Overturism, un’illusione ottica.
di Sabrina Prisco-
Immaginate di trovarvi sulla riva di un grande fiume, una di quelle rive lussureggianti, con grandi prati e spiazzi ombreggiati. Siete con un gruppo di amici, godete di quell’ambiente magnifico, la natura, il clima festoso. L’acqua del fiume è perfetta, limpida e invitante. Qualcuno dei presenti, tentato dalla frescura, si avventura nella corrente dolce. Notando il piacere dei primi bagnanti, qualcun altro li segue ed, in effetti, a vederli dalla riva, danno un’immagine di divertimento e benessere.
E così, pian piano, molti si immergono mentre i primi ad essersi lanciati, cominciano ad entrare in una zona del letto del fiume più interna in cui la corrente del fiume aumenta e con essa aumenta anche il divertimento, la freschezza, il piacere.
A questo punto anche voi, che osservate dalla riva, decidete di tuffarvi ed effettivamente, cominciate a divertirvi moltissimo, l’arsura della riva si attenua, l’acqua che scorre vi massaggia e tutto sembra procedere per il meglio.
Dopo un po’ vi accorgete che l’acqua non è più così limpida come ricordavate all’inizio. Questo perché il passaggio dei vostri amici che vi hanno preceduto, ha provocato lo smottamento della sabbia sottile del fondale, intorbidendo l’acqua e, a ben vedere, in lontananza, i primi amici, cominciano ad essere in difficoltà. Lì in fondo la corrente è davvero troppo forte, l’acqua è decisamente torbida e, poco più lontano, si intravede un’inquietante nube di vapore, segno inequivocabile della presenza di pericolosissime rapide.
A questo punto vi trovate a dover compiere una scelta: procedere nella zona molto divertente sospinti dalla corrente, chiaramente nella direzione delle rapide o tornare indietro e mettervi in salvo?
Il 2020 ci ha visti tutti protagonisti di una condizione imprevedibile ed estrema. Per mesi siamo stati bloccati nelle nostre case, impossibilitati perfino a raggiungere il comune vicino. Man mano che la situazione mondiale è tornata alla normalità, c’è stato un graduale e poi sempre più euforico, ritorno ai viaggi intercontinentali. Oggi si stima che ogni anno siano circa 1,5 miliardi i turisti che si spostano, destinati a diventare 2 entro il 2030. L’aumento dei viaggi low cost, delle crociere, della comunicazione tramite social network di ambientazioni di film e serie tv, l’aumento di una classe media anche nei paesi di recente sviluppo, sono alcuni dei fattori che hanno contribuito a questa crescita. Tutto ciò ha portato indubbi benefici economici per le destinazioni, aumento dell’occupazione, delle attività commerciali, degli investimenti.
Ma cosa succede quando questo flusso di turismo diventa eccessivo?
Immaginate (ancora) di avere un bellissimo appartamento con un grande salone ed un terrazzo vista mare. Avete piacere di ospitare degli amici e cominciate a fare degli inviti. Preparate delle sedute aggiuntive in salotto, attrezzate delle sdraio sul terrazzo, cucinate aperitivi, stappate qualche bottiglia di buon vino. In bagno disponete dei piccoli asciugamani per gli ospiti e vi accordate col garage sotto casa per riservare qualche posto auto in più. Gli amici arrivano e vi divertite moltissimo. Alcuni cominciano a chiamare i loro amici ma gli aperitivi sono sufficienti e il vino anche. Poi qualcuno comincia a scattarsi dei selfie che pubblica sui social e questo attira molte altre persone. Si comincia a stare un po’ strettini in casa ma c’è ancora un po’ di terrazzo libero, mentre continua ad arrivare gente. Dopo un po’ bussa il vicino del piano di sotto per lamentarsi del trambusto mentre il garagista vi chiama per dirvi che è sommerso dalle auto e non può più accoglierne altre, anzi l’intera strada circostante si sta affollando di auto generando problemi per la circolazione. Nel frattempo vi accorgete che il buffet è stato spazzolato, così come la cantinetta e che c’è un problema in bagno, gli scarichi si sono intasati e alcuni ospiti, presi dall’urgenza, cominciano a fare pipì nelle piante sul terrazzo.
