Un viaggio nella Salerno undergound: Un Pezzo a OttoMani
di Maria Beatrice Russo-
Gli incontri OpenClass, promossi dal professor Alfonso Amendola, tornano a far dialogare Università e il territorio salernitano.
Il 20 febbraio l’Università degli studi di Salerno ha ospitato un incontro e video-racconto della Salerno Underground. L’occasione, in cui gli studenti dell’Università degli Studi di Salerno hanno potuto dialogare con i fautori del progetto artistico, tra mockumentary e videoclip, “Un Pezzo a OttoMani”. Così Gennaro Sica, in arte Z-AXIS, il videomaker Aldo Galelli, Francesco Ardolino aka Frizzy Pazzy, Daniele Bagnoli aka Danny Kingston e Davide Montefusco aka Puccettone raccontano il recupero di una memoria personale che si intreccia con la storia culturale e sociale della città.
La Salerno Underground aveva accolto i desideri di autonomia e autodeterminazione dei giovani di quei primi anni Duemila, recuperando quel desiderio di occupare spazi per dar vita a luoghi di cultura che li facciano sentire effettivamente ascoltati e compresi. Questi contenitori vuoti ospitano le TAZ, le zone temporaneamente autonome, riconquistandoli. A Salerno la controcultura, all’interno di una ben più ampia rete nazionale, aveva cercato di rendere la città una realtà più inclusiva.
È in questo scenario che un gruppo di amici, quelli che oggi danno vita ad OttoMani, vive in una casa a Canfora dove quattro di loro realizzano un brano, a otto mani appunto che non è mai stato pubblicato. Quel brano è oggi recuperato dando vita al mockuclip, in cui il brano diventa un pretesto per raccontare le vicende di un gruppo di amici che cercano di dar vita a qualcosa di rilevante nella loro città. Nel documentario compaiono alcuni artisti ormai di grande fama come Clementino, un giovanissimo protagonista di quella scena underground.
Da un hard disk dimenticato per circa diciassette anni il brano è stato casualmente ritrovato e poi remixato. La formula in cui questo risultato viene presentato è alquanto interessante e accattivante, un incrocio tra mockumentary (un falso documentario che imita lo stile e le convenzioni del genere documentaristico) e videoclip da cui il termine, di cui sopra, mockuclip. Un prodotto di cui, rivelano gli autori, tanto è dato dalla spontaneità e da alcune condizioni fortuite, permettendo al contempo di rendere la musica protagonista. La potenza della narrazione porta a confondere facilmente il piano del reale con quello del fantasioso e della creatività, quasi un falso manoscritto di manzoniana memoria.
Una delle letture che si può fare del mockuclip è il concentrarsi sul luogo che ha ospitato per anni questa generazione di giovani universitari (e non), la casa come spazio condiviso e abitato collettivamente. Una riflessione ancora oggi più che attuale, la necessità dei giovani di avere uno luogo che si può vivere come proprio. L’augurio per gli studenti in aula è proprio quello di trovare una dimensione in cui poter coltivare la propria creatività liberamente, senza vincoli. È fondamentale mantenere la propria autenticità per poter realizzare qualcosa davvero pregnante di significato che possa dare frutti nel futuro così come il brano è stato un seme che solo adesso ha potuto germogliare.
