CC BY-SA 3.0 File:Giovanni Toti,

Il caso Liguria

di Michele Bartolo-

Nuovamente alla ribalta nazionale un presunto caso di cattiva politica, di corruzione nella amministrazione pubblica, una nuova parentesi polemica tra i giustizialisti, coloro i quali considerano un avviso di garanzia una condanna e comunque ritengono non compatibile la prosecuzione dell’attività politica ove siano pendenti inchieste giudiziarie e coloro i quali invece, i cosiddetti garantisti, rimangono fedeli al precetto costituzionale, che sancisce la prevalenza della presunzione di innocenza sino a prova contraria ovvero sino al termine di un processo governato dalle regole dello Stato di diritto.

Mi riferisco al recentissimo arresto del Governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, per presunti plurimi casi di corruzione, asseritamente espressione di un sistema di corruttela collaudato.

Nell’ambito dell’inchiesta, che ha coinvolto anche altri soggetti, è stato tra l’altro disposto il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie e beni per un importo complessivo di oltre 570 mila euro, ritenuto il profitto dei reati di corruzione contestati. Il tutto a circa un mese dall’importante appuntamento delle elezioni politiche europee e con la immediata reazione delle opposizioni di centrosinistra che hanno richiesto le dimissioni del governatore ligure.

Viene alla mente il paragone con il caso Emiliano, Governatore della Regione Puglia, nonché con il sindaco di Bari, entrambi in quota centrosinistra, ove viceversa si è avuta la sollevazione delle forze di centrodestra, che lamentavano i presunti legami con la mafia di alcuni componenti della pubblica amministrazione locale.

Sicuramente, alla base di tutto, c’è un destino curioso, che ha deciso la singolare coincidenza della chiusura di una indagine, iniziata ben quattro anni fa, con la vigilia di un voto europeo, al quale si attribuisce, come spesso accade da noi, un grande significato politico.

Indubbiamente questa casualità fa parte di un elenco di altre casualità, che in passato hanno fatto venire quanto meno il sospetto che non tutto fosse poi così casuale. Una indagine chiusa a fine del 2023, infatti, ma i finanzieri sono arrivati alle tre di notte del 07 maggio 2024 all’hotel Lolli di Sanremo, dove stava alloggiando il Presidente della Liguria, per recapitargli la notifica di custodia cautelare ai domiciliari.

Secondo il GIP di Genova vi sarebbe pericolo di reiterazione del reato, mentre si descrive: “(..)” la sorprendente disinvoltura con cui Toti manifesta il proposito di ricorrere a richieste di denaro agli imprenditori, sfruttando la momentanea soddisfazione per gli obiettivi imprenditoriali realizzati anche in seguito al proprio intervento (..)”. Qualcuno la chiama “campagna elettorale a mezzo procura”, ma certo è che, anche se ogni indagine ha i suoi tempi,  gli avvisi di garanzia o i provvedimenti cautelari adottati nei confronti di politici, a ridosso del voto, sono da sempre oggetto di dibattito politico con buone dosi di ipocrisia e scarsa autocritica. Senza voler entrare nel merito, vi sono altri esempi di governatori indagati che tornano alla memoria.

Il caso di Vincenzo De Luca, in Campania, al quale la procura di Napoli contestava abuso d’ufficio, falsità ideologica e truffa, a qualche settimana dal voto, salvo poi vedere archiviata l’inchiesta; o, ancora, quello dell’ex Governatore della Basilicata, Marcello Pittella, finito ai domiciliari con l’accusa di falso e abuso di ufficio per la presunta Sanitopoli lucana, anch’egli poi assolto.

Casi simili hanno riguardato anche il Governatore della Lombardia, Attilio Fontana e quello della Calabria, Mario Oliverio, quest’ultimo indagato dalla Procura di Catanzaro con allora a capo il procuratore Gratteri, anch’egli oggi definitivamente prosciolto da ogni accusa.

Sul caso specifico, la Cassazione, nel provvedimento che disponeva la revoca delle misure cautelari, ebbe a dire che nelle carte era evidente “(..) un chiaro pregiudizio accusatorio (..)”. Intanto, però, la magistratura continua a condizionare pesantemente la vita politica, anche perché è risaputo che un avviso di garanzia e, ancor di più, un arresto desta molto clamore, mentre la successiva assoluzione, avvenuta a distanza di anni e dopo tutte le tutele previste da uno Stato di diritto, passa invece in secondo piano, relegata ad un trafiletto su una pagina di giornale. In ogni caso, ciò che conta è la reazione della politica, non le indagini della magistratura, che comunque faranno il loro corso.

Cavalcando le altrui disgrazie giudiziarie, la nostra politica conferma quello schema malato, avalla la propria soggezione psicologica nei confronti di alcuni magistrati. Un amante dello stato di diritto dovrebbe invece coltivare il sogno di un Paese in cui maggioranza e opposizione abbiano la forza e la caratura di invocare la presunzione di innocenza anche nei confronti del peggior avversario politico. Non è fair play, ma senso delle istituzioni, conoscenza del diritto e, tutto sommato, semplice rispetto della nostra Costituzione, da tutti invocata spesso a sproposito. Ma, forse, è chiedere troppo.

 

 

 

Michele Bartolo

Avvocato civilista dall'anno 2000, con patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori dal 2013, ha svolto anche incarichi di curatore fallimentare, custode giudiziario, difensore di curatele e di società a partecipazione pubblica. Interessato al cinema, al teatro ed alla politica, è appassionato di viaggi e fotografia. Ama guardare il mondo con la lente dell'ironia perché, come diceva Chaplin, la vita è una commedia per quelli che pensano.