La morte di David Rossi, manager MPS: troppi i casi nel caso
di Michele Bartolo –
Il 06 marzo del 2013 uno degli uomini più potenti e in vista di Siena, guru della comunicazione del Monte dei Paschi, per vent’anni ombra di Giuseppe Mussari, capo indiscusso della banca, precipita dalla finestra del suo ufficio dopo aver avvisato la moglie che stava tornando a casa. Si tratta di David Rossi, manager MPS. Per la procura fin da subito è suicidio. Eppure, il cadavere ha ferite dovute a una colluttazione.
Un giallo italiano che ricorda i casi di Roberto Calvi e Raul Gardini. Un’inchiesta chiusa con troppa fretta, mille buchi e clamorosi errori nelle indagini. Di recente, è spuntato un presunto killer che si è auto attribuito l’omicidio. Si tratta di Giandavide De Pau, alla sbarra a Roma per l’assassinio di tre prostitute.
La rivelazione choc De Pau l’avrebbe fatta a due ufficiali di polizia giudiziaria che il 22 maggio 2019 furono a colloquio con l’uomo per altre vicende nel carcere di Regina Coeli. Non è il primo buco nero nelle indagini sulla strana morte del responsabile delle comunicazioni di Mps, la cui tragica fine ha lasciato molti interrogativi. Dalle incongruenze tra la postura del corpo in caduta e la dinamica suicidiaria con le strane ferite al polso e allo stomaco, dai festini gay a cui avrebbero partecipato assieme ad alcuni magistrati e politici della Siena bene, fino alla scena del crimine compromessa dagli inquirenti, come dimostrano le immagini diffuse dalle Iene, la cui inchiesta ha contribuito alla nascita della commissione d’inchiesta nella scorsa legislatura.
Guardando le foto della scena del crimine prima e dopo il loro arrivo, è evidente che libri, oggetti e giacche vennero spostate. Ma senza commettere reato, secondo la Procura di Genova, che ha archiviato le accuse dell’ex colonnello dei carabinieri Pasquale Aglieco ai magistrati senesi Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Nicola Marini.
Ma cosa legherebbe Pau a David Rossi?
Di certo si sa che il killer delle prostitute aveva stretti rapporti con Michele Senese, detto o’ Pazz. I due si erano conosciuti nell’ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino, dove De Pau era stato ricoverato per un paio d’anni. Senese è legato alla ‘ndrangheta, e proprio la pista calabrese era stata ipotizzata come possibile movente per gli strani affari a Mantova di un imprenditore originario della Calabria e correntista Mps.
Forse la stessa pista di cui aveva parlato l’ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli in una conversazione captata dai pm che indagavano su di lui per i suoi rapporti coi boss: «L’hanno ammazzato, se si scopre chi è stato succede il finimondo». Suggestioni, certo. Che si insinuano nei tanti buchi neri di una morte (ancora) senza una spiegazione logica.
Come è stato giustamente detto, quello di Rossi è «Un giallo italiano, imperfetto e con due vittime: il manager e la verità.
«Ho paura. Voglio parlare.» Poi il volo giù dal suo ufficio al terzo piano. Due elementi che in una classica trama noir spingerebbero gli investigatori a dubitare, scavando oltre l’ipotesi apparente del suicidio, soprattutto se la vittima sapeva tutto dello scandalo che aveva travolto in quei mesi il colosso bancario della città.
Invece, come in un poliziesco scritto male, le indagini vengono condotte distrattamente, le perizie omesse, le prove trascurate o demolite per svagatezza, i testimoni ignorati. Tutti assolti. Il manager Mps si è ucciso da solo.
Da registrare un caso singolare, un caso nel caso: nel luglio del 2013, la vedova di Rossi, Antonella Tognazzi, è stata indagata e poi portata a processo con il giornalista Davide Vecchi (all’epoca inviato del Fatto Quotidiano), con procedura d’ufficio da parte del magistrato, Aldo Natalini, con l’accusa di violazione della privacy: è il primo e unico caso in Italia, secondo quanto registrato nel massimario della Corte di Cassazione.
Il processo è stato oggetto di numerose polemiche che hanno portato ad alcune interrogazioni parlamentari e all’intervento dell’osservatorio internazionale sulla libertà di stampa della Columbia University di New York perché ritenuto un tentativo di limitare il diritto d’informazione. Si è concluso nel gennaio 2018 con l’assoluzione piena e una dura sentenza da parte del giudice, Alessio Innocenti, che ha stigmatizzato l’apertura stessa del fascicolo di indagine a carico di Tognazzi e Vecchi.
Troppi i casi nel caso. Basti ancora pensare che, nell’ambito delle indagini, si è scoperto che l’orologio di David Rossi non era al suo polso al momento della caduta, ma è stato gettato dalla finestra del suo ufficio venti minuti dopo.
Ancora, Un magistrato che indagava sull’accaduto è stato minacciato di morte, gli è stato recapitato un proiettile di una pistola calibro 9 inesploso. Infine, i video della telecamera hanno mostrato che sul luogo sono arrivate due persone che si sono avvicinate a David Rossi mentre era ancora in vita, ma si sono allontanate poco dopo, senza prestargli soccorso.
A seguito dell’archiviazione delle indagini con l’ipotesi che la morte fosse da imputare a suicidio, nel 2020 la procura di Genova aprì una inchiesta sui magistrati che si erano occupati del caso per accertarne il corretto adempimento delle attività. Infine, l’11 marzo 2021 la Camera istituisce la Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi con il compito di ricostruire in maniera puntuale i fatti, le cause e i motivi che portarono alla caduta di David Rossi dalla finestra del proprio ufficio nella sede del Monte dei Paschi di Siena di Rocca Salimbeni e le eventuali responsabilità di terzi. Davvero un caso ricco di suggestioni e anomalie per essere un semplice suicidio.