Vita da cani
di Giuseppe Moesch-*
Tutta la vita con i cani; da Papele, un fox terrier, a Cicci e Lilli, due barboncini di taglia media, poi Cuki che era una specie di volpino, di quelli che in Puglia si vedevano trotterellare accanto e sotto ai carretti dei contadini che trasportavano i loro prodotti al mercato, quindi Miki, un volpino di Pomerania, Terry, un fox terrier bianco marrone e nero, poi Cicca, una labrador fulva, poi Margot, una splendida labrador nera con tendenza già da piccola alla pinguedine e il più recente, Ghilga, anche lui labrador, ma bianco il cui nome è un omaggio alla divinità, mitico re di Uruk.
Cuki e Miki appartenevano alla mia prima moglie, Lucia: il primo glielo aveva regalato lo zio che lo aveva raccolto durante una battuta di caccia. In effetti usciva presto all’alba, quando aveva del tempo libero, con i cani ed il fucile, ma non credo che da anni avesse sparato molto, preferendo camminare per i campi e solo raramente portando a casa qualche preda, ma solo se si trattava di qualcosa di particolare, preferiva infatti raccogliere funghi o erbe spontanee che avrebbe poi fatto cucinare dalla vecchissima zia, sotto forma di gustose minestre. La piccola cucciola l’aveva trovata in una delle sue passeggiate e, intenerito, aveva deciso di raccoglierla e regalarla alla nipote.
Quella bastardina si era affezionata anche a me da quando iniziai a frequentare la casa; amava i confetti che le nascondevamo per indurla a cercarli, talvolta lanciandoli per vedere le sue acrobazie per prenderli al volo, talvolta imbrogliandola, lanciandole dei pezzi d’aglio che risputava delusa e disgustata.
Morì che aveva una decina d’anni, con grande dispiacere di tutti, cosa che ci indusse a cercare un nuovo bastardino nelle campagne del foggiano.
Iniziammo la nostra ricerca chiedendo in tutte le fattorie tra Foggia e Lucera, ma senza esito. Solo una donna ci disse che ne aveva da vendere e dopo qualche minuto ritornò con un minuscolo coniglio a seguito del malinteso tra la parola cuccioletto e cuccërinjë, che in dialetto foggiano significa appunto coniglio.
Delusi ritornammo a Napoli dove in un negozio di animali trovammo un volpino di Pomerania che era assai simile per forma e struttura a Cuki, ma a differenza di quello defunto non era rossiccio ma tutto bianco.
La scelta del nome fu assai facile perché, come avevamo letto, era preferibile sceglierne uno breve e squillante e la scelta di Miki fu veloce, anche perché ricordava in qualche modo il predecessore.
Quando nacque Claudia, mia figlia, Miki la adottò e viceversa e la simbiosi continuò fino a quando ormai vecchissima, la cagnetta morì, lasciandoci addolorati con il fermo proposito di non prendere più altri animali in casa con noi.
Il problema dei fermi propositi è che confliggono con i nostri sentimenti ed in particolare con quelli di mia figlia che ad ogni cane che vedeva si fermava per accarezzarlo e per chiedere di avere un nuovo compagno.
Un giorno, tornati a Napoli per trovare i parenti, passammo per via Cilea, ed in un negozio di animali, una intera cucciolata ci scodinzolava dalla vetrina: trattenere Claudia fu impossibile.
Ci costrinse ad entrare e al primo sguardo scelse un cucciolo che le si era avvicinato e ci chiese di tenerlo; si agitava freneticamente, la leccava, guaiva, fu amore a prima vista e fu proprio per la sua vivacità che noi indecisi accettammo la nuova schiavitù. E lei decise di chiamarlo Terry, perché lo considerava terribile.
Verso la fine degli anni ottanta, decidemmo di trascorrere un fine settimana a Saturnia, suggestiva località termale, prendendo alloggio in un piccolo albergo a conduzione familiare.
Eravamo andati con Mauro, già noto e stimato giornalista della Rai, successivamente deputato, a cui mi legava una solida amicizia e la comune militanza politica, e passavamo normalmente molto tempo insieme, non solo per affrontare i temi politici che si affacciavano alla ribalta, ma anche per recarci, in giro per il Lazio che era all’epoca il collegio elettorale, a meno della provincia di Rieti, partecipando a riunioni di partito, incontrando i simpatizzanti e raccogliendo le istanze che sollecitavano i nostri interventi nelle sedi istituzionali. Ovviamente eravamo sempre coinvolti nelle cene che avevano organizzato, talvolta a casa degli amici, dove ci rimpinzavano come polli all’ingrasso, con tutte le specialità delle varie località. Diverse volte capitava di andare in due paesi confinanti o quasi, ed in alcuni casi ci toccò di dover cenare due volte, ed una volta tre, per non dispiacere i nostri ospiti, nonostante i nostri tentativi di rifiutare.
