La storia di Chiusi all’interno del Museo Nazionale Etrusco.
A sud-est della provincia di Siena, Chiusi e il suo territorio, conservano testimonianze storiche antichissime, dall’età del Bronzo e quella successiva del Ferro come attestano i ritrovamenti di ricchi corredi funerari che risalgono all’VIII secolo a.C. Importante città etrusca, conosciuta all’epoca come Clevsins (Clusium sotto i romani), era situata in una posizione geografica particolarmente favorevole ai commerci di collegamenti tra Roma e l’Etruria settentrionale attraverso il Tevere e quello che era, in passato, un suo affluente (oggi scomparso) il fiume Clanis. Il territorio, inoltre, si collegava commercialmente anche con il mare attraverso il valico di Tolle e la Val d’Orcia, abbracciando un’area (quella della Valdichiana meridionale) particolarmente fertile. Secondo le testimonianze dello storico romano Servio Mario Onorato (fine IV secolo), Chiusi era una delle più antiche città dell’Etruria fondata da Cluso, figlio di Tirreno, sebbene diverse leggende affermano che sia stata fondata da Telemaco figlio di Ulisse. Personaggi storici, di rilievo come Arunte e soprattutto il Lucumone Porsenna fanno di Chiusi, uno dei più importanti centri della dodecapoli etrusca (costituita da 12 Città-Stato con una alleanza di carattere religioso, economico e militare). Dal IV secolo a.C., Chiusi diviene presidio militare e poi colonia romana, continuando a prosperare economicamente sotto i romani e, successivamente, sotto i longobardi, per poi assistere, dal X secolo in poi a una lenta decadenza del territorio soprattutto a causa della malaria.

Libero comune alla metà XIV secolo, viene successivamente sottomessa alla città di Siena e dal 1556 dominata da Firenze. Grazie a Cosimo I de’ Medici e ai lavori di bonifica della Valdichiana, fino ad allora nient’altro che una estesa palude, Chiusi conosce un nuovo florido periodo. Nel 1831 il gonfaloniere della città, Federico Sozzi, manifesta la volontà di realizzare, in alcuni locali del Palazzo comunale, un pubblico museo al cui interno si raccogliessero i reperti archeologici provenienti dal vasto territorio chiusino. L’Idea, tuttavia, non si concretizza e bisogna aspettare 40 anni, avvero il 28 ottobre 1871, per vedere inaugurato un museo di sole due stanze su via Mecenate (un insieme di collezioni archeologiche private provenienti da alcune nobili famiglie). Si comprende, ben presto, che la città necessita di un museo più grande e, quindi, grazie ai progetti dell’architetto Giuseppe Partini, viene inaugurata la nuova sede museale il 22 agosto del 1901.

L’esposizione dei reperti è andata ampliandosi notevolmente grazie agli scavi intrapresi dalla commissione archeologica di Chiusi capeggiata dal conte Giovanni Paolozzi. Nel 1934, l’edificio, in stile neoclassico, accoglie ulteriori reperti archeologici provenienti dalla collezione della famiglia Mieli Servadio. Dal 1963 la struttura viene donata allo Stato trasformandosi, di fatto, in Museo Nazionale Etrusco di Chiusi, un prezioso contenitore di manufatti che vanno dal periodo dell’Età del Bronzo fino al VI-VII secolo d.C. Già alla fine del X secolo a.C. nell’area in cui sorgerà la futura Chiusi si assiste a un notevole incremento demografico concentrato, in particolare, lungo le vie di comunicazione: si tratta di capanne ovali delimitate da recinzione e di un’economia basata principalmente sull’artigianato di materiali di osso e corno accompagnata dalla coltivazione dei cereali e della vite. Nell’età del Bronzo (IX-VIII secolo a.C.) numerosi insediamenti si stanziano sul colle di Monteverde, sulle pendici di Monte San Paolo e in località la Rocca (si tratta per lo più di capanne). Di tale periodo sono ricche le testimonianze provenienti dalle necropoli di Poggio Renzo e Fornace Marcianella.
La prima sala del Museo espone diversi oggetti legati alla pratica dell’incinerazione, assai diffusa in zona, con cinerario decorato a motivi geometrici con ciotola di copertura e accompagnato dagli ornamenti personali. Sempre in questa sala si raccolgono le testimonianze dell’Età Orientalizzante (VIII-VII secolo a.C.) con una ricca produzione di ceramica locale e di importazioni provenienti dall’Etruria meridionale con la presenza di elementi anche greci e orientali. Tipici di questo periodo sono i buccheri di produzione locale i cui colori tra il nero e il grigio sono dati dall’imperfetto procedimento di cottura dei vasi.
