Rivive l’AraCoeli nella Domenica delle Palme

Una domenica delle Palme di grande musica, quella offerta dalla Fondazione Domenico Bartolucci, in sinergia col Sacrum Festival e l’ Orchestra dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, nella cornice solenne della Basilica di Santa Maria in AraCoeli, in occasione del Giubileo della Speranza. Giubileo ha l’essenza della gioia nell’etimo, oltre, naturalmente il corno ebraico lo jobel Il termine “giubilo”, a cui molti darebbero la stessa origine di giubileo, in realtà deriva dal latino tardo iubĭlum, ed indica il sentimento d’intima e intensa gioia, manifestato nelle parole e negli atti.

Parole e musica domenica sera, con un consapevole demiurgo, quale è stato il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli, che si è posto alla testa dell’Orchestra della Istituzione Sinfonica Abruzzese, del quale è direttore musicale principale, dell’International Opera Choir, preparato da Giovanni Mirabile e di un quartetto di voci, composto dal soprano Federica Guida, dal mezzosoprano Irene Molinari, dal tenore Raffaele Abete e dal baritono Armando Likaj. Concerto istituzionale affidato alla presentatrice Elena Parmegiani e aperto dai saluti e dalle riflessioni dell’Onorevole Dario Nanni Presidente della Commissione Giubileo, di Alessandro Biciocchi, segretario della Fondazione Cardinale Domenico Bartolucci, che ad ogni evento propone un’opera del Maestro della Cappella Sistina, omaggio e divulgazione di un segno compositivo alto, espressione di un intero secolo di musica, unitamente a Bruno Carioti Presidente dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, che accetta sfida e impegno per restituire al grande pubblico le partiture, il quale con questo concerto, che ha avuto il suo preludio nella cattedrale di San Bernardino da Siena in L’Aquila, ha sigillato aureamente il cinquantesimo cartellone dell’Isa. Posto d’onore per la madrina dell’iniziativa, la Principessa Maria Pia Ruspoli, e con lei i nomi più carismatici dell’aristocrazia capitolina, dai principi Flavio, Daria e Isabella Borghese, delegati dell’Ordine Costantiniano, i Gargallo, i Muzj di Fontecchio, i Carrassi del Villar, i Giovanelli, i Ruffo di Calabria, e ancora i Von Rex, i De Lorenzo, quindi, Sua eccellenza Reverendissima Cardinale Dominique Mamberti, Presidente onorario della Fondazione Bartolucci, con il Presidente Franco Biciocchi, Padre Luciano De Giusti Padre Provinciale Ofm, l’Architetto Ludovico Vernazza, Direttore generale della San Colombano, sponsor dell’evento, il Senatore Michele Fina, Tesoriere Nazionale del Pd, e una miriade di ambasciatori presso la Santa Sede e in Italia, Everton Vieira Vargas per il Brasile, Ilgar Muxtarov e Rashad Aslanov, l’Azerbaijan,  Elta Gavele, Lettonia, Matiaz Longar, Slovenia, Bassam Essam Radys Egitto, Philippe Orengo, Principato di Monaco, Mirjana Jeremic, Serbia, Mirta Granda Averhoff, Cuba, Ettore Sequi, già segretario Generale della Farnesina e diverse personalità del mondo della Cultura, tra cui la voce di Roma, Elena Bonelli, Daniela Traldi Presidente della Conferderazione Lirica, con Stefano e Manuela Traldi Presidente della Camera di Commercio Italo-Azera, il Sindaco della città di Tagliacozzo, nonché Presidente del F.I.M.E. Vincenzo Giovagnorio.

Il concerto è stato inaugurato dal Miserere per baritono, coro e orchestra del Cardinale Bartolucci, con Armando Likaj, voce solista. Momento d’intensissima preghiera questa, per un lavoro che si presentò sin da subito come qualcosa d’importante e complesso, tanto da indurre il Cardinale, nel momento dell’esecuzione, a convocare i cantori molto prima della funzione per “leggere” i passi più difficili, poiché il salmodiare su di una melodia antica non di matrice gregoriana, si alterna a sua volta, sviluppando un proprio dialogo interno tra baritono e coro, elevando una preghiera accorata e suggestiva. L’invito all’ascolto di questo Miserere da parte del compositore e dello stesso Jacopo Sipari di Pescasseroli, il quale ha saputo far sua certa retorica musicale, resta un appello all’ascolto di se stessi, sulle tracce dell’estetica di Ernst Bloch, nonché uno scontro col e per la salvezza del mondo terreno.

E’ questa l’esigenza, di ciò che nella Musica e, nel “farla”, vi sia di artistico. Che la musica alluda all’essenza dell’ oltre e dell’altro e la esprima, non è né un regalo, né una concessione: la musica vuol svegliare il mondo, mai come in questo buio momento, e ce ne siamo accorti, nel “dire” con semplicità del coro, nelle note e nei silenzi coronati, volutamente infiniti dal direttore, nel porgere la parola con naturalezza del solista, nel poderoso finale, che ha chiuso la composizione, quale percezione della grazia divina. La seconda parte della serata è stata dedicata interamente all’esecuzione dello Stabat Mater per soli, coro e orchestra di Gioachino Rossini.

Orchestra Sinfonica Abruzzese in grande spolvero e, in particolare, nell’amalgama tra prime parti dei fagotti e violoncelli, i quali hanno “respirato” insieme, quasi scambiandosi, al nostro sentire, il ruolo di arco e legno, caratteristica attribuibile unicamente alle eccellenze strumentali. Tutte debuttanti le voci in questa partitura, a cominciare dal soprano Federica Guida, voce giovane e in assoluta crescita, che ha conquistato l’attento uditorio con la sua interpretazione dell’ “Inflammatus et accensus”, dimostrando una notevole capacità di espressione e attenzione al testo.

Intenso anche il duetto “Quis est homo”, perfetto nella differenziazione timbrica tra lei e il mezzosoprano Irene Molinari, che è riuscita a creare un contrasto efficace, grazie al suo strumento granitico e di degna ampiezza. All’altezza del contesto anche il tenore Raffaele Abete, dalla voce limpida e dalla buona padronanza tecnica, che gli hanno permesso di ben arrampicarsi sino al re bemolle, nella sua Aria, il “Cuius animam”, risultato facile e squillante, oltre ad essere apprezzato per il suo centrato fraseggio. Lodi per il baritono Armando Likaj, chiamato al doppio impegno, il quale è stato interprete corretto, capace di mescolare enfasi e patetismo nella sua aria “Pro peccatis suae gentis”, senza però cadere nell’eccesso di ieraticità.

Con tecnica solida, oltre a un timbro piacevolmente scuro e a un volume soddisfacente, si è destreggiato efficacemente tra i brani di insieme cogliendo un bel risultato insieme al coro, nell’ “Eia Mater, fons amoris”, così come il quartetto di voci, nei momenti corali a cappella, come nel “Sancta Mater, istud agas”, celebrati come un omaggio a Palestrina, letti con un forte impatto emotivo da parte del direttore. Menzione all’ orchestra e alle sue prime parti, in particolare all’oboe e ai timpani, per gli stupendi colori e al coro per la sua omogeneità, latori entrambi di quelle ondate di suono, in particolare nell’Amen, con cui il direttore ha saputo rendere onore alla drammatica musicalità rossiniana. 

Redazione Salernonews24

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