Il Papa che vorrei

di Giuseppe Moesch-

Credo che il titolo di questa riflessione possa apparire inadeguata e contraddittoria rispetto alle mie convinzioni sulla vita e sulla religione, tuttavia considerata la rilevanza che il ruolo assegna a quella figura, ritengo sarebbe bello poter influenzare quella scelta.
Da quando i Sumeri hanno inventato la scrittura, dando un senso al tempo, abbiamo avuto modo di avere coscienza di quanto era avvenuto nei millenni passati attraverso i miti e le tradizioni orali che i vari popoli avevano tramandato. In quei tempi, le paure ancestrali per incomprensibili fenomeni naturali, avevano portato gli uomini ad identificarli con altrettante divinità, e fino ai tempi dei romani, il panteon si è arricchito di altrettante figure che permettevano di spiegare quegli stessi eventi.

Ignorando l’evoluzione si preferì pensare che le varie attività umane fossero state offerte agli uomini da entità superiori e le superstizioni continuarono anche quando si tentarono le prime codificazioni nei testi sacri tra gli stessi Sumeri, poi Babilonesi, poi Egizi, Ebrei, Cristiani e Mussulmani, e tutti cercarono di superare quelle idee tentando di eliminare gli idoli, fino alle lotte derivanti dal culto delle immagini sacre che andò sotto il nome di iconoclasta.

Oggi assistiamo alla crescita abnorme di tali simboli, nuove apparizioni, lacrimazioni, miracoli vari, senza una chiara posizione della Chiesa di fronte a comportamenti facilmente riportabili a fenomeni primitivi che rasentano la magia.
Temi come il concetto di infinito o di come sia iniziato tutto, hanno arrovellato le menti dei nostri maggiori e solo in tempi recenti, con i nuovi strumenti a disposizione della scienza, stiamo cominciando a capire qualcosa sui buchi neri e sulle loro continue trasformazioni, anche se personalmente sono troppo ignorante per afferrare pienamente il senso delle nuove teorie.

Ma non solo, l’idea del nulla dopo il fine vita, e quindi lil desiderio di ottenere una risposta alla paura della morte, ha da sempre amplificato la necessità di cercare la soluzione nell’esistenza di un mondo ultraterreno, proiezione di quello in cui viviamo, dove le iniquità, le violenze e le ingiustizie non solo non ci sarebbero state, ma dove il capo, il creatore, avrebbe messo a posto tutto.
Ed ecco quindi dal benessere materiale, alla beatitudine della visione di Dio, ai fiumi di latte e miele, l’offerta si è ampliata con funzione politica, per tenere sotto controllo le genti e riuscire a gestire il potere terreno; la religione assume così un ruolo essenziale nella storia dell’Umanità e l’organizzazione della liturgia assurge a sistema indispensabile per permettere quel controllo.

Se dovessimo pensare alla nomina di un capotribù di un’isola del Pacifico dove si pratica ancora il cannibalismo, sarebbe giusto sapere quale siano le previsioni per il futuro, ed altrettanto credo sia interessante quanto avviene per un soggetto a capo di una comunità, come quella cattolica, che viene stimata come la più numerosa ascendendo ad oltre 1,3 miliardi di uomini, consapevoli che sono oltre 2,4 miliardi gli uomini che si riconoscono nel cristianesimo tra ortodossi, protestanti ed altri gruppi minori.

La figura del Pontefice appare quindi come una di quelle particolarmente rilevanti, ed anche se oggi è privo di armate e di flotte, è in grado di assumere un ruolo straordinariamente rilevante, nel sistema degli equilibri globali, ovviamente se rappresentato da una figura carismatica ed autorevole. Dopo oltre duemila anni, il duecntosessantaseiesimo successore di Pietro, può essere giustamente considerato come il primo di una nuova epoca, ovvero quella digitale che stiamo vivendo.

L’uomo che veniva dalla fine del mondo, come egli stesso si definì, scelto dal collegio cardinalizio, venne individuato dopo una serie di pontefici, a partire da Giovanni XXIII,  compresa la fugace presenza di Giovani Paolo I che, con alternanza di posizioni apparentemente non necessariamente coerenti tra di loro,  che hanno caratterizzato gli ultimi cinquant’anni della nostra storia.

L’organizzazione della Chiesa Cattolica è profondamente verticistica: il Papa nomina i Cardinali che, alla sua morte, eleggeranno il nuovo Papa. I porporati, messi a capo di dicasteri, contribuiscono alla gestione del potere ma in posizione gerarchicamente sottoposta alla volontà del sovrano. Anche se nel tempo si è affievolita questa struttura, i Cardinali non sono rappresentativi di una comunità, come avviene ad esempio per senatori, deputati, consiglieri comunali o regionali, ma figure prossime al sentire del primate, ed alla Sua visione politica della Chiesa.

