 2019, lo specchio dei nostri tempi
Lo ammetto subito, l’Eurovision Song Contest è una manifestazione che non mi è mai piaciuta e l’edizione 2019, la sessantaquattresima tenutasi a Tel Aviv, non ha certo brillato rispetto alle precedenti, anzi sicuramente si è posizionata una spanna sotto. l’Eurovision Song Contest è una inutile occasione per far gareggiare 41 nazioni (in origine 42 ma l’Ucraina si è ritirata a febbraio) che avrebbero dovuto rappresentare il meglio del panorama musicale del vecchio continente ed invece, alla fine, si è ridotto ad una carrellata di canzoni pop di media qualità e di una manciata di “cartoline” turistico/pubblicitarie di Tel Aviv mandate in onda tra un’esibizione e l’altra.
Dal punto di vista strettamente musicale nulla di nuovo e soprattutto nulla di interessante , ecco perché lo specchio dei nostri tempi. Tutte le canzoni, come già detto, sono una mediocre rappresentazione del pop più ovvio. Ma questo è, questa è la musica che viene prodotta oggi e passata dalle radio.

La canzone vincitrice, “Arcade” dell’olalndese Duncan Laurence, è il perfetto esempio del pop più melodico e mainstream che si possa immaginare. Il resto si dimentica senza alcuno sforzo. Stranamente (ma anche fortunatamente) rap e trap non sono stati granché rappresentati fatta eccezione del nostro Mahmood, già vincitore di Sanremo, che ha riproposto “Soldi”. Dato per favorito per tutto il tempo che ha preceduto la finale del 18 maggio, alla fine si è posizionato al secondo posto.

A proposito di Mahmood ho già espresso la mia opinione in occasione della manifestazione sanremese e qui la ribadisco: la canzone non mi piace, è troppo simile a tante altre già ascoltate centinaia di volte e a conti fatti anche il testo è scontato ed ovvio, ma il ragazzo ha delle potenzialità e se guidato bene potrebbe anche venir fuori, sulla lunga distanza, con materiale di qualità decisamente superiore. Ma tutto dipende da chi gli gira intorno e da quanto lui saprà gestire queste presenze.
Ospite d’onore della serata finale è stata Madonna, la quale, come sempre, lascia il segno ad ogni sui passaggio, al punto che la sua esibizione è stata la più chiacchierata e alla fine anche la più politica, suscitando l’ira degli organizzatori che hanno ribadito tempestivamente che l’Eurovision Song Contest è una manifestazione non politica.

Intanto Madonna è stata protagonista di una brutta esecuzione di un suo classico (Like a Prayer) eseguito con molte stonature (abilmente ed artificiosamente eliminate dal video che ora circola in rete). Ovviamente ha presentato anche il nuovo singolo “Future”. Ciò che però ha irritato gli organizzatori, alimentando una certa dose di polemiche, sono stati due suoi ballerini che abbracciati hanno mostrato sulla schiena due bandire, una israeliana e l’altra palestinese. Se non è politica questa allora non so cosa lo sia.
E la politica, in un certo senso, si è manifestata anche nella classifica finale, che ha visto posizionata in coda il Regno Unito, non tanto per la canzone che probabilmente meritava una posizione migliore, ma per la questione Brexit che si protrae ormai da troppo tempo e che quasi certamente ha condizionato in qualche modo il giudizio di giurie e pubblico.
Nicola Olivieri
