Il Racconto della Domenica: “Non concedere mai spazio alla prepotenza”
-di Maria Pagano
Mi chiamo Remo ma tutti mi chiamano Remolino. Ho tredici anni, sono magro come un grissino, basso quanto la paletta della spazzatura con il manico che il bidello Biagio a fine giornata utilizza per raccogliere le carte che alcuni ragazzi piuttosto che cestinare preferiscono gettare a terra, a volte persino nel corridoio della presidenza.
Nonostante non sia un bambino bellissimo, sono sempre stato accolto e ben voluto da tutti, almeno così credevo…Tutto nella mia giovane vita all’ improvviso cambiò, la causa scatenante fu l’inizio della scuola secondaria di primo grado. Il primo giorno di scuola , durante la seconda ora di lezione mi recai in bagno, prima che entrassi due ragazzi più grandi ridendo mi dissero : “Ehi piccoletto il bagno dell’asilo è al piano inferiore…”. Evitai di guardarli, feci finta di non aver capito e provai a farmi largo tra loro, ma essi spazientiti aggiunsero: “Sei sordo!” Devi recarti giù!” Aspetta vediamo quanto sei alto? Alex prendi quella paletta, misuriamolo!” Non riuscii a divincolarmi, ridevano, ridevano, li lasciai fare e furbamente aggiunsi: – Ragazzi avete ragione ho sbagliato piano-. Ecco bravo vattene!
I miei genitori: Caterina e Gustavo durante le vacanze estive mi avevano preparato un vademecum sulle eventuali difficoltà che avrei potuto incontrare durante il nuovo triennio scolastico. Eravamo in spiaggia, il mare di Amalfi era azzurro come il mantello della madonnina che il nonno teneva sul suo comodino. I miei parlavano, parlavano, a volte contraddicendosi si sovrapponevano ed io pensavo…lo so che volete il mio bene, che mi amate, ma basta darmi consigli…da Settembre, ogni mattina dovrò cavarmela da solo. Come farò? Come tutti, imparerò a cavarmela.
Di tutti i consigli ricevuti dai miei familiari quello che come una gomma masticante mi rimase appiccicato fu quello di nonno Giacomo, il quale avvolto dal fumo della sua immancabile pipa, mi disse: “Remolino a scuola e ovunque non far mai finta che quello che non ti piace e sta accadendo proprio a te non ti riguardi. Se non riesci a risolvere il problema che stai vivendo chiedi aiuto ai grandi: a noi, ai professori…Non concedere mai spazio alla prepotenza.”
Da quel giorno quanto tempo è trascorso, ritornando indietro, ancora mi commuove quel ragazzino solare e felice che nell’atrio di un bagno in prima media senza nessun motivo fu all’improvviso maltrattato. Ancora oggi, come allora, ho i capelli color radicchio, le efelidi sparse sul volto come il pepe sul cacio. Da piccolo mi dicevano che somigliavo a Jody di “Tre nipoti e un maggiordomo” ero felice di somigliare a quell’attore di Los Angeles che il nonno un giorno mi fece conoscere. Remolino lo sai che somigli tantissimo ad un giovanissimo attore americano? Non ci credo nonno. Vieni con me in cantina dovrei ancora avere dei dvd che ti mostreranno che dico il vero.
– Dammi la mano. Stai attento all’ultimo scalino.
– Va bene nonno.
– Ecco lo scaffale. Punta in alto la torcia.
– Così!
– Esattamente!
– Eccoli qui!
– E li vediamo in tv?
– Sì. Vedrai ti somiglia tantissimo, siete due gocce d’acqua.
Rientrati in casa ci accomodammo sul divano a fiori. Il nonno dato l’eccezionale evento della verifica di tale somiglianza chiese a nonna Giulia di prepararci una gigante ciotola di pop-corn.
– Allora… avevo ragione? Ti somiglia?
-Wow! Doppio Wow! Nonno ma sono io!
– Che ti dicevo, la somiglianza è davvero impressionante.
Quella celebrità passatami dal mio amato nonnino durò dal primo anno dell’asilo sino alla quinta elementare …poi tutto svanì, esattamente il primo giorno delle medie.
Quel mattino, nonostante l’improvviso trasferimento di lavoro di mio padre da Salerno a Torino (promozione) non ero teso, anzi ero felice, avevo tanta voglia di imparare e conoscere nuovi compagni; certo mai avrei immaginato di cambiare casa, città, amici. Le cose cambiano spesso, sempre. Ai mutamenti drastici sovente neppure i grandi si abituano, provate ad immaginare come mi sentii – troppe emozioni-. ”
Appena giunti a Torino, compresi i nonni a cui non avrei rinunciato per nulla al mondo, tutti insieme ci recammo in una famosa pasticceria torinese per gustare il Bonet, un dessert a cucchiaio a base di cacao e amaretti.
La mia famiglia è bellissima, è molto unita. Mio padre è un ingegnere aeronautico, mentre mamma è una cardiologa, i nonni entrambi ex insegnanti di lettere. Sono figlio unico e vi garantisco per nulla viziato. Da cinque anni con me dorme un bellissimo Labrador, si chiama Happy, questo nome glielo diedi perché quando i nonni me lo regalarono provai una felicità che ancora adesso non riesco a spiegare.
Quel primo giorno di scuola nella regione della Fiat, della Olivetti, della Superga, mi vestii con maggior cura: indossai una camicia bianca invasa da piccolissimi ranocchi colorati, un jeans nero e le sneakers verdi, i capelli col ruggine brillantinati completarono il magico look. La prima ora di lezione fu interessante, dopo le presentazioni la professoressa d’Italiano ci spiegò il termine epica ( dal greco épos, che significa “parola”, racconto, narrazione. La seconda ora ci fu il cambio e conoscemmo il professore di matematica, era altissimo con gli scuri come il buio, aveva denti bianchissimi che formavano un cordiale sorriso, in quell’ora, precisamente alle nove e trenta chiesi il permesso di recarmi in bagno, fu lì che incontrai i due “bulletti” che provarono ad intimorirmi…Rientrato in classe riferii al professore quanto era accaduto…
“Non dare spazio alla prepotenza…”il consiglio del nonno mi girava forte nella testa, mi dava coraggio, infatti senza indugiare lestamente mi ero rivolto ad un adulto. Il professore chiamò il bidello per sorvegliare il resto della classe e prendendomi fieramente per mano si diede subito un gran da fare. Più tardi seppi che lui era proprio il responsabile del bullismo. I due ragazzi che si erano comportati male, tempestivamente, furono individuati e prontamente accompagnati in presidenza. Cosa è successo mi chiese la Preside? Quello che spesso capita ma che nessun bambino ha mai il coraggio di fermare subito. – Racconta.
– Mi stavo recando in bagno e loro mi hanno preso in giro per la mia bassa statura…
–Sei stato bravo ad informarci subito.
–Preside, mio nonno dice : Non dire significa subire, ed io ho voluto informarvi perché la scuola mi piace. Preside, sono certo che anche questi ragazzi presto mi vorranno bene. Risolvere i problemi è semplice basta parlarne, però voi adulti ascoltateci.