Firme per abrogare il Giorno della Memoria?
di Giuseppe Moesch*
Lo so che diranno tutti che c’è sempre il solito provocatore che cerca visibilità, ma in realtà vorrei solo allinearmi alle scelte delle istituzioni in primis la Rai, e le altre reti giornalistiche, ma più ancora ai portatori di verità, ed in primo luogo la Chiesa Cattolica a mezzo del suo agente generale, che tutti i giorni ci rassicurano sulla imparziale visione degli avvenimenti bellici del pianeta.
Sentire i commossi giornalisti ricordare, attraverso le immagini di giovani TURISTI che si aggirano nei campi di sterminio nazisti e poi mettere sullo stesso piano vittime e carnefici di questi giorni, mi sembra oltre che volgare, offensivo della memoria definita comune e collettiva.
I più feroci degli animali mai uccidono per ideologia; solo l’uomo tra quelli lo fa, e la cosa più incomprensibile è che riesce a nascondersi dietro altre ideologie per giustificare quei comportamenti.
Il 27 gennaio del 1945 i primi soldati dell’Armata Rossa, giunsero ad Auschwitz trovarono gli ultimi prigionieri del campo che non erano stati on grado di seguire i tedeschi in fuga, quasi tutti ridotti allo stremo che nella maggior parte dei casi sarebbero morti durante il trasferimento.
Nonostante avessero già liberato altri territori in cui sorgevano campi di sterminio i sovietici non avevano ancore avuto le prove degli orrori che sarebbero emersi perché quegli altri luoghi di supplizio erano stati evacuati in precedenza; solo ad Auschwitz furono ritrovati ancora in vita gli ultimi testimoni di quella follia.
Un calcolo non preciso considera come prossimo al vero il numero di oltre sei milioni di ebrei sterminati dal regime nazista e dai suoi alleati e complici.
Tuttavia non possiamo ascrivere ai soli soldati e carcerieri la responsabilità di quello sterminio; non possiamo trascurare l’ignavia di quelli che sapevano o che accettavano i comportamenti scellerati dei propri governanti.
Le leggi razziali da noi in Italia, la notte dei cristalli, i libri bruciati, le violenze dirette, i negozi assaltati e distrutti erano sotto gli occhi di tutti, in tutti i Paesi e venivano tollerati ed accettati in nome dell’egoismo e del quieto vivere, se non dell’interesse personale.
Alcuni non accettarono ciò che stava accadendo e si ribellarono e soffrirono e morirono per difendere quegli uomini donne e bambini, o più in generale, per restare fedeli a quei principi di convivenza che erano nel loro animo espresso dalla loro fede, quale essa fosse, laica o religiosa.
Abbiamo pagato un prezzo assai caro per la nostra incapacità di reagire come collettività: il bilancio si colloca tra i 60 milioni e forse ino a più di 68 milioni di morti, a cui vanno aggiunti i costi diretti calcolati nel 1945 in 1.154 miliardi di dollari; mentre le distruzioni provocate dalla guerra hanno superato i 230 miliardi di dollari e nella sola Europa occidentale furono completamente distrutti 1.500.000 edifici e danneggiati 7.000.000.
Non è difficile comprendere come e perché gli uomini che sopravvissero a quella dimostrazione di indifferenza pensarono di non volersi più ritrovare in quelle condizioni e ritennero di poter concepire strutture a tutela del loro futuro e garanti della sicurezza internazionale, anche perché se era stato sconfitto il nemico nazista non era stato sventato il pericolo derivante da altre visioni totalitariste.
Si prese atto che la Shoah era stata una vergogna per tutti, si prese atto che non si era stati in grado di affrontare la storia con un minimo di dignità e si risolse di autoassolversi imponendo a tutti di ricordare, di avere memoria, di pretendere che gli uomini dei paesi democratici celebrassero quella strage o meglio quell’olocausto quel genocidio perpetrato nei confronti dei nostri fratelli colpevoli di deicidio (pardon questo accadeva prima). La storia purtroppo si ripete.
Fu così che subito, ovvero 55 anni dopo la fine della guerra incominciò a sentirsi la necessità di istituire una data per la purificazione nazionale, tra l’altro l’Italia fu uno dei primi Paesi a farlo, istituendo, la giornata della memoria, con la legge del 20 luglio 2000, n. 211, mentre il Consiglio d’Europa promosse la Giornata della Memoria e della prevenzione dei crimini contro l’umanità solo nell’ottobre 2002; mentre dobbiamo attendere il 2007 per l’approvazione della risoluzione 6/07 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nata dagli esiti della 42ª riunione plenaria del 1º novembre 2005 che fu preceduta da una sessione speciale tenuta il 24 gennaio 2005 durante la quale l’Assemblea generale delle Nazioni Unite celebrò il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine della Shoah.
La legge italiana del 2000 impone di attivare nelle scuole e nelle istituzioni attività tese a ricordare cosa accadde in un passato lontano e purtuttavia ancora vicino, come ci ricordano i pochi sopravvissuti che ancora vivono tra noi.