La situazione vi sta sfuggendo di mano. Al ché decidete di prendere uno zaino con poche cose essenziali e di andare a dormire in un albergo fuori città, visto che l’appartamento è invaso dagli ospiti. Al vostro rientro in città il vostro appartamento è completamente distrutto, i vostri amici non vi rivolgono più la parola, il garagista e il vostro vicino di casa pretendono il vostro scalpo su un piatto d’argento.
Valeva davvero la pena di distruggere tutto per una festa o non sarebbe stato meglio valutare prima la capienza, la disponibilità, le condizioni ambientali e poi diramare gli inviti?
Perché “immaginare” delle situazioni metaforiche per cercare di comprendere dei fenomeni globali? Forse perché è sempre più facile valutare le conseguenze di eventi che impattino direttamente sul proprio benessere ed equilibrio. Questi fenomeni invece coinvolgono intere comunità da molteplici punti di vista che non sempre siamo in grado di prendere in considerazione. Per un commerciante, ad esempio, che, nel suo piccolo, vede incrementare il proprio fatturato nel brevissimo periodo, è difficile, se non impossibile, considerare l’idea che quell’incremento abbia invece, nel lungo periodo, effetti deleteri sulla comunità e di conseguenza anche sulla sua economia e sul suo benessere.
Entrambi gli esempi fanno riferimento al fenomeno, identificato ufficialmente dal 2018, dell’ “overturism” o meglio sovraturismo. L’UNWTO, l’organizzazione mondiale per il turismo ne dà una definizione precisa: “l’eccessiva crescita di visitatori che porta al sovraffollamento in aree in cui i residenti subiscono le conseguenze di picchi turistici temporanei e stagionali, che impongono cambiamenti permanenti ai loro stili di vita, all’accesso ai servizi e al benessere generale”.
Esiste addirittura un indicatore, l’ IRRINDEX o indice di irritazione della destinazione di Doxey, che ci consente di osservare che, man mano che le visite aumentano in una data destinazione, i residenti passano rapidamente da una fase di euforia e successivamente di apatia, ad un’altra di fastidio e culminando poi nell’antagonismo. Inizialmente, infatti, i visitatori sono benvenuti ma, man mano che questi aumentano, e con essi gli impatti negativi, le interazioni sociali e l’accettazione diventano negative.
Non è difficile comprendere quali siano questi impatti negativi e non sono solo ascrivibili a semplici “fastidi” o ad una superficiale intolleranza. Molti di essi sono sotto gli occhi di tutti. L’aumento dei prezzi di beni e servizi e la riduzione del potere di acquisto dei residenti (soprattutto del mercato immobiliare), il precariato, l’esternalizzazione, lo sfruttamento della manodopera (a causa dei picchi di crescita/decrescita della domanda dovuta alla stagionalità), l’impatto ambientale in termini di inquinamento e gestione dei rifiuti, la crescita di alloggi per turisti, con conseguente “svuotamento” dei centri storici durante i periodi di non turismo, la privatizzazione di spazi pubblici prima a uso e beneficio dei residenti, la perdita del senso di identità e comunità dei quartieri centrali.
Salerno non si sta sottraendo a questo fenomeno. Siamo reduci da due mesi di massiccio afflusso di turisti con conseguenze non sempre positive sui residenti. In orari particolarmente congestionati i gruppi di turisti affrontano le strette vie del centro in assetto da guerriglia, i residenti costretti ad uscire da casa rientrano spesso con gran difficoltà, incanalati nei flussi della folla, le mattine successive ci si risveglia in mezzo a cumuli di immondizia e spesso i vicoli più nascosti sono utilizzati come latrine a cielo aperto.
