Intervista a Giorgio Verdelli, il regista del film Pino Daniele – Il Tempo Resterà
Giorgio Verdelli è un autore e un producer TV napoletano che nella sua lunga carriera ha realizzato molti programmi televisivi mandati in onda dalla Rai e da Mediaset. Tanti sono gli speciali realizzati da Verdelli, su altrettanti nomi di prima grandezza. Negramaro, Troisi, Ramazzotti, Nannini, e poi ancora, con la serie UNICI, Mina, Vasco Rossi, Roberto Bolle e Francesco Guccini sono solo alcuni dei numerosi artisti su cui ha focalizzato l’attenzione e puntato l’obiettivo della telecamera.
Negli ultimi anni si è parlato molto di Giorgio Verdelli per due iniziative molto diverse tra loro ma ugualmente importanti. La prima è Il film suPino Daniele – Il tempo resterà di cui Verdelli è regista e che sarà premiato il 15 settembre al Mediterraneo Video Festival di Ascea e trasmesso su RAI 3 il 17 settembre 2017. La seconda iniziativa è un libro, bellissimo, pubblicato la prima volta nel 2015 e ristampato nella primavera di quest’anno, scritto a due mani con Antonio Tricomi, giornalista de La Repubblica, intitolato A noi ci piace il blues …ovvero tutte le strade portano a Memphis (Bagaria/Reality Book), un racconto, “una sorta di “educazione sentimentale” (e musicale) di una generazione che nei ’70 al piombo preferì il vinile”. Un libro che“…appartiene di diritto a una parte di quella generazione di nati negli anni Cinquanta, bambini nei Sessanta e ragazzi nei Settanta. Più che una generazione intera, diciamo una sua delegazione. Che non si è mai sentita un’avanguardia, ma certo nemmeno una retroguardia”.
Con queste premesse ho avuto il piacere di fare una interessante chiacchierata con Giorgio Verdelli che si è rivelata una persona molto gentile e molto disponibile ma soprattutto è stata una persona molto interessante da ascoltare.
Partiamo dal libro. Come è nata l’idea di scriverlo?
Mi sono reso conto che quando scrivevo i testi per i miei programmi, quando parlavo di alcuni personaggi, alla fine parlavo di noi. Con Antonio Tricomi, che è un mio vecchio compagno di scuola con cui abbiamo condiviso tanti momenti della nostra gioventù, abbiamo iniziato a scriverci delle lettere, poi io ho adoperato la stessa tecnica che utilizzo quasi sempre nei miei programmi, cioè chiedere delle testimonianze ad amici in qualche modo connessi con la storia, e man mano è nato il libro. Naturalmente la cosa ha subito un’accelerata, un cambiamento di direzione quando è venuto a mancare Pino Daniele. Nel senso che lì ci siamo resi conto che in qualche modo finiva una stagione e questo probabilmente ha rappresentato anche la fine della nostra gioventù. Pensa che il libro inizialmente si chiamava “Tutte le strade portano a Memphis”, che oggettivamente è un bel titolo, poi lo abbiamo cambiato in “a noi ci piaceva il blues… ovvero tutte le strade portano a Memphis ”
Napoli non era Londra e neanche New York, ma quello che racconti nel libro, con i personaggi che sono passati in città (e in Campania) le hanno conferito il prestigio degno di una città di livello internazionale, musicalmente parlando, anche se, nella realtà, eventi di quella portata non erano frequenti in quegli anni definiti “di piombo”.
Si, quelli erano anche gli anni di piombo per chi li ha vissuti, ma c’era anche una grande effervescenza creativa e le due cose, in qualche modo, convivevano. Nel libro lo diciamo, noi al piombo abbiamo preferito il vinile.
Invece Napoli è stato il legittimo palcoscenico di tanti importanti artisti che hanno dato vita al Naples Power, e mi riferisco a personaggi quali Pino Daniele, Senese, Bennato,Tony Esposito, Osanna, Troisi, NCCP, giusto per citarne alcuni.