Particolarmente interessante è la produzione locale dei canopi, ovvero cinerari con coperchio figurato a testa umana (VII secolo a.C.) in cui i visi, col tempo, si sono sempre meglio modellati e perfezionati fino ad arrivare all’antropomorfizzazione di tutta l’urna cineraria con la realizzazione anche delle braccia, fino ad arrivare alle statue cinerarie realizzate in pietra fetida.
Da precisare che molti canopi, rinvenuti nel corso del XIX secolo presentano un alterato assemblaggio di più oggetti appartenenti a diversi ossuari. Nella seconda sala sono esposte, inoltre, numerose statue funerarie risalenti al VI secolo a.C.: leoni, figure umane e sfingi realizzati in pietra fetida.
Con lo stesso materiale sono realizzate anche urne e cippi con decorazioni a bassorilievo raffiguranti particolari rituali legati al defunto o anche scene quotidiane della società aristocratica dell’epoca.
Spicca, su un lato della seconda sala, un monumento circolare a gradoni, situato su Poggio Gaiella. Si tratta di un vero e proprio gioiello dell’architettura funeraria etrusca, collocato sulla parte esterna del tumulo, probabilmente realizzato per esaltare la sepoltura di un aristocratico, con bassorilievi in pietra fetida che esaltano le virtù guerriere.
La terza sala è dedicata all’esposizione delle ceramiche in particolare di quella attica dipinta con la tecnica a figure nere su sfondo rosso importata in Etruria da Atene fin dal VI secolo a.C., da cui si origina una produzione locale che imita l’arte dei vasi greci.
Nel VI secolo a.C. si assiste, al contrario, a decorazioni questa volta, rosse su sfondo nero. Sempre nella terza sala si possono ammirare, poi, oltre i buccheri di produzione chiusina decorati a stampo, anche vari oggetti, tra cui candelabri, lebeti, bracieri, statuette e piccoli ex-voto per i santuari, con un settore dedicato anche alla oreficeria.
La quarta sala, molto articolata e complessa ci descrive la storia di chiusi, il suo territorio e le sue numerose necropoli, sparse su tutto il territorio. Ne ricordiamo solo alcune: Poggio Renzo, Paccianese, Montebello, La Rocca, La Pellegrina e la Martinella. Sono descritte le varie tipologie di tombe presenti in zona, da quelle a pozzetto e a ziro, durante il periodo dell’incinerazione, fino a quelle legate al rito dell’inumazione con le architetture tombali a camera.
Sono esposti, inoltre, oggetti e affreschi provenienti dalle tante tombe sparse lungo il territorio di Chiusi, tra cui le pitture parietali di banchetto, asportate dalla Tomba del Colle (470 a.C.), o le urne cinerarie in alabastro (III secolo a.C.) i numerosi sarcofagi presenti nelle camere sepolcrali con figure umane poste sul coperchio (dettaglio prettamente etrusco).
Nella sala sono presenti descrizioni dettagliate di numerose tombe, tra le quali la Tomba della Scimmia, la Tomba del Leone, la tomba della Pellegrina e la Tomba dell’Iscrizione appartenenti alla grande necropoli di Poggio Renzo dalle quali sono arrivati a noi oggetti e sarcofagi. Oltre al particolare plastico in scala 1:25 della Tomba della Pellegrina, suggestiva è la ricostruzione della camera quadrangolare con volta a botte della Tomba delle Tassinaie (150-170 a.C.) con le pareti dipinte e con al centro un sarcofago di terracotta avente, sul coperchio, una figura maschile.
Al piano interrato ritroviamo un ampio spazio dedicato alla storia di Chiusi in età ellenistica (IV-I secolo a.C. dove la città entrò pacificamente nell’orbita romana) e all’esposizione di numerose urne ed urnette, in terracotta con coperchio, il cui defunto è raffigurato in maniera simbolica. Si può notare il nome del defunto proprio alla base del coperchio, mentre sulla cassa ritroviamo scene a rilievo di soggetti mitologici.
Sono presenti, inoltre, due mosaici di particolare bellezza, uno più grande raffigurante Dionisio che cavalca una pantera (II secolo d.C.), e un altro di dimensioni più piccole che rappresenta la caccia al cinghiale calidonio (I secolo d.C.). Infine dell’epoca longobarda di possono ammirare ricchi corredi recuperati da alcune tombe di guerrieri (VI secolo d.C.).