Una generale mancanza di pianificazione e superficialità nella gestione dei flussi turistici, logiche amministrative imprenditoriali speculative e l’assenza di politiche mirate a controllare il turismo, sta facendo affacciare anche la nostra città sulle prime fasi di questo fenomeno. Parallelamente ai disagi, infatti, assistiamo ad una diffusa euforia da parte soprattutto di operatori del settore turistico (ristorazione, ospitalità) che beneficiano di flussi da grandi numeri e poco contenuto.
Poco importa se i menù vengono stravolti e deprivati di qualunque identità locale o che l’ospitalità sia affidata a codici di sblocco automatici e check in on line, l’importante è fare numeri, riempire. Di chi o di cosa poco importa. Ma esattamente come quei bagnanti sulla riva del fiume, anche noi abbiamo la possibilità di vedere chiaramente all’orizzonte quale sia la destinazione finale di questo tipo di turismo. E l’orizzonte non è nemmeno più così lontano.
Il mercato immobiliare, per esempio, ha già subito trasformazioni evidenti. Nel centro storico è praticamente impossibile trovare case in affitto di lungo periodo, solo affitti transitori di appartamenti arredati già come b&b. I portoni abbondano ancora di key box (le cassettine con combinazione che consentono di accedere all’appartamento tramite un codice), oggi per fortuna rese illegali dalla circolare ministeriale del 18 novembre 2024 che obbliga all’identificazione de visu degli ospiti delle strutture. La gestione dei rifiuti, già non semplice in tempi normali, diventa fuori controllo, la mobilità con mezzi pubblici faticosa, quella con mezzi privati impossibile vista la totale assenza di un piano previdente sul traffico e sulle soste.
In barba a questi segnali allarmanti e in direzione opposta a quella che la maggior parte delle città turistiche sta oramai intraprendendo, qui continuano ad essere promosse e sostenute manifestazioni che concentrano in poche settimane un gran flusso turistico giornaliero o al massimo da fine settimana, un mordi e fuggi di scarso spessore culturale, senza alcuna pianificazione ragionevole.
Ma quali possono essere le alternative a quello che sembra un destino già tracciato?
In molte parti del mondo, alcune città hanno già adottato misure drastiche per limitare gli effetti del sovra turismo. In alcuni casi, ad esempio Barcellona, questo si è reso necessario dall’esasperazione dei residenti nei confronti dei turisti, manifestata in maniera eclatante in dimostrazioni estreme quali il lancio di uova sui turisti o l’uso di pistole ad acqua per infastidire le folle.
Le istanze dei cittadini si basavano su valutazioni ed indicatori molto rigorosi riguardanti la qualità di vita dei quartieri. L’amministrazione si è quindi impegnata a porre in essere misure che porteranno ad un drastico abbattimento del turismo “mordi e fuggi” e delle abitazioni centrali adibite a fitti transitori entro il 2028.
Ma prima di arrivare in condizioni talmente critiche da richiedere soluzioni drastiche, c’è qualcosa che una buona amministrazione potrebbe fare per anticipare i tempi e limitare gli effetti negativi pur senza rinunciare ai benefici derivanti dall’essere una mèta turistica ambita?
La stessa Organizzazione Mondiale del Turismo propone alcune strategie per affrontare e risolvere questo fenomeno, molte delle quali sono di semplicissima applicazione anche nella nostra città.
- Dispersione spaziale e temporale dei turisti. Salerno è una città caratterizzata da un centro storico pieno di valore storico che di per sé attrae turismo. Ma è anche al centro di una micro regione ricchissima di luoghi di interesse: dalle costiere ai siti storici, dalle aree interne alle isole. Sarebbe necessario promuovere la distribuzione dei visitatori verso aree meno frequentate della città e dei dintorni, riducendo la pressione sui siti più popolari, sviluppando nuove attrazioni turistiche o organizzando eventi culturali nelle periferie. Incentivare il turismo fuori stagione per evitare picchi di affluenza nei periodi di alta stagione, ampliando i periodi e gli orari di apertura dei siti di attrazione. Le carte dei trasporti integrate, le tecnologie moderne, come app per smartphone, possono essere utilizzate per comunicare in tempo reale le situazioni di congestione o i tempi di attesa, guidando i turisti verso luoghi e momenti meno affollati.
