Jazz Sailor: il jazz nella vela, la vela nel jazz. Intervista ad Angelo Gregorio
di Nicola Olivieri-
Navigare e suonare: due arti che richiedono maestria, intuito e la capacità di improvvisare. Angelo Gregorio, sassofonista e compositore, oggi 28 dicembre alle ore 11 presso la Lega Navale Italiana di Salerno, presenta il suo nuovo libro “Jazz Sailor: il jazz nella vela, la vela nel jazz”, un’opera che esplora le affascinanti analogie tra il mondo dell’improvvisazione jazzistica e l’arte della navigazione a vela.
Nato a Salerno nel 1983, Angelo Gregorio oggi è una figura di riferimento nella scena jazz europea e internazionale. Si trasferisce a Bruxelles nel 2010, e dopo un percorso di perfezionamento in Italia e negli Stati Uniti, consegue la laurea e il master in sassofono jazz presso il Regio Conservatorio di Bruxelles. Ha collaborato con artisti di fama mondiale come, George Garzone, Bruno Castellucci e ha fondato progetti culturali come il Belgian Italian Jazz Festival e l’Orchestra Italiana di Bruxelles, contribuendo a promuovere la cultura musicale italiana nel cuore dell’Europa. Grazie a queste attività, nel 2022, riceve il Diploma di Merito dal Ministero degli Affari Esteri.
Nel suo libro, Angelo ci guida attraverso un viaggio affascinante, mettendo in dialogo due mondi solo apparentemente distanti: la conduzione di una barca a vela e l’improvvisazione jazz. Con grande maestria, l’autore ci svela come il vento e le note possano insegnarci a reagire all’imprevisto, a leggere il momento e a trasformarlo in armonia. Chi governa una barca a vela sa che ogni uscita in mare è unica, così come ogni performance jazz è irripetibile.
Ne abbiamo parlato con lui.
Domanda inevitabile: sei un velista oltre che un eccellente musicista? Proviamo a spiegare come nasce questo libro molto interessante.
Non c’è stato un momento preciso in cui ho iniziato a percepire le connessioni tra musica e vela. È stato un processo graduale, quasi impercettibile, un lavoro silenzioso che si svolgeva nella mia mente mentre tutto sembrava scorrere naturalmente. L’idea di una ricerca è nata quando la vela non faceva più parte della mia quotidianità, quando il mare era tornato a essere un ricordo lontano: qualcosa che desideravo ardentemente, ma che non potevo più vivere ogni giorno. Tornato alla mia vita lavorativa in Belgio, ho provato un’incredibile nostalgia per il mare e per le sensazioni che provavo in barca. Mi mancava la preparazione della barca, il vento che accarezza la pelle, il suono delle onde che si infrangono contro lo scafo. Mi mancava tutto. Mi mancava il rituale della partenza, quella combinazione di eccitazione e apprensione che si prova quando si lascia il porto per affidarsi al vento. Mi mancava la sensazione di libertà assoluta che si vive quando si è soli con il mare, senza nulla che ti trattenga se non il desiderio di esplorare e, ovviamente, la necessità di regolare meglio le vele. È stato in quel momento che ho capito quanto la vela mi mancasse, tanto quanto la musica. È stato come riconoscere un pezzo mancante di un puzzle che avevo cercato di completare per anni. In passato, avevo vissuto periodi in cui non potevo suonare né esibirmi in concerto, e la mancanza di quelle emozioni mi aveva già spinto a riflettere sul loro significato. Così ho iniziato a cercare un nesso tra questi due mondi apparentemente lontani. Ho cominciato a riflettere su come la vela e la musica, così diverse in apparenza, potessero in realtà condividere molto. Ed è proprio da questa riflessione che è nato il progetto di ricerca.
L’approccio che hai scelto direi che è molto scientifico. Hai raccolto e analizzato oltre 300 testimonianze ed esperienze individuando sorprendenti connessioni tra l’universo della vela e quello del jazz. Raccontaci come hai fatto e cosa hai scoperto.
