Riflessione sul voto
di Giuseppe Moesch*
Molte sono le indicazioni proveniente dalle manifestazioni di voto per il Parlamento Europeo sgorgate sia a livello nazionale che internazionale dai popoli dei 27 Stati dell’Unione.
Il primo dato è quello relativo all’affluenza, in forte declino ovunque e che ha segnato per il nostro Paese un record negativo essendosi attestato a meno del 50 % degli aventi diritti al voto; è una tendenza in atto da tempo, ma che confrontato con la partecipazione ai voto per le Regionali in Piemonte e ancor più per le comunali nel resto del Paese, che in alcuni casi ha superato il 60 %, fornisce lo stato di disinteresse per un tema assai importante per il contesto nel quale si muove la nostra società e per il suo futuro assetto.
Confrontando i dati assoluti con quelli delle passate elezioni si nota che i partiti che hanno partecipato, hanno raccolto più o meno gli stessi consensi, ovvero gli elettori che sono andati a votare sono elettori identitari, in buona misura indifferenti all’offerta politica ma tendenzialmente continuano a votare per inerzia acritica salvo spostamenti contingenti.
Lo sfondamento della destra ed in particolare di FdI avutosi nelle politiche di un anno e mezzo orsono, è andato consolidandosi, richiamando altri elettori rassicurati dalle azioni del governo.
A sinistra il declino del PD si è arrestato a danno del M5S che è sceso sotto la soglia del 10 % persino nelle aree del sottosviluppo dove avevano raccolto consenso con l’offerta del reddito di cittadinanza, lasciando di fatto l’area ai valori storici.
Nell’ambito della coalizione di governo, Forza Italia, con l’importante contributo di Noi Moderati, ha tenuto bene coerentemente con quanto avvenuto in Europa per tutte le forze moderate, espressione di elettori che non reggono lo strapotere che minoranze estremistiche sembrano avere nella società, e desiderano mantenere la comoda condizione di benessere nella quale vivono indifferenti a quanto avviene nel mondo.
La lega ha mantenuto le proprie posizioni nonostante il convincimento del suo leader che aveva scommesso sulla sua crescita con slogan tesi a catturare quello stesso elettorato borghese appannaggio di FI, al quale si è aggiunto la figura di Vannacci che da solo ha raccolto quasi mezzo milione di voti, usato come influencer a beneficio di quegli elettori tutti “Ordine e disciplina”, in un periodo di incertezza, la cui assenza avrebbe comportato una debacle per quel partito anche per la sconfessione del fondatore Bossi.
La cosa più singolare, ma prevedibile, è il relativo successo dei Verdi, che in controtendenza rispetto a quanto succede per il resto dell’Europa ha raggiunto un risultato inaspettato quasi totalmente attribuibile alla presenza in lista della Salis che ha catalizzato le peggiori forze dei Centri Sociali di cui la stessa Salis è espressione e che assurge a modello comportamentale per i giovani che potranno vedere nel suo agire il modo per raggiungere in tempi brevi vette e remunerazione inimmaginabili come accaduto anche per Aboubakar Soumahoro, presentato a suo tempo nelle liste dello stesso partito; schema vincente non si cambia.
Una ulteriore riflessione è strettamente legata all’affermazione della Premier Meloni e confermata dalla sua diretta rivale Schlein, che il paese si conferma bipolare.
A dire il vero quello che si è visto è che esistono quattro gruppi di votanti, dei quali il maggiore è quello di coloro che esprimono a pieno titolo il diritto di voto non andando a votare.
Più del 50 % degli italiani aventi diritto al voto non ha accettato di partecipare ad una farsa.
Come ho già avuto modo di dire la partecipazione al voto è condizione necessaria ma non sufficiente perché si sia in democrazia; pensare di aggregare persone intorno ad alcune idee implica la possibilità di disporre di mezzi di comunicazione, che ad oggi sono stimati nell’ordine di milioni annui; la conseguenza è che l’offerta è rigida e che solo chi ha importanti rapporti con finanziatori, ovviamente interessati, potrà raggiungere i potenziali elettori. Se si aggiunge a questi vincoli la burocrazia che complica le possibilità di partecipazione, la par condicio, ed il controllo delle emittenti pubbliche e private si comprende come sia impossibile far pervenire ai potenziali votanti un pensiero differente basato su progetti o programmi e non sulle enunciazioni non basate su fatti e d obiettivi concreti.
L’assenza della politica sostituita da slogan enunciati da uomini e donne appartenenti alla nomenclatura, alla classe dominante è quello che ci permette di scegliere tra coloro che, salvo rare eccezioni, provengono da quelle realtà già presenti nella società.
L’ascensore sociale che aveva caratterizzato l’Italia del dopoguerra si è fermato e non permette più ai parvenu di affiancarsi ai vecchi padroni delle ferriere; basta infatti scorrere tra i nomi dei notabili per ritrovare papà, mamme, ascendenti, congiunti vari e capire anche perché in effetti nessuno abbia voglia di intervenire.
C’è infine un altro partito che non è espresso in maniera unitaria ed è quello del mondo laico, che è disperso nei personalismi di ambiziosi soggetti che senza titoli se non quelli di famiglia, credono di poter esser visti come leader naturali e che contribuiscono al fallimento complessivo, e fino a quando non sarà possibile sbarazzarsi di quei signori per ritrovarsi intorno alle idee, non si riuscirà a risollevare le condizioni dell’intera popolazione.