Per secoli sono state le famiglie nobili a fornire la materia prima in termini di risorse umane, per la gestione del papato e le rivalità tra le varie casate indirizzava i comportamenti dei Cardinali e dello stesso Papa.
Molto è cambiato da quei tempi ed oggi, la maggior parte dei componenti di quel gruppo eminente è scelto su base meritocratica, anche se anche in quel Club esclusivo non manchino cordate, tuttavia la preparazione dei membri appare assai elevata.

Per le caratteristiche della struttura, ogni Papa cercherà di circondarsi di collaboratori in sintonia con il proprio pensiero e lo farà anche annacquando la percentuale di quelli che non sono allineati, eredi magari di nomine di precedenti pontefici, e nominandone di nuovi più allineati con la propria visione. Il Papa lo ha fatto in dieci Concistori in dodici anni creandone ben 163; attualmente i cardinali viventi sono 252 e di questi gli aventi diritto al voto sono 135 ,dei quali 108 sono quelli creati da Francesco.
Questo allargamento ha fatto credere al mondo ad una forma di democratizzazione dell’intera organizzazione, ma in realtà è stata una operazione per tentare di garantire la continuità della propria linea politica.

In effetti la scelta di nominare Cardinali in molte parti del mondo può apparire come la volontà di ampliare lo spazio della penetrazione della Chiesa cattolica, ma in realtà creare un Cardinale che rappresenta un migliaio di fedeli e non imporre la berretta ai vescovi di città come Milano, Venezia, Torino, Bologna e Palermo è un chiaro segno di come questo Pontefice abbia inteso la rivoluzione democratica del Club.
È facile comprendere che nonostante rappresentino la maggioranza degli elettori, e potrebbero formare da subito il quorum necessario, tuttavia non ci troviamo di fronte ad una struttura monolitica, ma assai più variegata e consapevole di quelle che sono oggi le esigenze dei popoli confusi per le guerre e le tensioni sociali.

In presenza del dimissionario teologo e grande filosofo della chiesa, Ratzinger, il Papa Francesco ha saputo leggere il divenire dei tempi usando i nuovi strumenti della comunicazione per la sua opera di proselitismo e di rilancio di una comunità che sembrava smarrita e non più desiderosa di seguire la via tracciata nei millenni precedenti.

Il tentativo di ritornare alla purezza della legge iniziato da Gesù, con la cacciata dei mercanti dal tempio, lo ha spinto alla ricerca di quegli ultimi, dei poveri e degli oppressi, comprendendo fino in fondo quale fosse il bacino dal quale attingere per rilanciare le proposte della Chiesa.

Il Papa dei social ha saputo parlare con fermezza, in alcuni casi con estrema durezza, al mondo intero pur restando profondamente conservatore, attraverso atti che sembrano apparire come profondamente innovativi, un Papa quasi rivoluzionario in alcune sue manifestazioni, ma che in realtà sono semplici enunciazioni dettate dalla logica dei social.
Cominciamo dai simboli: le pantofole rosse, l’appartamento e l’auto di servizio sono stati i primi segnali che il nuovo Pontefice ha voluto consegnare al mondo per far comprendere come intendesse portare avanti la propria azione. In seguito, riducendo gli stipendi dei vertici vaticani, per capirsi, i Cardinali, ad esempio, che hanno visti gli stipendi scendere a cinquemila euro;  rinunciando poi al suo stipendio, che era per il predecessore di duemilacinquecento euro.

Certamente non avrà risentito dell’aumento della benzina o delle bollette, ma comunque sarebbe interessante capire, come sia riuscito a donare, dal suo conto privato duecentomila euro al panificio dei reclusi di Casal del Marmo, avendo rinunciato al suo stipendio papale, mentre un impiegato del catasto neanche a fine carriera riesce a mettere insieme una tale cifra. Saranno forse i risparmi di una vita, ma allora significa che per il resto della sua vita in Argentina non aveva avuto modo di estrinsecare la sua vena benefica.

Un Papa social, anche quando introduce elementi innovativi nella struttura dello Stato Vaticano.
Riduce il numero dei dicasteri e ne affida due a donne: quello per i “Laici, la famiglia e la vita” affidato a Suor Brambilla, e quello per “La cultura e l’educazione,” alla Biblioteca, che può essere assimilato quasi ad un dicastero, affidato a suor Raffaella Petrini, segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, ed inoltre nomina suor Yvonne Reungoat, Fma, già superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e Maria Lia Zervino, presidente dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, tutte e tre destinate ad essere partecipi nel processo per eleggere i nuovi pastori diocesani.

Altrettanto singolare era apparsa la nomina di Andrea Tornielli a direttore editoriale del dicastero per la comunicazione: discusso giornalista, sembrerebbe anche mago, in arte noto come Joseph Thornborn.
In base all’ordinamento vigente però, la potestà di governo discende dalla potestà d’ordine, e quindi chi ha ricevuto l’ordinazione può governare, chi non l’ha ricevuta non può. In effetti si tratta di una manifesta volontà di innovazione che però è solo immagine.
È per tale motivo che l’ipotesi del diaconato femminile non viene affrontato come richiesto dal mondo femminile: le donne sono importantissime, come lo stesso Francesco afferma rivolgendosi alla Presidentessa del Gemelli, brave a gestire e coordinare, ma nel Club sono i maschi che comandano.
Nessuna rappresentatività della collettività sottesa ma solo adesione al pensiero dominante. I nuovi Cardinali, nella logica vaticana, sono paragonabili ai rappresentati de i 5 Stelle: 1 vale 1.