- Migliorare le infrastrutture, potenziare trasporti pubblici, segnaletica adeguata, sicurezza di percorsi pedonali e ciclabili, accessibili anche alle persone con disabilità.
- Identificare e attrarre segmenti di mercato che hanno un impatto minore sull’ambiente e sulla comunità locale. Questo può includere turisti interessati a esperienze culturali, naturalistiche o di lungo soggiorno, che tendono a rispettare maggiormente il contesto locale.
- Coinvolgimento delle comunità locali in esperienze di viaggio che coinvolgano sia i residenti che i turisti: creare esperienze che rispettino le esigenze dei residenti e coinvolgano i turisti con senso di responsabilità, facendo in modo che i luoghi non siano solo sfruttati o usati, ma che i visitatori stessi diventino parte del contesto e coinvolti in attività locali, eventi comunitari, vivendo la città come se fossero temporaneamente dei residenti.
- Coinvolgere in un dialogo continuo tutti i portatori di interesse locali, creando gruppi di lavoro che includano rappresentanti di enti pubblici, residenti, enti del territorio e altri attori rilevanti. Questo coinvolgimento può avvenire attraverso dibattiti pubblici, gruppi di ascolto, ricerche e sondaggi.
- Educare i turisti sui valori, le tradizioni e le normative locali per aumentarne la consapevolezza dell’impatto che il loro comportamento può avere sulla comunità ospitante, tramite campagne informative e materiali distribuiti nei principali punti di interesse.
- Implementare un sistema di monitoraggio continuo e serio dei flussi turistici utilizzando big data e nuove tecnologie per analizzare l’impatto del turismo in tempo reale. Le autorità dovrebbero anche predisporre piani di emergenza, con congruo anticipo, per gestire picchi inattesi di presenze o situazioni di crisi.
E noi, come cittadini, cosa possiamo fare per invertire la rotta? Anche noi, nei nostri spostamenti, possiamo avere un impatto più o meno negativo sulle comunità ospitanti. Come possiamo innescare un processo virtuoso che ci porti ad apprezzare maggiormente le destinazioni che scegliamo e parallelamente ad esigere che lo stesso rispetto venga riservato ai luoghi in cui invece viviamo quotidianamente?
Ecco alcune semplici idee, un piccolo vademecum, per promuovere il turismo di qualità, invece che quello di quantità:
- Evitiamo i voli aerei e le crociere, muoviamoci in treno e con i mezzi pubblici ogni volta che possiamo.
- Organizziamo le vacanze in modo alternativo, scegliendo destinazioni autentiche e meno turistiche.
- Informiamoci bene sugli usi e costumi locali, studiamo a fondo la destinazione magari imparando anche qualche parola nella lingua locale.
- Viaggiamo fuori stagione: primavera e autunno sono stagioni bellissime e meno costose.
- Rispettiamo sempre i luoghi che visitiamo, cercando di vivere come un “residente temporaneo”, immergendoci nella cultura del posto e facendo amicizia con gli abitanti.
- Rispettiamo sempre la fauna e la flora locale, non lasciamo mai rifiuti, impariamo a riciclare secondo le regole locali.
Pensiamoci ogni volta che viaggiamo, pratichiamo e sosteniamo un tipo di turismo “esperienziale” che considera l’autenticità dell’esperienza di viaggio come elemento centrale. Non semplici turisti, quindi, ma viaggiatori consapevoli e rispettosi come quelli che vorremmo poter ospitare anche noi.