Oltre a noi due in macchina c’era sempre Valeria, la sua segretaria particolare, e spesso Paolo, un consigliere comunale di Colleferro, che conosceva bene le strutture politiche laziali.
Queste erano le ore più piacevole di quelle galoppate notturne; ancora oggi mi oriento più facilmente di notte per le strade laziali, grazie a quei viaggi in lungo e in largo per la regione, e la cosa più divertente erano i commenti su quello che era accaduto durante i nostri incontri. Una volta fummo partecipi dell’elezione di un concorso di bellezza in uno di quei piccoli centri dove le candidate erano caratterizzate dalla comune caratteristica di fattezze fisiche non propriamente da pin up. La giuria composta da amici del potente locale elesse, spinta da piaggeria, la figlia del suddetto tra gli schiamazzi e le risa del pubblico che non approvava la scelta.
In macchina, rilassati, si cantava, e Mauro di ascendenze napoletane, mi chiedeva di cantare le più note arie del repertorio classico partenopeo a formare poi un coro non sempre rispettoso delle aspirazioni degli autori. All’epoca avevo una voce intonata, ma purtroppo priva di colore, come ebbe a dire una volta un organizzatore di eventi musicali a cui Mauro aveva chiesto di esprimere un giudizio sulle mie performance, ma alla fine non ci importava se non di far trascorrere il tempo per il ritorno a casa.
Con Mauro c’era la moglie Fiffi ed il figlio Lorenzo, coetaneo di mia figlia e con mia moglie e me c’era anche Terry.
Passammo la giornata nella struttura connessa al grande albergo attrezzato con dei percorsi con acque a differenti temperature, e nella caldissima piscina e a prendere il sole sui prati perfettamente tenuti, intervallati da uno spuntino al bar e da bibite rinfrescanti.
La sera ci recammo a cena in un ristorante rinomato dove già allora si sperimentavano menù gourmet degustazione. con assaggi di portate raffinate, accompagnate da vini di marche non sempre conosciute ma di qualità eccezionale; sarei ritornato più volte in quel luogo anche se nel tempo la fama aveva reso il luogo un’attrazione con prezzi che erano diventati man mano più proibitivi.
L’indomani dopo un’altra fugace visita alle terme ci recammo a visitare alcune delle tombe etrusche presenti in zona attraversando sentieri tra i boschi che suscitavano incredibili suggestioni tra magia e fantasticherie su quelle popolazioni che li avevano abitati assai più di duemila anni prima, per poi ritornare all’oggi per recarci a visitare delle case, villette mono e bifamiliari, che erano in costruzione nella zona.
Mauro voleva comprarne una anche se non necessariamente in quel luogo, una sorta di buen ritiro, ma non erano certo quelle le tipologie; avrebbe voluto che anch’io potessi fare quella scelta, per avere uno spazio comune, ma non solo non avevo la possibilità finanziaria, ma non era quella certamente la scelta che avrei fatto.
Entrammo in quelle case in costruzione, tutte assai razionali ma tutte assolutamente identiche, entrammo ed uscimmo dall’una per rientrare in un’altra.
Il cane libero dal guinzaglio scorrazzava tra i vari ambienti, seguendo noi o mia figlia, mentre Lorenzo, annoiato, era già fuori, quando ad un tratto entrando in una stanza sentendo rumori fuori dalla finestra continuò nella corsa saltando forse su una cassa presente imboccò la finestra aperta precipitando in basso dal primo piano.
Un urlo dall’interno da parte nostra ed uno da parte di Lorenzo che era stato il cuscino che aveva ammortizzato la caduta di Terry precipitatogli sulle spalle, senza particolari danni ad entrambi, ma solo un grosso spavento collettivo.
Avremmo ricordato spesso questo episodio, fino a quando cioè, dopo due o tre anni, a distanza di poco più di un mese l’uno dall’altra, Mauro e Lucia morirono; ma questa è un’altra storia.
- già professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno
