La peste a Salerno del 1656: storia e leggenda del miracolo di San Matteo

Cultura urbana- di Daniele Magliano-

Salerno, come tante città,  conserva un ricco patrimonio culturale di storie e racconti   legati a eventi  di fatto accaduti  ai quali si sovrappongono vicissitudini fantastiche dalle tematiche variegate in cui gli elementi religiosi sono mescolati a espressioni puramente laiche. Esistono numerose leggende salernitane  d’epoca longobarda, normanna, angioina, racconti di santi e diavoli, di conventi e castelli, giunti fino a nostri giorni grazie anche all’opera di cultori dediti alla conservazione della nostra storia .

Tra le tante  affascinanti storie, suscita interesse quella della peste a Salerno e del miracolo di San Matteo. Siamo nel giugno del 1656, quando una terribile peste flagellò Napoli ( come documentano gli archivi ) e a questo avvenimento realmente accaduto si è legato un fatto puramente leggendario. Il 13 giugno del 1656, giorno della festa di Sant’ Antonio, improvvisamente comparvero, dalla costiera amalfitana, dei grossi nuvoloni neri che scaricarono sulla città un fortissimo temporale. Il giorno seguente, la città si svegliò scossa da un drammatico avvenimento:  la terribile e tanto temuta peste! Man mano che  da Napoli arrivavano notizie del  morbo che ormai imperversava anche a Salerno, molti cittadini salernitani iniziarono una sorta di esodo verso le campagne, per evitare il contagio.

Coloro i quali non potevano allontanarsi dal capoluogo,  si rifugiavano nella Cattedrale. Intanto iniziò a spargersi la notizia che la peste altro non era che un veleno portato dagli spagnoli per placare gli impulsi insurrezionali del popolo meridionale. Nel disperato tentativo di scampare al pericolo di infezione, si assistette a un incontenibile  propagarsi di amuleti di vari santi considerati  una specie di forte protezione che rendevano  le persone immuni al morbo,  oppure a una spasmodica ricerca di anelli  appartenuti  a  santi pur di non essere contagiati. Quando ormai la superstizione dilagava imperante, si cominciò anche a ricercare l’ ovatta bagnata dalla famosa e miracolosa manna di San Matteo.

Si diceva che tale prodigioso materiale sacro provenisse dalle  ossa del Santo Patrono di Salerno e raccolta in una sorta di secchiello d’argento  collegato ad una catenella posizionata in un cilindro che, dalla finestrella confessionis, raggiungeva il sepolcro, posto nella elegante cripta del Duomo di Salerno,  costituito da un’urna di alabastro. Il cosiddetto “Miracolo della manna”, era ben conosciuto dai salernitani fino a poco più di un secolo fa. Esso, di fatti,  si  è ripetuto per tantissimi anni, due volte l’anno : durante la vigilia della traslazione delle ossa del  Santo Patrono  da  Capaccio a Salerno, avvenuta il 5 maggio  954, e il  21 settembre giorno di San Matteo. Ma dal 1890 in poi tale evento miracoloso, non si è più ripetuto! Come per il Santo Patrono di  Napoli, anche nel miracolo salernitano, se il liquido risultava abbondante  si pronosticava, allora, un periodo di pace e di benessere  ( in realtà in seguito  si è scoperto che questo elemento  vischioso altro non è che la condensa che si formava all’interno dell’urna funeraria ).

    

Intanto, tornando alla nostra storia, la peste faceva sempre più morti e gli abitanti di  interi paesi limitrofi furono decimati. Anche l’Arcivescovo di Salerno ritenne opportuno rimanere a Roma e da lì  pregare  perché il terribile morbo non facesse più vittime. Iniziarono a diffondersi anche storie  lugubri e terrificanti come di una donna che partorì un gatto a tre teste o di un’altra sul cui petto comparve, a sangue, un crocifisso,  o  di un  bambino  nato con la voce da adulto e la barba o ancora di molti animali domestici che parlavano  come esseri umani. Per fortuna  l’incubo della peste non durò molto. Di fatti il 20 settembre, di primo mattino, iniziò a sopraggiungere un vento caldo dal mare che addensò grossi nuvoloni neri i quali, anche questa volta scaricarono un forte rovescio di pioggia. La città improvvisamente si allagò tutta, ma  tale acqua fu miracolosa dato la  stessa lavò uomini e cose  mentre la peste improvvisamente scomparve. La popolazione, uscendo dalle case, tra vicoli e slarghi, ancora sotto il diluvio, invocò, a piena voce, il nome di San Matteo  ringraziandolo dello straordinario e miracoloso evento.

Fotografie a cura dell’Arch. Daniele Magliano

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.