Masuccio Salernitano: Il Grande Novelliere dell’Epoca Aragonese

“Mariotto senese, innamorato de Ganozza, como ad omicida se fugge in Alessandria; Ganozza  se fenge morta, e, da sepultura tolta, va a trovare l’amante; dal quale sentita la soa morte, per morire  anco lui, retorna a Siena, e, cognosciuto, è preso, e tagliatoli la testa; la donna nol trova in Alessandria, retorna a Siena, e trova l’amante decollato, e lei sopra ‘l suo corpo per dolore se  more.” Sono queste le prime frasi del Prologo della Novella XXXIII di un famoso novelliere che visse alla metà del XV secolo tra la città di Salerno e Napoli e il cui nome era Tommaso Guardati, più comunemente conosciuto dal popolo con il nomignolo di Masuccio Salernitano. In pochi sanno, tuttavia, che un tale poeta e commediografo inglese, William Shakespeare, nel realizzare, più di un secolo dopo, una delle più famose  tragedie d’amore, “Romeo e Giulietta”, s’ispirò, con molta probabilità, alla drammatica novella XXXIII del Guardati che tratta l’amore  travolgente e distruttivo  tra due giovani senesi: Mariotto e Ganozza. Di famiglia probabilmente originaria di Sorrento, Masuccio nacque nel Seggio del Campo (il Sedile dei Nobili), in pieno centro storico salernitano. Lo scrittore s’indirizzò, inizialmente, verso studi ecclesiastici, per dedicarsi, successivamente, alla carriera di Funzionario dello Stato.  Da Salerno si trasferì, dunque, a Napoli presso la Corte di Alfonso D’Aragona e iniziò a frequentare l’ambiente umanista partenopeo, dove conobbe anche illustri scrittori come Giovanni Pontano o Luigi Pulci. Rientrò nella sua città intorno al 1463  come segretario del Principe  Roberto Sanseverino.  Misterioso è il luogo della sua sepoltura e diverse sono le ipotesi avanzate. Secondo lo storico Matteo Fiore, il suo corpo fu sepolto nella chiesa di Santa Maria De Alimundo, nell’area del Plaium Montis, attualmente in stato di abbandono, la stessa in cui era rettore uno dei suoi figli. Tale ipotesi resta, tuttavia, molto improbabile essendo anche autore di numerosi scritti anticlericali, sebbene un’epigrafe commemorativa di Masuccio posta nel 1976 proprio a fianco all’ingresso della chiesa, in occasione di un Convegno Nazionale di Studi sul novelliere, oggi rimossa, sembrava, all’epoca, attestarne la veridicità. Lo storico De Simone afferma, invece, che la salma  fu deposta all’interno dell’atrio di San Francesco dei  conventuali.  Il Novellino è parte integrante della letteratura  del ‘400 in volgare napoletano (in contrapposizione con lo stile boccaccesco) anche se alcune argomentazioni sono simili al famoso Decamerone. Esso venne stampato, per la prima volta, nel 1476 un anno dopo la morte del Guardati. È una raccolta composta da 50 racconti di stampo satirico e anticlericale, divisi in 5 argomentazioni, ciascuno con una precisa dedica rivolta a un personaggio celebre della Corte Napoletana. Per le sue argomentazioni controverse rientrò nei libri proibiti secondo il volere della Santa Congregazione dell’Inquisizione romana e la sua diffusione fu molto ostacolata sebbene l’opera fu stampata clandestinamente a Milano e a Venezia verso la fine del XV secolo. Nel corso dei secoli riscontriamo, per fortuna, innumerevoli ristampe come quella napoletana del 1874 ad opera di Luigi Settembrini, ancora tutt’ora divulgata su internet, o quella  curata da Alfredo Mauro nel 1940 e stampata a Bari. Negli ultimi anni il Novellino lo si trova in vendita anche direttamente online. La città di Salerno gli ha dedicato due luoghi con il suo nome: Via Masuccio Salernitano e il porto turistico nei pressi di  Piazza della Concordia. La via, denominata anche “dei Caciocavalli” per la presenza in passato di molte botteghe di salumeria, è una parallela (posta a sud) della più famosa Via dei Mercanti. La stretta via risultava fuori  le mura meridionali, adiacente al mare, fino all’ampliamento delle stesse da parte del Principe longobardo Arechi II e dei sui successori. L’area detta “Inter murum et muricinum”, come minuziosamente la descrive lo storico Vincenzo De Simone,  una volta inglobata all’interno delle  mura, venne abitata, in particolare, da una folta comunità ebraica e fu denominata Giudaica. Tra il  XVI  secolo e il XVIII acquistò molteplici toponimi come quello della “Figurella” per via dell’effige della Madonna presente all’inizio della strada, lato orientale, o dei “Bottarari” per la presenza cospicua di botteghe artigiane o anche della Zecca (presente molti secoli prima proprio in quell’area), o ancora strada di Sant’Ivone, santo molto venerato nell’antica chiesa (Santa Maria De Domno) situata lungo la strada, di cui rimangono pochissime tracce al suo interno e al civico 71 dove si distingue ancora bene il suo campanile. Dopo un periodo in cui la strada venne dedicata a Flavio  Gioia, nel 1932 la Commissione per la revisione dei nomi delle strade stabilirà finalmente l’attuale nome. Camminare per Via Masuccio Salernitano è come fare un salto nel passato, tra botteghe caratteristiche, trattorie e ristoranti tipici.  Lungo la strada,  inoltre, sono presenti tante belle testimonianze di architettura di alto pregio come i numerosi e ampi portoni dai preziosi portali, tra cui uno in particolare a sesto ribassato in stile durazzeco-catalano, realizzato in piperno di Fiano di Nocera ben lavorato, probabilmente sorretto, all’epoca della sua realizzazione, da due piedritti che avevano ai lati due colonnine lavorate anch’esse, espressione tipica dell’architettura aragonese e  rinascimentale campana. Meno fortunata la sorte di Palazzo Sabetta, antico edificio della metà del ‘500, il quale, nonostante i numerosi elementi architettonici d’alto pregio presenti al suo interno, venne, purtroppo, abbattuto per ragione di sicurezza da un’Amministrazione poco sensibile alla ricchezza del patrimonio storico e culturale del nostro territorio.

N.B.: l’antica xilografia proviene dal libro “Novelle” con introduzione a cura di Andrea Sorrentino.

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.

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