Quando i disoccupati e gli scappati di casa…
Quando i disoccupati e gli scappati di casa occupano gli scranni dei Parlamenti Europei
di Giuseppe Moesch*
La telefonata tra Trump e Putin dovrebbe sancire domani la fine della guerra tra la Russia e l’Ucraina attaccata quest’ultima già nel 2014 con la perdita della Crimea e poi nel 2022, nella quasi totale indifferenza degli Stati europei.
La fornitura di armi e gli ipocriti sussidi finanziari offerti dagli Stati della UE sono stati il chip postato sul tavolo per poter partecipare al banchetto della futura ricostruzione e gli ultimi previsti impegni, per oltre ottocento miliardi di euro, sono il tentativo di rafforzare singolarmente se stessi nel caso fossero loro i prossimi bersagli dell’autocrate russo, avendo per la maggior parte escluso la possibilità di inviare truppe sul terreno, se non sotto l’egida dell’ONU e sapendo bene che ciò sarebbe impossibile, stante il diritto di veto della stessa Russia.
Dalle prime indiscrezioni sembrerebbe che la Russia vorrebbe inserire tra le clausole il diritto di incamerare le terre occupate pari a circa 130.000 km² ovvero il 22 % dell’intero territorio di quel paese, che è il secondo per dimensione in Europa, con una superficie pari a 603.628 km².
Per comprendere il concetto sarebbe come se la Svizzera, nostra confinante, volesse decidere di occupare una parte del territorio italiano pari in termini di superficie al 22% ovvero a Lombardia, Piemonte e Veneto, ma se lo calcolassimo in termini di estensione rispetto all’intera Italia, sarebbe pari a Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto messi insieme.
Si aggiungerebbe alle altre clausole anche il divieto della presenza di truppe europee ed anche di una milizia di interposizione, segno evidente del retropensiero russo di rinviare il completamento dell’annessione a tempi più favorevoli.
L’astuto venditore di tappeti americano conferma e mantiene così il suo impegno a far terminare le guerre in Medio Oriente ed in Ucraina, accaparrandosi sia una parte delle terre rare e gli investimenti per la ricostruzione in Ucraina spartendosele con la Russia, così come nell’ipotesi di accaparrarsi la striscia di Gaza da valorizzare a fini turistici.
La minaccia dei dazi ha fatto subito accettare lo stato di subordinazione da parte di alcuni Paesi condizione che si è subito manifestata in termini di collaborazione alla lotta alle attività di invasione di uomini e droga, deportando gli immigrati clandestini anche in barba alle leggi vigenti e tentando di rimediare al lassismo dell’amministrazione precedente.
La voglia di operare per accrescere potere e territori si è espressa oltre che nella dichiarata volontà di annettere o acquistare la Groenlandia che però dovrebbe essere difesa dalla Danimarca e da quella stessa Europa che ha saputo così bene resistere a Putin, unitamente alla ventilata possibilità di mettere in ginocchio il Canada, con i dazi e l’intera politica economica.
Compriamo le nuove armi con il beneplacito del governo della vecchia Europa che oggi non lo trova disdicevole; le vecchie le abbiamo fatte usare agli Ucraini, però con la raccomandazione di non farle cadere sul suolo russo altrimenti magari quelli si arrabbiano.
Compriamo le nuove armi in buona parte dagli americani, perché non abbiamo potenziato le nostre industrie elettroniche d’avanguardia.
Compriamo le nuove armi per rafforzare i singoli eserciti senza un reale coordinamento continuando nella direzione di ognuno col suo carro armato, il suo caccia senza alcuna previsione di ottimizzazione delle risorse.
Compriamo le nuove armi con l’ostilità dei popoli che vogliono la pace da Mulino Bianco e si potrebbero svegliare sotto gli stessi droni e gli stessi missili caduti su Kiev.
Un imbianchino nel secolo scorso giocò sullo stesso scacchiere nella convinzione che gli egoismi avrebbero prevalso e non ci sarebbero state reazioni; e così fu.
Come è noto quel pezzo di storia recente finì con sessantasei milioni di morti e fu risolto attraverso una coalizione che comprendeva gli Stati Uniti.
Il capolavoro oggi è stato però quello degli aspiranti leader europei alla guida del mondo occidentale in contrapposizione ad un Trump che li ha ridimensionati in meno di cento giorni, ma fieri di aver legiferato in maniera compatta su zucchine e melanzane tutte rigorosamente cromaticamente uguali e soddisfacentemente lunghi per le brame dei popoli oppressi.
Obersalzberg, Berghof, Adolf Hitler in office seating on his desk. Bavarian national library, Hoffmann phototheque, image number hoff-1956. Picture of 1936, published in IB in 1937, special issue titled : Adolf Hitler’s Germany.Heinrich Hoffmann. Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 de
