Il coraggio di essere impopolari: il sogno di due leader

di Luigi D’Aniello-

Il nipote di Arafat,Nasser Al-kidwa e il leader israeliano Ehud Olmert, insieme per la pace

“Il coraggio di essere impopolari” può essere associato a questi due personaggi: Ehud Olmert ex Primo Ministro israeliano e Nasser Al-Kidwa è stato ambasciatore della Palestina presso le Nazioni Unite. 

CC BY-SA 3.0
File:Ehud Olmert official portrait 2006.png

Il primo è noto per aver preso decisioni difficili e talvolta impopolari nel tentativo di arrivare a un accordo con i palestinesi, durante il suo periodo in carica infatti ha cercato di promuovere la pace attraverso trattative dirette; il secondo, nato nel 1953 membro della storica famiglia Al-Kidwa che ha legami con la leadership palestinese,  è nipote dello storico leader  Yasser Arafat, figura controversa ma importante nella lotta per i diritti dei palestinesi. Nasser Al-Kidwa ha ricoperto vari ruoli all’interno dell’Autorità Palestinese ed è anche un ex membro del Comitato Centrale di Fatah, il principale partito politico palestinese ed ha anche partecipato a iniziative internazionali per ottenere riconoscimento e sostegno per la causa palestinese. La sua figura è spesso associata a discussioni su strategie diplomatiche e politiche riguardanti il futuro dello stato palestinese e rappresenta una nuova generazione che cerca di seguire le orme dello zio, tentando di trovare strade per il dialogo e la riconciliazione.

Ministry of External AffairsGovernment Open Data License – India

The Minister of State for External Affairs, Shri E. Ahamed meeting with the Palestinian Foreign Minister Mr. Nasser Kidva on the margins of Arab League Summit being held in Algiers, Algeria on March 21, 2005.jpg Copy
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The Minister of State for External Affairs, Shri E. Ahamed meeting with the Palestinian Foreign Minister Mr. Nasser Kidva on the margins of Arab League Summit being held in Algiers, Algeria on March 21, 2005.jpg Copy

Due figure politiche, queste, che vogliono salvare il proprio popolo, due persone serie che si sono unite insieme girando il mondo cercando di dimostrare che, in contesti complessi come quello israelo-palestinese, l’unico modo per uscire da questo stallo sia quello di perseguire la pace attraverso il dialogo, cercando di dimostrare con la loro testimonianza che esiste un’alternativa a questo scontro infinito fra gli israeliani e i palestinesi, scontro che va avanti da troppo tempo e che sia giunto il momento di voltare pagina e passare alla ricerca di una soluzione generale basata sull’idea di una convivenza civile tra i due popoli proponendo il ritorno ai confini del 1967.

Questi ultimi erano diversi rispetto a quelli attuali, definiti dopo la Guerra dei Sei Giorni, che si svolse dal 5 al 10 giugno di quell’anno. Prima di questa guerra, i confini erano i seguenti: il territorio di Israele, dopo la Guerra di indipendenza, si estendeva su parte dell’ex mandato britannico della Palestina, ma non includeva tutto il territorio. La frontiera era definita dai confini stabiliti nel Piano di partizione delle Nazioni Unite del 1947; la Giordania controllava la Cisgiordania e Gerusalemme Est; la Striscia di Gaza era sotto controllo egiziano.

Dopo la Guerra dei Sei Giorni nel 1967, Israele occupò diversi territori: la Cisgiordania (inclusa Gerusalemme Est) da parte della Giordania; la Striscia di Gaza e il Sinai dall’Egitto,
le Alture del Golan dalla Siria.
Questa occupazione ha avuto un impatto significativo sulla situazione geopolitica della regione e ha portato a conflitti e tensioni che continuano fino ad oggi. I confini da allora sono stati soggetti a cambiamenti e non sono stati definitivamente stabiliti.

Due storie diverse con un importante punto d’incontro: la convinzione che l’unica via per risolvere l’annosa questione tra Israele e i palestinesi sia la coesistenza di due popoli e due Stati che vivano insieme.
Ma affinché tale soluzione sia fattibile, realistica e accettabile, c’è il bisogno di leadership chiare e ben determinate da entrambe le parti. Che naturalmente non sono le attuali.
Entrambi i leader, in modi diversi, rappresentano speranze e sfide per le rispettive comunità, dimostrando che il cambiamento richiede spesso leadership audaci e visioni a lungo termine, anche quando tali visioni possono non essere popolari nel breve periodo.

 

 

 

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Luigi D'Aniello Luigi D'Aniello

Luigi D'Aniello

"Non si è sconfitti quando si perde ma quando ci si arrende"

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