Grande attenzione anche a temi che sono diventati virali come ad esempio quello espresso dalla comunità LGBT+, che appaiono come centrali nella nostra società. Ecco allora la benedizione veloce alle coppie omosessuali, ma di fatto nessun riconoscimento,  la fonte di grosse polemiche all’interno della comunità, poi il Pontefice vede poi  nella famiglia tradizionale, e nella procreazione e nella difesa della vita il suo centro motore.
Il rivoluzionario Bergoglio ha affrontato anche il tema dei preti pedofili: troppa rocaggine nei seminari, in contrapposizione all’attenzione rivolta al mondo gay e nessuna espulsione dei prelati che hanno coperto le nefandezze perpetrate anche a taluno di loro. I panni sporchi si lavano in famiglia. Nessuna chiara presa di posizione su casi come quelli di Manuela Orlandi e sulla sparizione di Mirella Gregori, e quando la Commissione Parlamentare Bicamerale d’inchiesta su quei temi cercò di indagare, ci fu da parte del promotore di giustizia vaticana Diddi il diniego a collaborare ritenendo “un’eventuale commissione un’-intromissione perniciosa- nelle indagini vaticane.”
Sarebbe stato forse opportuno aprire gli archivi per dare risposte a quesiti che ci affliggono da decenni, sulla base di quei valori ecumenici che caratterizzano il Club. Ma si sa la Ragion di Stato…

Il Papa dei social non poteva fare molto diversamente da quanto propone la lettura univa della condizione delle guerre nel mondo, quelle più note e quelle occulte o oscurate dai media perché non appartenenti al mondo che conta, ovvero a quello occidentale. Così, mentre la martoriata Ucraina è stata fin dall’inizio nei pensieri del Pontefice, il vile attacco terroristico di Hamas con il supporto iraniano, è stato silenziato, attribuendo ad Israele il genocidio di poveri palestinesi, trascurando che gli aiuti internazionali erano stati dirottati da quei terroristi alla realizzazione di oltre 600 chilometri di tunnel sotterranei, trasformando scuole, ospedali e moschee in sedi di comando e depositi di armi. L’antica rivalità tra le due religioni, quella ebraica in passato accusata di deicidio e la necessità di tenersi buono il mondo mussulmano, sono state le ragioni che sembrano spingere al riacuirsi di antiche fratture, pregiudicando le possibilità di risoluzione dei problemi.

Un mondo attento ai gesti non può non aver apprezzato che, nel giorno del Suo compleanno, il Pontefice abbia fatto preparare trecento torte da distribuire ai poveri, come non meno importante sia stata la realizzazione di toilette e barberie per i meno abbienti, ma considerato l’enorme patrimonio abitativo a Roma, forse sarebbe opportuno destinarne una parte ad alloggio proprio ai senza tetto che lo accoglieranno a Santa Maria Maggiore, lontano però da San Pietro dove si svolgerà lo show mediatico dei colleghi potenti della terra, accompagnato dai Cardinali, sfarzosi biglietti da visita di un passato che si sarebbe dovuto dissolvere nella ritrovata umiltà.
Non faccio parte del Club e quindi dall’esterno guardo al prossimo conclave come punto di ripresa di un ruolo che la Chiesa Cattolica ha saputo svolgere in passato.

Il giudizio su questi dodici anni di gestione del papato lo lasciamo agli storici del futuro che sapranno, spero non con spirito di parte, leggere in tutta la loro ampiezza gli eventi che osserviamo oggi con la miopia della cronaca.
Nella Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello,  vi è la prima rappresentazione in mosaico del Giudizio Universale, sulla porta della chiesa. La scelta della collocazione è un monito per coloro che avendo ascoltata la messa, tornano alle attività di tutti i giorni. Sono certo che i Cardinali che si riuniranno nei prossimi giorni sotto il più noto affresco michelangiolesco, sapranno riflettere sui segni che questo mondo disperato viene lanciando e, seguendo le riflessioni di un prestigioso esponente di quel consesso, il Cardinale Müller, sappia ritrovare la strada a prescindere dalle mode.

*già Professore Ordinario presso l’Università degli studi di Salerno

Giuseppe Moesch Giuseppe Moesch

Giuseppe Moesch

Napoletano, già professore ordinario di Economia Applicata, prestato alla politica ed alle istituzioni nazionali ed internazionali, per le quali ha svolto incarichi e missioni viaggiando in quasi cinquanta Paesi attraversando l’umanità che li popola. Oggi propone le sue riflessioni scrivendo quando non riesce a capire quelle degli altri.

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