Tempo da cani

di Giuseppe Moesch*

Siamo finalmente giunti alla fine del faticoso percorso di approvazione della modifica del regolamento del Senato della Repubblica.
A differenza di quanto accade oggi, sarà possibile per i rappresentanti del popolo, portare con sé negli uffici della seconda Istituzione del Paese, ovviamente nel rispetto delle regole generali, ovvero con guinzaglio e museruola, i propri cani.
L’importante provvedimento ha scatenato il consenso dei diretti interessati che hanno accolto la notizia con latrati di gioia anche se ha lasciato aperto il campo a numerose perplessità e prevedibili proteste.

In primo luogo si è creata una forte tensione tra la storica dicotomica distinzione tra gli amanti dei cani e dei gatti, questi ultimi hanno visto nella decisione una manifestazione di discriminazione di specie, che riporta a quella di genere che tante barricate ha visto crearsi fino alla meritoria battaglia per la parità di diritti; siamo certi che presto sarà ripristinato il diritto anche per gli amanti dei felini.

Ovviamente il problema si pone anche per gli altri rappresentanti dei compagni di vita di altri senatori che dividono i loro appartamenti con criceti, conigli, caprette nane, maialini vietnamiti, iguana, serpenti e canarini, e via dicendo.
La seconda considerazione è ovviamente quella relativa al numero di esemplari che ciascun senatore o senatrice potrà portare con sé ed è cosa non secondaria è la taglia degli stessi: tre chihuahua equivalgono ad un terranova o un Sanbernardo oppure un solo cane per senatore o senatrice potrà entrare lasciando in solitudine a casa l’altro o gli altri conspecifici?

Il terzo ordine di problemi è quello relativo alle deiezioni oltre che a quello delle necessità di movimento degli animali costretti in spazi angusti per le lunghe ed estenuanti sedute a cui sono costretti i loro compagni di vita (credo che possa essere politicamente scorretto chiamarli PADRONI): dovranno essere i commessi ad occuparsi di loro ed accompagnarli fuori o nel cortile interno per una sgambatura, ed inoltre se dovranno anche essere sottoposti a corsi di aggiornamento professionale per assolvere a quei nuovi impegni.

Tra l’altro questo comporterà certamente una revisione delle competenze economiche loro spettanti aggiungendo una congrua indennità da aggiungere al loro modesto stipendio.
Un quarto problema sarà certamente quello della presenza di un presidio veterinario perché anche per i nuovi ospiti dovrà essere previsto, come per tutti gli altri soggetti presenti nel palazzo una possibile forma di primo soccorso che non credo possa essere chiesto ai medici e agli infermieri già in organico, a meno di una integrazione della specializzazione degli addetti esistenti. Inoltre gli ambulatori potranno essere condivisi?

Queste ed altre sono le problematiche che si attiveranno nell’immediato a seguito della sacrosanta battaglia che ha visto un esito positivo, ma che creerà non pochi problemi per le rivendicazioni che gli altri dipendenti pubblici giustamente vorranno avanzare, per ottenere analoghi diritti in primis la magistratura che non potrà non vedere in questo provvedimento una manifestazione della casta che dovrà essere esteso a tutti salvo incriminare quei signori del Senato di danno economico.

L’ultimo elemento di perplessità è quello relativo alle razze canine, ovvero alla loro origine e nascita. Lo spinone o il levriero italiano o il bracco o il bolognese, quest’ultimo particolarmente apprezzato alle corti dei Medici dei Gonzaga o del Duca d’este sono parte del nostro patrimonio culturale immortalati in quadri famosi di tutte le epoche passate, altre razze sono state importate recentemente o addirittura sono frutto di esperimenti genetici, si pensi ai dobermann.
La domanda allora si pone con forza: possiamo accettare di introdurre soggetti stranieri nel contesto di un organo istituzionale? Un pastore tedesco, ancorché facente parte dell’UE può essere assimilato ad un mastino tibetano o ad un husky? E se un lupo belga è nato in Italia, vale per lui lo ius soli?

La cosa che suscita maggiore imbarazzo e perplessità è che il provvedimento sia limitato al solo Senato. Tuttavia queta modifica regolamentare afferma e giustifica la presenza di due assemblee che sembrano svolgere lo stesso compito. Quindi due assemblee e due diversi atteggiamenti nei confronti dei compagni affettivi.
C’è solo da notare la maggiore sensibilità della camera alta nei confronti di quella dei Deputati, dove non solo i cani non possono ancora entrare, ma neanche i neonati o i bimbi piccoli, mentre in carcere sì.
La prolificità canina è forse la ragione di tale discriminazione. Se pensiamo che la denatalità sia un problema per il nostro Paese allora la tutela dei cani potrà essere una soluzione.

Presumo che lo scontro più significativo potrà generarsi all’interno del Movimento Cinque Stelle dove la minoranza potrà legittimamente chiedere il rientro di Grillo.

 

 

Immagini tratte da una collezione privata.

 

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Giuseppe Moesch Giuseppe Moesch

Giuseppe Moesch