Quello è stato un fenomeno unico, di cui si sono avvalsi tutti. Mi piacerebbe che fosse sottolineata questa cosa, in questo momento Napoli va molto di moda, vedi i film presentati a Venezia quest’anno, ma ci si dimentica che se Napoli è diventata in qualche modo cool è per merito di quel gruppo di artisti che hanno sdoganato il napoletano. Era già stato sdoganato da Totò, De Filippo e Carosone, ma loro lo hanno fatto diventare di moda, lo hanno fatto diventare per i giovani e lo hanno fatto diventare anche “alternativo”. E ti dirò di più, un dato certo è che grazie alla Nuova Compagnia di Canto Popolare è stato avviato il rinnovamento della canzone napoletana.
Nel libro fai una rivelazione. Parli della tua partecipazione al concerto dei Pink Floyd a Pompei avvenuta per puro caso e tenuta segreta per un certo tempo. Questa cosa ha dell’incredibile.
La storia è tutta vera ed è esattamente come l’ho raccontata nel libro. Conoscevo Carlo Basile, discografico e giornalista, un manager della EMI, la casa discografica, e si occupava delle etichette internazionali, tra cui la Harvest l’etichetta discografica dei Pink Floyd appunto. Ero andato a Roma nella redazione dove c’era Raffaele Cascone, a protestare per l’annullamento di un concerto, forse di Santana non ricordo esattamente, che non avevano comunicato. In quella occasione incontro Carlo Basile e facciamo amicizia, pensa mi regalò oltre ad alcuni dischi anche un cane… Un giorno mi chiama e mi dice “ io vengo a Napoli per girare una cosa a Pompei con un gruppo inglese, i Pink Floyd”, ma senza dare altre spiegazioni. In realtà non era un progetto della Emi quindi non poteva dirmi molto. Naturalmente la cosa mi interessava. Ma non feci i salti di gioia! Si i Pink Floyd mi piacevano, ma io, in quel periodo preferivo i Jethro Tull e i Genesis, due gruppi nel pieno della loro fase creativa, dei Floyd mi piaceva Ummagamma… ma insomma preferivo gli altri.
Certo non fu facile per un ragazzo avere la possibilità di assistere alle riprese del film dei Pink Floyd e mantenerlo segreto…
Ma sai in quel periodo quando parlavo dei Pink Floyd i miei amici, quasi non li conoscevano, anzi e mi prendevano in giro ironizzando sul nome del gruppo… Ma devi sapere che questa storia la raccontavo poco perché appare talmente irreale, che sembra che io stia dicendo una buffonata… ma invece è tutto vero. Ma ti dirò di più:non c’ero solo io durante quelle riprese. Dopo anche Tony Esposito mi ha detto che c’era stato, e anche Nicola Muccillo. Io però sono rimasto sul set una settimana buona, andavo la mattina e tornavo a casa la sera. Non so dirti loro, i Pink Floyd, quanto tempo sono stati lì a girare. Ed io in quella settimana, nelle pause ho giocato a ping pong con Nick Mason, il batterista del gruppo, il più disponibile di tutti.
Sempre nel tuo libro parli del concerto dei Rolling Stones del 1982, un evento storico per Napoli, fu probabilmente l’evento più importante di tutti, forse anche più del concerto di Frank Zappa dello stesso anno, sei d’accordo?
Si, sono assolutamente d’accordo, un concerto strepitoso con gli Stones al massimo della loro forma. Quella tournée loro la ricordano molto bene. Ci sono stati altri loro concerti in Italia dopo, ma non a quei livelli.
Dopo i Rolling Stones anche il Marechiaro Blues Festival è stato una cosa molto importante che hai organizzato e descritto nel libro, con Ike Turner e Solomon Burke. Raccontaci la storia dell’abito fatto su misura per Burke.
Marechiaro Blues è nato da un’intuizione del giornalista Pasquale De Angelis. Io conoscevo già Solomon Burke perché lo avevo avuto ospite in alcuni programmi grazie anche all’amicizia che avevo con il suo manager. Quando ci fu l’occasione per organizzare il festival, Marechiaro, il luogo simbolo della canzone napoletana, ci sembrò perfetto. Lavorando per mettere insieme il cast, mandai una mail a Solomon e lui mi disse che avrebbe potuto portare anche Ike Turner. Caspita era una cosa notevole, Ike non si vedeva in giro da più di una decina di anni, le ultime informazioni lo davano in galera… Risposi a Solomon così: “se mi porti veramente Ike Turner io ti regalo un abito fatto su misura”. Ed andò proprio cosi, ma i vestiti realizzati furono due, il secondo era per il figlio di Solomon e quell’abito ce l’ho ancora io. L’avrò indossato un paio di volte.
