Sembra sempre di più di vivere in un mondo che gira al contrario. Ed anche vorticosamente.
In una società basata sull’apparenza e sulla mancanza di sentimenti autentici, costruita sulle rovine dei valori assoluti, sconvolge quanto sempre più si vada allontanando il concetto, se non di amore, ormai ridotto solo a termine vuoto e inflazionatissimo, di pietas, intesa come “attenzione compassionevole verso ciò che è mortale, fragile e caduco”.
Ma poi ci si chiede-senza amore e sensibilità d’animo che senso ha la vita nelle sue sfumature?-
A due giorni dal 10 febbraio, Giornata del Ricordo, dedicata ai martiri delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata, «Trieste è un pozzo» insieme a “Trst je naš”, cioè ‘Trieste è nostra’, sono le scritte comparse in vernice rossa a vandalizzare la foiba di Basovizza “Trieste è nostra” è un motto che viene da lontano a rievoca terrore: è la scritta usata dai titini 80 anni fa, quando, tra morte e follia, i titini occuparono la città e la proclamarono annessa alla Jugoslavia, come ha ricordato il senatore Roberto Menia, triestino, vicepresidente della commissione Esteri e Difesa.
In questi giorni abbiamo assistito a dichiarazioni negazioniste, lapidi divelte e dileggi su ciò che è stata una delle pagine più disumane della Storia ed oggi ci ritroviamo a parlare di vandalismo perpetrato ai danni di un Luogo sacro, in cui celebrare il Ricordo delle vittime.Parliamo dunque di un pozzo minerario in disuso, la foiba di Vasovizza appunto, una voragine, una bocca di terra profonda, una delle tante cavità disseminate sull’altipiano del Carso triestino, di per sè caratterizzante il paesaggio della zona, divenuto però un inghiottitoio umano negli anni a cavallo del 1945. Qui furono letteralmente buttate dentro migliaia di persone, legate tra loro. Lanciato il primo, gli altri seguivano a ruota. 500 metri cubi di cadaveri. Erano civili, militari, vivi, feriti, morti, prigionieri, insegnanti, dipendenti pubblici…Un luogo in cui distruggere oltre alla dignità anche il ricordo di tante vite.L’orribile fenomeno diffusosi era l’epilogo di un chiaro disegno politico annessionista: si mirava cioè all’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, di conseguenza si dovevano neutralizzare coloro, essenzialmente italiani, che si opponevano; inoltre si stava costruendo l’avvento di un governo comunista jugoslavo , dunque si dovevano neutralizzare i reali o potenziali oppositori.Gli Angloamericani diedero vita ad un parziale recupero dei resti umani della Foiba di Basovizza, chiusa l’imboccatura nel 1959, dopo lunghe vicissitudini, nel 1992 venne dichiarata Monumento Nazionale. Qui sorge il Sacrario di Basovizza, accanto il Centro di Documentazione. Oggi, la Foiba di Basovizza, è un grido silenzioso, è oggi luogo della Memoria per le famiglie degli infoibati e dei deportati morti nei campi di concentramento dell’ex Jugoslavia.
Le scritte comparse in questo Luogo, restano un’offesa ed uno sberleffo, un’azione barbara nei confronti di tantissimi infoibati tra cui ricordiamo anche i 97 Finanzieri in servizio presso la caserma “Campo Marzio”. Questi, all’indomani della liberazione della città di Trieste, furono indotti con l’inganno a consegnare armi ed uniformi. deportati e successivamente uccisi ed infoibati da milizie armate del Maresciallo Tito.
E’ il rispetto della vita e dei morti a decodificare una civiltà, a farcela comprendere fino in profondità: è qui ciò che differenzia gli uomini dai mostri. E’ proprio quel concetto di pietas sopra accennato a farci sentire umani. E mentre le scritte imperano, proprio oggi si inaugura “Nova Gorica e Gorizia capitale europea della cultura” alla presenza del Capo di Stato Mattarella e della Repubblica slovena, Nataša Pirc Musar. Entrambi alle 16 saranno in Piazza Transalpina, la piazza divisa tra i comuni di Gorizia e Nuova Gorica.
“Nova Gorica e Gorizia simbolo della nuova Europa: la libertà, dove prima un muro chiudeva e impediva. L’amicizia, dove prima vigeva una forzata separazione. Nova Gorica e Gorizia sono un segno di speranza in un continente ferito dal ritorno tragico della guerra e sfidato da impetuosi mutamenti” ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un intervento pubblicato sul giornale ‘Il Piccolo’ di Trieste.
Intanto, sul monte al confine tra Italia e Slovenia, a nord di Gorizia si legge ancora la scritta a caratteri cubitali TITO: lettere alte 25 metri e lunghe in tutto 100 metri, in onore al dittatore comunista responsabile dell’eccidio delle foibe e dell’esodo istriano dalmata…
Bisogna capire cosa la memoria sia chiamata a ricordare.