Non volevo semplicemente affermare: “Andare a vela è come suonare jazz perché sono un jazzista e un velista, e quindi è così.” No, desideravo individuare elementi tangibili ed empirici, da osservare, analizzare e mettere in relazione, per trarne possibili conclusioni, ovviamente personali. A quel punto mi sono tornate in mente le due tesi che ho scritto per i master in pedagogia jazz conseguiti al Regio Conservatorio di Bruxelles. Mi sono detto: Ecco, ho bisogno di un approccio scientifico, così che nessuno possa dire: ‘Questo si è inventato tutto!’. Una volta chiarito questo, il processo è diventato relativamente semplice, perché affrontare le cose con rigore scientifico porta, indirettamente, a semplificare tutto. Si parte da alcune chiavi di lettura – quelle stesse domande e intuizioni che ti sei posto per primo – e poi si passa alla teoria. Ho quindi formulato una serie di teorie che presupponevano l’esistenza di elementi e competenze comuni tra l’attività velica e quella jazzistica, in particolare nell’atto dell’improvvisazione. Successivamente, dalla teoria sono passato alle ipotesi: ho estrapolato elementi concreti e osservabili, che potessero essere analizzati empiricamente. Da lì ho individuato dei filoni osservabili e ho costruito le fasi metodologiche. Ciò che ho osservato – preferisco usare il termine osservato piuttosto che scoperto – è che in entrambe le discipline vengono sollecitate in modo significativo competenze come il problem-solving, l’autonomia, una visione a 360 gradi, la creatività, la connessione con sé stessi, la capacità di spingersi sempre oltre i propri limiti e molto altro.
In questo lavoro metti in relazione “libertà e improvvisazione”. Suonare in libertà, improvvisando appunto, e navigare liberamente alla ricerca del vento con manovre sempre diverse. Cosa lega dunque questi due termini?
Io parlo di una libertà ben precisa. Non intendo la libertà come “fare quello che voglio o che si vuole”. Anzi, sono convinto che questo tipo di libertà non esista e che, se applicata in discipline come il jazz o la vela, il risultato sia disastroso. La libertà di cui parlo è il saper – o meglio, il poter – scegliere cosa è relativamente giusto fare, o suonare, in un dato istante, in relazione a ciò che sta accadendo in quel preciso momento, tenendo sempre a mente le conseguenze che questa azione avrà nel futuro prossimo. So che può sembrare un pensiero complicato e abbastanza filosofico, ma nel jazz come nella vela funziona esattamente così. Mi spiego meglio. Nel jazz, ogni volta che un musicista termina l’esecuzione della melodia principale, entra in una nuova dimensione: l’improvvisazione. Questo momento è spesso frainteso come una sorta di “caos organizzato”, dove le note emergono spontaneamente in un flusso di coscienza, come un vento che soffia senza controllo. Ma la realtà è ben diversa. Improvvisare non significa abbandonarsi al caso; è una forma d’arte che richiede anni, se non decenni, di studio e preparazione. Il jazzista non è un navigatore senza meta, ma un abile timoniere che conosce bene la rotta. Quando la melodia termina, la sua navigazione non si interrompe; al contrario, si confronta con ciò che chiamiamo progressione armonica, una successione di accordi che diventa il mare su cui traccia nuove rotte melodiche. Questa progressione non è solo una guida, ma la base su cui costruire nuove melodie, non lasciate al caso, bensì create con consapevolezza e precisione. La chiave sta proprio qui: non è casualità, ma un lavoro meticoloso di scelta delle note, sempre in relazione alla progressione armonica. È esattamente come un velista che adatta continuamente le vele e il timone al cambiamento dei venti e delle correnti. Non a caso, molti jazzisti parlano del concetto di “sentire” le note, proprio come un velista sente il vento sul volto, interpretandolo per decidere la prossima manovra. Più la progressione armonica è complessa, più impegnativa diventa l’improvvisazione. Ma è proprio in queste complessità che si nasconde la bellezza del jazz. Un musicista, con il tempo, sviluppa una sensibilità tale da percepire e accettare linee melodiche che prima sembravano dissonanti o inusuali. Questo processo di crescita richiede un impegno costante, non molto diverso da quello di un velista che, affrontando nuove sfide in mare, sviluppa nuove abilità, affinando istinto e tecnica. Nel jazz, ogni assolo è un percorso unico, una rotta mai tracciata prima. Ogni scelta è il frutto di una profonda conoscenza: non si tratta di ripetere formule o frasi preconfezionate, ma di creare qualcosa di nuovo, utilizzando tutto ciò che si è appreso nel tempo. È un costante esercizio di problem-solving, in cui l’artista deve trovare il modo di esprimere sé stesso rispettando la struttura armonica e la propria autenticità. Nella vela, il mare ha la sua volontà, proprio come la musica ha la sua armonia. Non si può forzare l’una o l’altra: si può solo accogliere ciò che si presenta e costruire su di esso. Un improvvisatore jazz non può “forzare” un assolo; deve lasciarsi guidare dagli accordi, trovando una melodia che fluisca naturalmente, proprio come un velista regola le vele per seguire il vento, non per opporsi ad esso.
