Il Post Sanremo, serata delle cover
di Carlo Pecoraro –
Da quando è stata introdotta a Sanremo, la serata delle cover è forse la più attesa. Le cover sono il banco di prova dove i musicisti si riescono a testare: nella voce, negli arrangiamenti, nell’interpretazione. Per tutti vale sempre il principio di Mauro Agnelli: le canzoni sono così belle che aggiungere è sempre un sacrilegio. Amen
Detto questo, iniziamo con il dire a Olly che il finale di un grande classico come il “Pescatore” di Fabrizio De André non lo puoi toccare. Anche se sul palco insieme a te hai Goran Bregovic che ti ha salvato con un arrangiamento molto interessante. Eppure, il “Pescatore” di Olly arriva al quarto posto. Al contrario, anche se asciutta e piena di problemi tecnici che ne hanno minato il patos, la “Creuza de ma” interpretata da Bresh e Cristiano De Andrè non entra tra i primi dieci. Misteri del voto. Non si sarebbe dovuta toccare nemmeno “Bella stronza” di Masini, ma Fedez doveva vendicarsi della Ferragni e dunque le ha vomitato addosso tutta la sua acredine. Piccolino, è pure arrivato sul podio.
Inquietante la versione di “The Sound of Silence” di Simon & Garfunkel – anche questa tra le prime dieci -, memorabile colonna sonora del film “Il Laureato”. Un brano che andrebbe sussurrato e invece è stato eseguito manco fosse la sigla di un cartone animato manga spaziale. A ridurre a brandelli questo grande classico, il Volo con Clara.
Giorgia ruba il podio a Lucio Corsi che insieme a Topo Gigio ha interpretato “Nel blu dipinto di blu” di Modugno dando una lezione a tutti. Perché la scelta di interpretare questa cover con il pupazzo nato dalla fantasia di Maria Perego, Federico Caldura e Guido Stagnaro? Perché nel ’59 fu proprio Domenico Modugno a dargli la voce in TV. La versione di Corsi e raffinata e elegante. Oramai il ragazzo padroneggia il palco. Un giovane elfo che sa cosa significa cantare, e lo fa. Sa cosa significa scrivere canzoni, e lo fa. Sa come proporsi al pubblico, e lo fa senza conformarsi alla massa. Indossando il cerone bianco come un moderno Pierrot punk, dai Genesis agli Osanna. E, rubando i pensieri al collega Nicola Olivieri direi che questa “è pura avanguardia”.
E veniamo al capitolo Pino Daniele. I Neri per Caso sublimano la bellissima “Quando” interpretata da Massimo Ranieri. Non arrivano nemmeno tra i primi dieci: una vergogna. Nella top ten entrano invece Rocco Hunt e Clementino che a Pino dedicano la loro versione di “Yes, I know my way” facendo ballare l’Ariston. Una bella lezione anche di free style che si chiude con la voce di Pino.
Poi c’è Toquinho che duetta con Gaia rievocano la bellissima “La voglia la pazzia (Se ela quisesse)” tratta da un disco capolavoro di Ornella Vanoni: “La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria” del 1976, con Toquinho e l’immenso Vinícius de Moraes. Ornella viene rievocata anche dal classico di Gino Paoli, “Che cosa c’è” cantata da Joan Thiele e Frah Quintale. Nessuna delle due entra nella top ten. Joan Thiele, anche in questo caso, molto brava.
Fortunatamente entra in classifica Brunori Sas che interpreta “L’anno che verrà” di Lucio Dalla con Riccardo Sinigallia e Dimartino. Un bellissimo arrangiamento, quasi un sirtaki. Tra l’altro la letterina di Dalla è dedicata alla memoria di un grande cantautore italiano da poco scomparso, Paolo Benvegnu.
Non brillano le due cover dedicate al Califfo. “Tutto il resto è noia” interpretata da Tony Effe è scialba lontana mille miglia dal patos di quella originale. E Anche la bellissima “Un tempo piccolo” scelta da Willie Peyote e interpretata insieme a Zampaglione e Ditonellapiaga, non va oltre il compitino. In fine, per i nostalgici degli anni Ottanta, aggiungerei l’ottima cover di “L’estate sta finendo” fatta dai Coma_Cose con Johnson Righeira (che per l’occasione indossava un occhialino Cattivissimo Me) impreziosita dal sassofono di Sandro Deidda.