Una terza riflessione è quella che proviene dall’analisi del voto negli altri Stati; si è già evidenziato il rafforzamento della componente del Partito Popolare Europeo quello che per dimensione esprime il presidente dell’UE, fino ad oggi la Ursula Von der Leyen che si ricandida allo stesso ruolo supportata dai socialisti e dai liberali.
A fronte di quella crescita si nota una diminuzione del peso sia dei liberali che dei socialisti che non garantiscono più la solidità dell’esecutivo se non per una manciata di voti, che in presenza di un normale tasso di franchi tiratori, potrebbe rendere difficile la gestione.
Un ulteriore problema nasce dall’indebolimento dell’asse franco tedesco, a seguito del collasso del partito di Macron e la conseguente avanzata della Le Pen, e la sconfitta di Scholz in Germania. Sia Macron che Scholz hanno affermato che in ogni caso non intendono dimettersi e addirittura il presidente francese ha sciolto l’Assemblea nazionale indicendo a brevissimo, nuove elezioni.
Sebbene le procedure per la formazione del governo della UE consentono la riconferma c’è da valutare politicamente la situazione, considerando tra l’altro che l’Italia appare come l’unico governo che si sia rafforzato in Europa che diventa di fatto un attore assai rilevante, anche se veti incrociati sembrano impedire una partecipazione diretta alla determinazione del Presidente, anche se il rapporto personale tra la Meloni e la Von der Leyen si è molto rafforzato negli ultimi mesi.
Quello che appare ancora più interessante e la tendenza dei votanti che hanno sconfitto le politiche portate avanti dai governi tedesco e francese, in particolare sui temi delle guerre in corso, oltre che la situazione economica dei due Paesi; questo tema ha favorito anche gli altri partiti orientati in direzione pacifista. Si aggiunga a questa la sconfitta dei Verdi che sono considerati dagli elettori come i principali responsabili di politiche penalizzanti per i cittadini.
L’unico partito dei Verdi che ha ottenuto un certo risultato è proprio quello Italiano, che, come detto, con l’uso disinvolto della figura della Salis ha veicolato il consenso degli estremisti dei Centri Sociali.
Il panorama che ne possiamo ricavare è che i cittadini europei vogliono vivere mantenendo egoisticamente le proprie condizioni di benessere, rifiutando il rischio di entrare in una condizione di guerra aperta, infischiandosene di quanto potrebbe avvenire, considerandolo lontano da sé, convinti che il problema non li toccherà.
Una considerazione finale credo che sia da riferire al tema ambientale, che con gli spazi sempre più affidati alle emozioni primarie agitati da professionisti del terrorismo psicologico alla Greta, sia scappato di mano ai promotori; gli unici beneficiari sono i poteri forti che vedono il loro business crescere con provvedimenti Green penalizzanti i gruppi più deboli, dalle case verdi, alle auto elettriche, alla riduzione delle terre utilizzabili per l’agricoltura, per fare spazio ai campi fotovoltaici, provvedimenti tutti che incidono in modo poco significativo sul problema per l’esistenza di condizioni mondiali assolutamente più gravi come avviene per la Cina e per i paesi del terzo mondo per i quali sembra non sussistano le condizioni per intervenire.
L’insieme di queste considerazioni lascia intendere con chiarezza che quello che i pochi elettori che credono ancora nella possibilità che la UE possa fare qualcosa vanno chiedendo, ovvero un drastico cambiamento nelle politiche economiche ed uno sforzo per evitare di restare coinvolti nelle guerre.
Sono convinto che il riequilibrio delle forze politiche interessate al business potrebbe portare ad una revisione della politica economico ambientalista meno massimalista, mentre sono altrettanto convinto che solo posizioni unitarie dell’intera UE di contrasto ai demagoghi di turno possa portare a far desistere quei dittatori nel continuare nelle loro azioni, consapevoli della debolezza di Stati guidati da soggetti interessati solo dalla propria sopravvivenza politica che al benessere dei popoli che dovrebbero rappresentare.
L’esempio più notevole lo possiamo trovare proprio nel nostro Paese dove i vincitori del PD che non riescono a capire che la loro crescita è solo la conseguenza del tracollo del M5S, per le scellerate politiche portate avanti negli anni recenti con i redditi di cittadinanza, i bonus, i banchi a rotelle e tutta la politica assistenzialista di laurina memoria, e nella insulsaggine di mestatori aggregatori di sodali senza un programma e senza valori, mentre altri come la gli esponenti della Lega, hanno giocato la carta Vannacci sperando di sorpassare i soci di governo.
È bastato poco per il Governo per convincere un certo numero di elettori, con alcuni provvedimenti di buon senso, che forse si cambiava rotta, per far dimenticare che all’interno del partito di maggioranza esistono ancora componenti che hanno difficoltà ad accettare la democrazia ed il rispetto per gli altri.
Non è stato tuttavia sufficiente a convincere l’altra metà dei votanti a recarsi alle urne, perché è mancata la presenza di aggregati portatori di idee e valori capace di invogliare quelle donne e quegli uomini a confrontarsi per la loro affermazione, ed è in questa direzione che si dovrà lavorare per il futuro.
Via i vecchi tromboni e spazio ai portatori di valori.
*già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno
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