Affrontare l’ignoto con spirito creativo significa risolvere problemi in modo imprevedibile e in situazioni sconosciute oltre che mutevoli. Sembra che creatività e problem-solving siano due aspetti comuni al velista e al jazzista.
Quando si parla di creatività, le risposte di velisti e musicisti jazz rivelano sorprendenti punti di convergenza. In entrambe le discipline, la creatività non è percepita come una capacità astratta, ma come qualcosa di radicato nella pratica quotidiana, nella ripetizione, nelle sfide e nell’interazione con l’ambiente o con gli altri. Per i velisti, la creatività si manifesta quando si trovano di fronte a situazioni nuove e devono rispondere con soluzioni innovative. Un esempio concreto può essere un velista che, trovandosi in difficoltà a causa di una rottura improvvisa dell’attrezzatura, è costretto a inventare un modo per continuare a navigare. D’altra parte, per i musicisti jazz, l’improvvisazione rappresenta la quintessenza della creatività. Durante una performance, i musicisti devono creare in tempo reale, componendo sul momento nuove melodie o variazioni e adattandosi costantemente all’evoluzione della musica attorno a loro. Un altro punto di convergenza tra vela e jazz è la necessità di adattarsi. Nella vela, le condizioni meteorologiche e marine cambiano rapidamente, e il velista deve sapersi adeguare prontamente a questi mutamenti. Allo stesso modo, in una sessione di improvvisazione jazz, ogni nota suonata da un musicista richiede una risposta da parte degli altri membri della band. Si tratta di un dialogo costante tra il previsto e l’inaspettato, che richiede una straordinaria capacità di adattamento. Questo parallelo tra la capacità di un velista di rispondere alle mutevoli condizioni atmosferiche e quella di un musicista jazz di reagire alle variazioni musicali evidenzia quanto la creatività sia strettamente legata alla capacità di adattamento in tempo reale. Infine, il concetto di libertà gioca un ruolo cruciale in entrambe le attività. Per un velista, la libertà è spesso associata alla possibilità di decidere la rotta e lasciarsi trasportare dal vento. Per un musicista jazz, la libertà si esprime nell’improvvisazione, dove è possibile rompere le regole e creare qualcosa di nuovo e unico. Tuttavia, questa libertà richiede una solida base di conoscenze tecniche. Allo stesso modo, per un velista, una preparazione tecnica approfondita è indispensabile per navigare in sicurezza e libertà. In entrambi i mondi, la creatività si intreccia con l’adattamento e la libertà, dimostrando che queste qualità non possono esistere senza una preparazione accurata e una profonda connessione con l’ambiente circostante.
Nella tua narrazione fai spesso riferimento alla connessione con la natura. Spiegaci questa connessione.
