Venerdì Ri…leggiamo Poesia “Se lo siete o non lo siete”
di Graziella Di Grezia
Oggi rileggiamo alcuni versi di Walt Whitman, tratti dalla celebre raccolta Foglie d’erba, pubblicata per la prima volta nel 1855 e costantemente ampliata dall’autore fino alla sua morte nel 1892. Considerata una delle opere fondanti della poesia americana moderna, Foglie d’erba è un canto alla libertà, alla natura, all’umanità e alle connessioni tra persone.
“Riesamina tutto ciò che ti è stato detto…
rifiuta ciò che insulta la tua anima”
Whitman (1819-1892) fu un poeta rivoluzionario, che ruppe con la tradizione metrica e stilistica del suo tempo, iniziando ad adottare il verso libero e un linguaggio diretto e potente.
“Né io, né nessun altro può percorrere quella strada per te.
Devi percorrerla da solo”
Esponente dell’America democratica e profondamente credente nel valore del singolo individuo, la sua poesia esplora temi come l’identità, la spiritualità e la fusione tra corpo e anima.
Oggi rileggiamo versi che ci fanno riflettere sull’ esistenza:
l’umanità e la natura sono un’unica entità, ogni individuo contiene in sé tutto l’universo e nessuna esperienza.
“Sii curioso, non giudicante”
Whitman osserva il mondo con curiosità, senza lasciarsi sfuggire nulla, attraversando ciò che è visibile e l’invisibile.
“Se lo siete o non lo siete lo vedo anche attraverso il
panno e il percalle,
E vado in giro, avido, tenace, instancabile, e non mi
lascio scrollare via.”
L’intensità dell’io poetico whitmaniano emerge con forza in queste parole: la sua presenza è inarrestabile, la sua percezione non si ferma alle apparenze, egli vede al di là delle superfici materiali.
Se lo siete o non lo siete
(da “Foglie d’erba”, Walt Whitman)
Qualcuno ha supposto che sia fortunato il nascere?
Io mi affretto a informarlo che lo è quanto morire, e
io lo so.
Io oltrepasso la morte col morente, la nascita col
bimbo appena lavato, e non sono contenuto tra il
cappello e gli stivali,
E scruto oggetti multiformi, nessuno uguale all’altro, e
tutti buoni,
Buona la terra, buoni gli astri, buone le loro appendici.
Io non sono una terra né l’appendice d’una terra,
Sono il compagno e l’amico della gente, che è
insondabile e immortale quanto me,
(Non sa quanto immortale, ma io lo so.)
Ogni specie per sé e per ciò che è suo; per me il mio è
maschio e femmina,
Sono quelli che furono ragazzi e che amano le donne,
Per me è l’uomo orgoglioso che sente quanto punga
l’altrui indifferenza,
Per me è la ragazza innamorata e la vecchia zitella,
sono le madri e le madri delle madri,
Per me è la bocca che ha sorriso, gli occhi che hanno
lacrimato,
Sono i bambini e i genitori dei bambini.
Toglietevi i drappi! non siete colpevoli ai miei occhi,
né vecchiume né scarti.
Se lo siete o non lo siete lo vedo anche attraverso il
panno e il percalle,
E vado in giro, avido, tenace, instancabile, e non mi
lascio scrollare via.
