Vico Masuccio: “folkster” salernitani al loro esordio discografico
Se non fosse stato per il Record Store Day, probabilmente, non avrei avuto occasione di conosce i Vico Masuccio, cinque giovani musicisti molto preparati e molto folkster, come loro stessi amano definirsi. In quella occasione hanno presentato dal vivo Il loro primo disco ”Ogni bene rint a ogni vico”, e lo dico subito e senza mezzi termini, è un eccellente esordio!
Sarebbe un errore confinare il disco in area folk solo perché cantato in dialetto. Certo il folk è la loro confort zone, ma la definizione di folkster è più che mai calzante perché di alternativo e moderno in questo disco c’è tanta roba. Non è facile muoversi in quest’ambito dal momento che il folk alterna ciclicamente periodi di grande popolarità a periodi di scarsa attenzione di pubblico. Eppure i Vico Masuccio hanno deciso di restare in quest’area e lo fanno con molta perizia e consapevolezza, riuscendo a contaminare positivamente il genere tradizionale con rock, blues e altre forme epressive. Impossibile non notare che la musica dei Vico Masuccio si rifà a quel folk-rock che ha reso celebri molti artisti napoletani degli anni 70, ma le loro sono nobili citazioni e non banale operazione nostalgica. Il suono dei Vico Masuccio, le loro armonie, la timbrica del canto, così come gli arrangiamenti e i testi, sono molto moderni ed attuali e si rivelano come una di quelle sorprese che non ti aspetti, soprattutto in un panorama musicale dove l’autoproduzione sembra guardare solo nella direzione dell’indie rock. E invece i nostri folkster con questo ”Ogni bene rint a ogni vico” dimostrano che tradizione e modernità possono convivere benissimo e senza darsi fastidio.
Dopo il breve concerto ho scambiato quattro chiacchiere con Antonio Amatruda, voce e fisarmonica del gruppo.
Come ti è sembrato questo Record Store Day?
Magnifico! Il nostro primo Record Store Day. Ne vogliamo fare altri in futuro.
Raccontaci brevemente la storia dei Vico Masuccio. Come nasce il gruppo?
Antonio Amatruda, io, parte e va a Bologna per lavoro (sono infermiere e lavoro in cardiologia), in compagnia di Gianluca Alberti , amico e musicista. I rapporti con i miei amici bolognesi erano molto buoni, ma la nostalgia era forte e la voglia di Sud tanta. Per alleggerire questo carico emotivo, io e Gianluca, ascoltavamo Avitabile, Senese, Pino Daniele… ma non bastava, e così abbiamo cominciato anche a suonare insieme. Pochi accordi per ogni canzone, tutto molto essenziale e scarno. Poi c’è stato il trasferimento a Salerno e da quel momento tutto è cambiato. Qui ho conosciuto Mario Lambiase (basso), Giovanni Montesano (chitarra), Luigi Sola (chitarra) ed Emilio Melfi (batteria) e abbiamo cominciato a suonare come gruppo. I nostri pezzi sono diventati sempre più strutturati, fino a diventare abbastanza maturi e così siamo riusciti a mettere insieme il materiale per il primo disco.
Quale è il sound dei Vico Masuccio?
Ognuno di noi ha fatto le proprie esperienze artistiche, tutte diverse, e il nostro suono è la mescolanza di quello che ci portiamo dentro grazie a queste esperienze. Qualcuno di noi (non ricordo chi) ha detto che siamo dei “folkster”, e questa definizione mi piace molto perché sì, il folk c’è ma non è solo. È in compagnia di tante altre forme espressive. Ci piace esplorare territori alternativi, quindi folk con venature rock, blues, ma anche mischiato con l’Hip Pop ad esempio. I testi affrontano temi di vita vissuta, temi che riguardano il sociale e quindi cantiamo l’immigrazione, la necessità di andare via per cercare lavoro, la terra dei fuochi ma anche temi più intimi come la fede, sì perché fina a quando le cose vanno bene è tutto ok, solo quando ci capita qualcosa di brutto preghiamo. Però tutto parte dal Sud e ”Ogni bene rint a ogni vico” ci rappresenta molto.
Ascoltandovi mi ritrovo in tutto quello che hai appena detto. Ma il vostro suono è anche una bella citazione del “neapolitan power” degli anni 70: I fratelli Bennato, Pino Daniele, la Nuova Compagnia di Canto Popolare, Teresa De Sio, Tony Esposito…
Devo dire che hai molto orecchio. Sì, hai perfettamente ragione, perché musicalmente parlando, per quel che mi riguarda, ho guardato proprio in quella direzione. Veniamo da lì. Quegli anni sono stati anni importanti e i nomi che hai citato sono stati riferimento assoluto per tanti musicisti venuti dopo. Io sono nato negli anni ottanta e se ascolto musica composta prima della mia nascita un motivo ci deve essere. Ovviamente la musica non si è fermata lì e i musicisti venuti dopo ne hanno fatto tesoro.
Questo disco è stato autoprodotto?
Sì, ci è costato tanta fatica e i pochi soldi di cui disponevamo sono stati investiti tutti in questo progetto. Non è rimasto molto per la promozione, quindi contiamo sulle nostre forze e sulla stima delle persone a cui piace la nostra musica. La rete fa la sua parte, sicuramente importante, ma abbiamo bisogno di essere sostenuti.
A parte i concerti, state già lavorando al prossimo disco?
Al momento siamo concentrati su ”Ogni bene rint a ogni vico” ma posso anticiparti che c’è già del materiale pronto per il secondo disco. Ci stiamo lavorando.
Nicola Olivieri
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