Nel libro descrivo una connessione particolare. Dal questionario e dalle interviste effettuate è emerso che il velista, trovandosi in barca, lontano da tutto e immerso negli elementi naturali, entra in contatto profondo con sé stesso. Come in una sorta di psicoanalisi, la natura che lo circonda gli rivela la bellezza delle cose, lo spinge a porsi domande diverse e gli offre una prospettiva inaspettata, un’angolazione nuova da cui osservare il mondo. Nel jazz, invece, non abbiamo il contatto diretto con la natura, ma quello con noi stessi. La pratica e lo studio dell’improvvisazione portano a un’introspezione profonda, che spinge a riflettere sui propri limiti, sulle capacità e sulle emozioni più intime. È proprio questa dimensione interiore che collega il mondo del velista a quello del musicista jazz. Entrambi, seppur attraverso esperienze differenti, trovano un legame intimo con sé stessi, un viaggio personale che arricchisce la loro visione e il loro approccio alla vita.
Per concludere quali sono gli aspetti comuni al velista e al jazzista? Forse la tecnica, l’intuizione o cos’altro?
Nel libro ne elenco tanti ma penso che tre tra questi facciano capolino in modo più netto: il problem-solving, l’autonomia e la visione a 360°.
Nel libro ci sono prefazioni di velisti e musicisti piuttosto importanti. Con quale di quelle sei più in sintonia?
Di solito, in un libro si trovano una o al massimo due prefazioni. In questo caso, invece, ce ne sono dodici. Musicisti jazz come Max Ionata, ricercatori come Paola Verrucchi e i presidenti di alcune sezioni della Lega Navale Italiana sono stati i primi a leggere il libro e mi hanno lasciato un commento. Alcuni di questi commenti mi hanno sorpreso profondamente. Avrei dovuto fare una scelta, perché non potevo includerli tutti. Poi, però, ho riflettuto: questo libro parla di creatività e celebra le sinergie. Dodici prefazioni, in fondo, potevano essere un ottimo modo per aprire un libro che vuole mettere in evidenza la ricchezza che nasce dalla collaborazione e dalla condivisione di esperienze.
Ed ora spendiamo anche qualche parola sul tuo nuovo disco The Jazz Sailor
Ha lo stesso titolo del libro, The Jazz Sailor
Sì, perché la matrice è la stessa: il lavoro è stato interamente composto interpretando i dati attraverso un processo creativo di mind mapping. Il processo creativo del mind mapping consiste nell’organizzare le idee in modo visivo, partendo da un concetto centrale e ramificando in modo gerarchico le associazioni, le connessioni e le relazioni tra le varie informazioni. Questo approccio mi ha permesso di esplorare liberamente le connessioni tra concetti apparentemente distanti, cogliendo nuove prospettive e idee in modo intuitivo e non lineare. Ho utilizzato il mind mapping come strumento per analizzare e sviluppare le diverse tematiche e ispirazioni legate alla vela, consentendomi di integrare creatività e struttura in un processo di scoperta e composizione.
Già dai titoli si intuisce che fai riferimento a molte delle cose che ci siamo detti oggi. Il più evocativo è quello del brano che apre il disco – In mare ad occhi chiusi – che tu definisci un viaggio sensoriale, veleggiare senza usare la vista. Cosa intendi.
Ho voluto fortemente questo brano come prima traccia perché rappresenta l’essenza del mettersi in gioco, del fare affidamento sulle proprie competenze, intuizioni ed esperienze. Quando si prende in mano questo disco, oppure il libro, diciamoci la verità, si è un po’ scettici. Si è diffidenti, e serve una dose di coraggio, oltre che di fiducia nel proprio istinto. Quando si esce di notte in mare, senza luna, anche vicino alla costa, l’esperienza è davvero surreale. La barca avanza in una massa nera, riconoscibile come mare solo dal suono delle onde. Ogni manovra sembra sospesa nell’aria. Bisogna pianificare accuratamente la rotta, leggere bene le carte, essere vigili e interpretare ogni segnale che arriva dall’ambiente. Certo, ascoltare questo disco non è pericoloso come navigare di notte, ma penso che questa traccia voglia essere un invito rivolto all’ascoltatore: “Fidati. Fidati di te stesso e di me. So esattamente dove stiamo andando.”
