Addio a David Lynch, padre del cinema del subconscio

di Francesco Fiorillo-

Il regista statunitense, morto a 78 anni, ha esplorato con le sue opere le profondità della psiche umana, dando vita e forma a sogni e incubi.

Per comprendere la gravità della scomparsa di un uomo così geniale e fondamentale per il cinema moderno come David Lynch, è necessario raccontare una piccola storia.

C’è un bellissimo video su YouTube, un’intervista al compianto compositore Angelo Badalamenti, in cui il musicista rievoca la genesi del famoso tema di Laura Palmer, dalla colonna sonora di Twin Peaks. Nel suo racconto, l’uomo ricorda come lui e David Lynch fossero seduti al pianoforte, fianco a fianco: il regista descriveva cosa vedeva nella sua mente, mentre Badalamenti dava forma a quelle immagini, trasformandole in suoni.

“Siamo in un bosco buio”, dice Lynch nel racconto del musicista, “e c’è un vento leggero che soffia fra i sicomori; la luna è alta nel cielo, e si sentono suoni di animali in sottofondo”. Badalamenti procede quindi a creare con le note un tappeto sonoro elegante e oscuro come la scena evocata dal regista. Poi, la visione cambia. “Ora, dietro gli alberi, vediamo una ragazza sola: il suo nome è Laura Palmer, ed è molto triste, perché qualcosa la opprime”. Il compositore segue il suggerimento, e il tema comincia a trasformarsi, abbandonando i toni cupi per suoni più melodiosi.

“Posso vederla” dice il regista “Sta camminando verso la telecamera, ora si sta avvicinando, è sempre più vicina”. Badalamenti allora crea un magistrale crescendo, fino a far esplodere il tema in un motivo sublime, pieno di amore e speranza, talmente emozionante da commuovere il regista. “Angelo”, dice Lynch, “mi stai spezzando il cuore”. Infine, la visione cambia per l’ultima volta. “Adesso, lei se ne sta andando. Sta cadendo, giù, sempre più giù”. Il motivo sublime, gradualmente, decresce per tornare ai toni cupi iniziali.
Nel racconto di Badalamenti, Lynch lo abbraccia dicendogli: “Questo è Twin Peaks”.

“Questo è David Lynch”, verrebbe piuttosto da dire. Nelle parole con cui il regista guida l’amico compositore, c’è il nucleo del suo modo di fare cinema: raccontare le proprie visioni in modo sincero e appassionato, senza necessariamente avere un’idea precisa di dove porteranno. Ma soprattutto, c’è anche la base della sua missione artistica: suggerire, mai spiegare. Le opere di Lynch, spesso criticate in quanto eccessivamente criptiche, sono come dei sogni: ognuno può interpretarle a suo modo. “Non si è obbligati a comprendere per amare” ha detto il regista. “Ciò che occorre è sognare”.

Quello che rende unico e insostituibile David Lynch, è il fatto che nessun altro regista è stato in grado di raggiungere una platea così vasta, incontrando i favori di critica e pubblico, con lavori così onirici ed ermetici. Il segreto di questo successo è la sua straordinaria capacità di raccontare il subconscio: le figure archetipiche e i simbolismi messi in scena nelle sue opere evocano con efficacia i nostri sentimenti più ancestrali. Nei suoi lavori riconosciamo le nostre paure più profonde, e le nostre speranze più ardite.

L’eclettismo di Lynch ha dell’incredibile: nella sua lunga carriera, l’uomo si è dedicato con successo alla pittura, alla musica, alla recitazione, alla scrittura, al cinema e alla televisione, lasciando in ogni campo artistico un’impronta rilevante e rivoluzionaria. Ma è soprattutto nel piccolo e grande schermo che ha realizzato le sue opere più significative.

Per il cinema ha prodotto capolavori come Eraserhead – La mente che cancella (1977), The Elephant Man (1980), Strade Perdute (1997) e Mulholland Drive (2001): una produzione che spazia da film enigmatici e surreali a film più tradizionali e realistici, che hanno avuto un fortissimo impatto sui registi di tutto il mondo (persino i nostrani Matteo Garrone e Saverio Costanzo).

Per la televisione, Lynch ha creato, assieme al regista Mark Frost, la serie cult I segreti di Twin Peaks (1990): un telefilm che è entrato di prepotenza nell’immaginario di più di una generazione, introducendo personaggi rimasti nella storia della tv (come Laura Palmer, e l’agente Dale Cooper), e ispirando innumerevoli altre serie televisive (come X-Files, e più recentemente From).

Non sorprende che, per tutta la sua vita, il regista sia stato un forte sostenitore e praticante della meditazione trascendentale: per raccontare il subconscio, bisogna conoscerlo a fondo. Attraverso questa tecnica meditativa, Lynch sosteneva di poter accedere ai livelli più intimi della sua mente, e di poter così alimentare il suo processo creativo.
“Le idee sono simili a pesci” diceva. “Se vuoi prendere un pesce piccolo, puoi restare nell’acqua bassa. Se invece vuoi prendere il pesce grosso, devi scendere in acque profonde. Laggiù i pesci sono più forti, più puri. Sono enormi e astratti. Davvero stupendi”.

La scomparsa di una figura così seminale nella cultura moderna è dolorosa, quasi quanto la morte di una persona cara. Il cinema contemporaneo ha bisogno di una creatività fertile come quella di David Lynch, e la sua morte può spingerci a credere che la Settima Arte abbia perduto per sempre una sua parte fondamentale.

Ma non è così. Il sentiero tracciato dal regista statunitense non può essere cancellato, e la lezione impartita dai suoi lavori continuerà a guidare e ispirare i cineasti moderni ancora per molto tempo. Lynch ci ha insegnato che un artista deve fidarsi delle proprie intuizioni: il Cinema è un viaggio nel buio, e le idee sono comete che guidano il cammino.
Con le parole del regista:

“L’idea è tutto. Non tradirla e ti dirà tutto ciò che c’è da sapere, sul serio. Basta che continui ad impegnarti perché il risultato abbia lo stesso aspetto, la stessa atmosfera, gli stessi suoni e sia preciso identico all’idea. È strano, quando ti allontani dal percorso, in qualche modo lo sai. Capisci che stai facendo qualcosa di sbagliato, perché lo senti.”

 

 

 

 

Francesco Fiorillo