Quel ricordo che dovrebbe servire da monito viene oggi usato da alcuni per tentare di accusare una parte di quei misfatti e godere della rendita di posizione che deriva da quell’eredità che ritengono appannaggio della loro parte politica, senza rendersi conto che quel comportamento è quello che alimenta i nuovi nazisti, e che questi vestono panni di colori diversi da quelli del passato ma usano gli stessi slogan, le stesse minacce e le stesse violenze di quelli di ottant’anni orsono.
I ragazzi che vanno in visita nei campi sono compagni di scuola di quelli che tracciano sui muri delle città slogan antisemiti che, inneggiano nei cortei e negli scontri con le forze dell’ordine, ai terroristi di Hamas che hanno nel loro statuto come fine l’eliminazione dello Stato di Israele e degli ebrei, che insudiciano le targhe in memoria di quei poveri martiri, e che offendono la presenza di quei sopravvissuti che all’immenso dolore del passato devono aggiungere gli insulti e la diffamazione di oggi
Da sempre è stato offerto ai palestinesi la soluzione dei due popoli due stati, ma essi, armati dalla teocrazia iraniana, continuano a chiedere uno stato dal fiume al mare, con l’idea di eliminare Israele.
È dei giorni scorsi l’indegno show predisposto da Hamas nella striscia di Gaza, che non smentisce il significato del suo nome che era “feroce, forte”. La messa in scena della liberazione delle quattro soldatesse ostaggi della brillante operazione militare del 7 ottobre quando vigliacchi terroristi uccisero qualche migliaio di ebrei intenti a festeggiar in un kibbuz e ne presero un certo numero in ostaggio assicurando loro un gradevole soggiorno nei tunnel scavati con il denaro occidentale inviato per sostenere la popolazione civile.
Quelle povere innocenti vittime torturate,, stuprate, e poi fatli riapparire elegantemente vestiti imponendo loro di ringraziare i propri carnefici su di un palco allestito davanti ai propri uomini orgogliosi della vittoria e per il ritorno da liberi cittadini di prigionieri pluriergastolani per atti di terrorismo scambiati con le quatto donne, quelle povere vittime per la seconda volta sono state costrette a subire l’ultimo oltraggio.
Ecco perché propongo di eliminare la ricorrenza: non serve in quanto la maggior parte degli umani già è di nuovo schierati per un nuovo sacrificio degli ebrei, con l’avallo degli intellettuali tra i quali in primo luogo brillano gli inviati nelle zone di guerra, che sottovalutando quanto avvenuto tendono a minimizzare l’aggressione del 7 ottobre del 2023 evidenziando invece le conseguenze della reazione di Israele ed enumerando il numero di bambini morti a seguito dei bombardamenti a difesa della propria gente dalla nuova Shoah.
Se la gente di Gaza avesse la capacità di comprendere come siano stati i loro stessi capi a sacrificarli prima sottraendogli le risorse per vivere decorosamente destinandole all’acquisto di armi e scavare tunnel e ammassarle negli ospedali e nelle moschee oltre nelle case per tentare di distruggere Israele oltre che usarli come scudi per difendere quei fanatici leader di una politica di morte avallata da un’opinione pubblica confusa dalla mistificazione dei media.
La cosa singolare è che quelle falsificazioni storiche e cronachistiche vengono da paesi che dovrebbero per pudore tacere perché dietro i veli della propaganda nascondono la putredine delle loro malefatte interne anche queste celate in nome di una ragion di Stato che va dai gulag, alla strage dei curdi e prima ancora degli armeni, ai nativi americani, ai popoli andini con la benedizione e l’avallo della chiesa cattolica oltre che alle crociate, ed oggi con un papa molto orientato a sinistra che rammenta l’olocausto del secolo scorso e sembra non vedere quello che è sotto gli occhi di tutti.
Aboliamo il giorno della memoria allo scopo di non creare in pochi giovani un trauma derivante dalla schizofrenia di una classe dirigente che li conduce al gelo di una landa desolata a vedere foto indecenti di larve d’uomini ridotti in quello stato dalla purezza del pensiero di una razza che si riteneva dominante, a vedere scarpe, occhiali, cenci di uomini e donne e bambini, trasformati, in nome dell’economia in saponette, e poi accorgersi che lo stesso sta avvenendo dall’altra parte dello stesso mare che esprime per loro la gioia e la felicità elle vacanze estive; non permettiamo loro di soffrire per l’allucinante contraddizione di questa loro realtà mediatica.
Stiamo morendo in saremo proprio morti tutti completamente, il mare si chiuderà dell’indifferenza e della dimenticanza sopra di noi.
Liliana Segre
Il riferimento al papa è agli autocrati di tutto il mondo ed anche a quelli nostrani è puramente voluto.
*già Professore Ordinario dell’Università degli Studi di Salerno
Immagine di Pubblico Dominio