Invece “Maestrale al Traverso”, la quinta traccia del disco, è un brano più energico perché provi a rappresentare la potenza e la velocità del vento stesso.
Sai che questo brano è stato suonato il 4 maggio 2024 nell’emiciclo del Parlamento Europeo a Bruxelles, in occasione dell’Europe Day? Ti starai chiedendo perché. Tutti ricordiamo che in quel periodo eravamo in piena campagna elettorale europea. Fui chiamato per riarrangiare l’inno europeo in chiave jazz, che potete ascoltare a questo link: https://soundraiser.io/link/odetojoy/. Inoltre, mi fu chiesto di preparare un repertorio nella tradizione jazzistica e di includere due brani che sarebbero stati portati al voto durante l’evento. Essendo l’open day, tutte le persone sedute nelle poltrone dei parlamentari avrebbero votato per il brano che preferivano, dopo l’arringa di due politici. Il tutto si svolgeva proprio come in una vera sessione di voto. Il primo brano era Take the A Train di Duke Ellington, un omaggio alla tradizione jazz e ai cinquant’anni dalla morte del grande musicista. Il secondo era Maestrale al Traverso, un brano che il politico presentò come un inno alla tutela del sistema eco-marino e dei nostri mari. Ebbene, Maestrale al Traverso vinse!
Vorrei chiudere con “Il groppo” che rappresenta una improvvisa e violenta tempesta. Adrenalina e tensione per affrontare una difficoltà.
Tutti i velisti, prima o poi, si trovano a confrontarsi con questo mostro! Affrontarlo richiede una preparazione considerevole. Se si ha tempo – e di solito lo si ha – è fondamentale preparare la barca: assicurare tutto allo scafo, controllare che non ci siano cime che, con il vento, possano creare problemi, ridurre la randa se non lo si è già fatto, assicurarsi alla life-line, chiudere tutti i boccaporti, accendere il motore e… attendere. In questo brano ho cercato di ricreare proprio quello stato d’animo, quell’intensità che nasce dalla tensione, dalla consapevolezza e dall’attesa.
Quando sarà disponibile il disco e in che formati?
Il disco sarà presentato e reso disponibile il 20 maggio 2025, in occasione della Giornata Europea del Mare. Quale momento migliore! Terrò un concerto di presentazione in un luogo molto prestigioso a Bruxelles, anche se per ora non posso svelare ulteriori dettagli. Successivamente, seguiranno diverse date, e la bella notizia è che, durante l’estate, tutta la band sarà in tournée in Italia per diffondere un messaggio di sostenibilità attraverso l’arte. Il disco sarà disponibile in vinile a tiratura limitata (200 esemplari), con una copertina curata dal celebre fumettista Davide Besana. All’interno, un QR code darà accesso a tutte le tracce in alta definizione e a contenuti esclusivi. Sulle piattaforme di streaming, l’album verrà pubblicato in modo graduale: da maggio a luglio 2025 uscirà un singolo al mese, mentre l’intero album sarà disponibile a partire da settembre 2025.
Questo il calendario delle presentazioni:
Sabato 28 dicembre 2024
Orario: 11:00
Luogo: Lega Navale Italiana, sezione Salerno – Piazza della Concordia, Porto Turistico “Masuccio Salernitano”, Salerno
Ingresso: libero anche per i non soci
Intervento musicale: Angelo Gregorio al sassofono
Domenica 29 dicembre 2024
Orario: 18:00
Luogo: L.A.B.I.S. Caserta – Via Tanucci 77, Caserta
Ingresso: libero
Venerdì 3 gennaio 2025
Orario: 11:00
Luogo: Teatro Comunale di Caserta, sala al primo piano – Caserta
Ingresso: libero
Sabato 4 gennaio 2025
Orario: 11:00
Luogo: Club Velico Salernitano – Piazza della Concordia, Porto Turistico “Masuccio Salernitano”, Salerno
Ingresso: libero anche per i non soci
Moderatore: Nicola Olivieri
Intervento musicale: Angelo Gregorio al sassofono