Ed ora parliamo del tuo film “Pino Daniele – Il Tempo Resterà”. Hai incontrato difficoltà per realizzarlo?
Le difficoltà, ovviamente, ci sono state soprattutto per mettere d’accordo gli aventi diritto, ma avendo fatto altri lavori come il programma Unici, ero allenato ad affrontare i possibili ostacoli. Certo essendo alle prese con un mezzo diverso da quello televisivo a cui ero abituato ho dovuto cambiare visuale ed affrontare la cosa con una certa dose di umiltà. Ti dirò anche che la persona che più mi ha incentivato a fare il film è stato Claudio Bonivento, un grande autore e produttore, per dirti è il produttore di “Mary per sempre” (1989, regia di Marco Risi basato sul romanzo di Aurelio Grimaldi – ndr), lui che era nello speciale su Pino che realizzai per Unici, è stato anche il produttore di “Blues metropolitano” film del 1985 con la regia di Salvatore Piscicelli, che aveva come interpreti artisti quali Pino Daniele (nella parte di se stesso), Tony Esposito, Tullio De Piscopo e ci sono anche io come attore. Bene, Claudio mi disse che avrei dovuto farlo io un film su Pino Daniele, prima che lo avesse fatto qualcun altro e mi portò come esempio il film su Ami Winehouse. Ovviamente sono film completamente diversi, ma è stato un esempio per poter utilizzare anche materiale non eccezionale ma utile per la carica emotiva che trasmette.
Hai realizzato anche un libro insieme ad Alessandro, il figlio di Pino Daniele. Per te chi era Pino Daniele?
Era un grande personaggio, con un carattere anche spigoloso. Non era una persona facile. Qualche volta abbiamo anche litigato e credo di essere una delle poche persone a cui lui abbia chiesto scusa. Ma la cosa importante da dire è che lui è stato un grandissimo innovatore musicale e poetico, anche inconsapevolmente. Mi da fastidio quando sento dire a gente che neanche lo conosceva che Pino Daniele era un loro amico. È stato un mio amico, anzi c’è stato un periodo della nostra vita in cui siamo stati molto amici ed è il periodo che racconto di più nel film, vale a dire il periodo tra l’81 e l’84. Pensa il mio primo speciale per Rai 3, è stato proprio su Pino Daniele e si intitolava “Tutta n’ata storia”. Si, eravamo amici ed ero amico anche del suo vecchio manager, Willy David che detto francamente è quello che ha fatto le cose più importanti con Pino, non me ne vogliano gli altri. Si, ho avuto una lunga amicizia con Pino, poi ci siamo un po’ perduti ma ci siamo anche ritrovati e ogni tanto ci riproponevamo di fare qualcosa insieme. L’ultima volta che ci siamo visti a lungo è stato sul palco di “Tutta n’ata Storia”a Napoli, ad inizio gennaio 2013. Eravamo tutti nel suo camerino Tullio De Piscopo, Gli Osanna, La Nuova Compagnia di Canto Popolare, e mi ricordo che mentre suonavano gli Osanna, lui mi prendeva in giro dicendomi “e tu si’ beat, si’ rock…” e c’era la figlia Sara e il figlio Alessandro e poi c’era anche Mario Martone che in un’altra occasione mi disse ” hai visto? Lui con tutti loro sono proprio come Buena Vista Social Club, bisognerebbe fare qualcosa”. Allora dissi a Pino che prima o poi avremmo dovuta fare qualcosa insieme e lui mi rispose “e… ce sta tiempo, ce sta tiempo…”.
Per chiudere su quali progetti stai lavorando?
Mi hanno proposto un altro film, poi devo dire che aspetto la messa in onda del film Pino Daniele – Il Tempo Resterà su Rai 3 domenica 17 settembre, peraltro va al posto di Fabio Fazio, un onore ed un onere, poi ci sarà una puntata di Unici su Renzo Arbore che andrà in onda a Novembre e tu sai che sono stato suo allievo, ho iniziato con lui, quindi è una cosa a cui tengo molto.
Grazie Giorgio per la disponibilità e il tempo che hai dedicato a questa intervista per il nostro giornale.
Nicola Olivieri