Xi Jinping mostra i muscoli, flotta cinese circonda Taiwan
di Antonino Papa-
Che sia un’esercitazione o meno non fa alcuna differenza, il modus operandi dell’establishment cinese è stato sempre ambiguo, esercitazione o provocazione? Avvertimento per l’Occidente o prove generali di invasione?
L’unica certezza sono le parole proferite in tempi on sospetti dal presidente Xi Jinping, alcuni anni addietro: “Taiwan è cinese e dovrà tornare ad esserlo anche di fatto, non tollereremo intromissioni”.
Taiwan non è soltanto un’isola, o una nazione come tante, è il luogo dal quale dipende quasi tutta la produzione mondiale di microchips, dispositivi elettronici, batterie e componenti ad alta tecnologia; soprattutto, è sede di distaccamenti produttivi, in partnership commerciale, dei più grandi brands hi-tech USA ed occidentali.
Il Governo cinese non ha deciso di tentare di annettere con la forza Taiwan alla “madrepatria” per una mera questione etnica, linguistica, sociale o politica, e tantomeno per volontà della popolazione locale, bensì per il dato di fatto che la Cina, assicurandosi Taiwan, controllerebbe, a livello mondiale, tutto il processo di produzione dell’hi-tech a partire dalle materie prime che controlla, sempre a livello planetario, per l’80% avendo acquisito in ogni angolo del pianeta tutte le Terre Rare, ossia vaste arre ricche di risorse necessarie alla produzione di cui sopra.
Come si usa dire in questi casi, le domande sorgono spontanee: “dove si intende arrivare? Sul serio si vuole provocare il terzo conflitto mondiale?”.
A quanto pare sì! La questione è più delicata di quanto possa apparire, nonostante il tentativo, lodevole ed apprezzabile, degli Stati Uniti, di sventare il pericolo che l’Isola possa finire in mani cinesi.
Non a caso, Xi Jinping, da buon seguace delle più antiche tradizioni cinesi, ha atteso pazientemente sulla sponda del fiume (non il cadavere del suo nemico come recita il proverbio) il momento più favorevole e propizio per stringere il cerchio ed aumentare la pressione su Taiwan; infatti, le attuali congiunture internazionali sono tali da avvantaggiare la Cina, e non poco, rispetto alle alleanze commerciali e militari dello schieramento opposto.
Proprio la Cina, unitamente ad altri paesi BRICS, tra i quali anche la Russia, detiene gran parte del debito USA che sappiamo aver raggiunto la spaventosa cifra di 32.000 miliardi di dollari, tra l’altro dopo approvazione da parte del Congresso all’innalzamento del tetto onde evitare il default tecnico lo scorso anno.
Ciò, unito ai 650 miliardi di perdite (per ora virtuali) all’interno del sistema bancario USA, a causa dell’inflazione che ha causato il decremento di valore dei bond governativi acquistati dagli istituti, spinge Biden & Co. a riflettere su come recuperare risorse onde evitare serie difficolta finanziarie al sistema e, allo stesso tempo, continuare a sostenere l’Ucraina, la flotta presente nell’area critica poco fuori le acque territoriali di Taiwan e tutti gli altri impegni assunti in giro per il mondo.
Tanto è vero che, la proposta di utilizzare asset russi bloccati per finanziare l’Ucraina è stata prontamente accolta da Biden, proprio dopo aver valutato lo stato dei conti pubblici; idem dicasi per l’Europa, in affanno e totalmente dipendente dallo Zio d’America.
Tutto previsto dalla volpe Xi Jinping che ora inizia a stringere la morsa sull’Isola; questo è soltanto il primo step ed è mirato a testare la forza degli avversari USA, il loro stato di salute e fin dove sarebbero disposti ad arrivare pur di difendere Taiwan.
Per l’Occidente si prospetta una scelta amletica: abdicare alla difesa della democrazia e dei diritti umani per salvare il pianeta da un eventuale terzo conflitto mondiale o andare allo scontro diretto con la Cina?
Ma sappiano tutti che l’Occidente è in primis USA, e gli USA avrebbero moltissimo da perdere se il peggio dovesse accadere, il top delle aziende hi-tech è dislocato tra Taiwan e la stessa Cina, sebbene si stia invertendo la rotta delocalizzando in madrepatria o in paesi asiatici alleati.
Oltretutto, una eventuale “guerra” sarebbe senza esclusione di colpi e Xi Jinping, senza alcun dubbio, avrà già previsto (in caso di necessità) una massiccia vendita del debito USA per mettere in ginocchio l’economia a stelle e strisce, da questa parte dell’Oceano le pressioni di Putin (che di recente ha fato visita all’alleato cinese) hanno il fine di spaventare l’Europa.
Questo è il quadro della situazione, e non è roseo; la questione Taiwan rappresenta un crocevia fondamentale che pone le principali potenze mondiali a scelte obbligate, da un lato “sacrificare Taiwan” per salvare mezza Ucraina (perché queste saranno le condizioni poste dalla Cina, oltre all’annessione dell’Isola) ed evitare pericolose escalation, dall’altro un passo verso scontri che vanno ben oltre la diplomazia.
Non dimentichiamo le elezioni negli Stati Uniti che potrebbero riportare in auge Trump il quale, per quanto “matto” possa essere definito, ha fortemente contribuito a mantenere il mondo in equilibrio e senza conflitti; ciò grazie anche alle sue relazioni diplomatiche ottimale con i capi di stato di Cina, Russia e paesi islamici, tanto è vero che era riuscito a mettere intorno ad un tavolo persino Israeliani e Palestinesi, poi lo Zio Joe ha rovinato tutto.
