“Poco più di niente” di Marco Masciovecchio

di Denata Ndreca-

Se conoscere la fine vuol dire gettare il cuore oltre il confine, se bruciare il tempo vuol dire bruciare nel fuoco, se questo essere messo in croce avviene senza la resurrezione, allora sì, per il poeta, l’ultimo respiro diventa – liberazione.

Ed è proprio questo il filo che collega le strade che percorrono i versi del poeta romano Marco Masciovecchio – l’ultima parola, o meglio dire, il ricordo di chi non ha potuto dirla. E si affaccia così, come dal balcone si affaccia la madre per chiamare il figlio che corre dietro un pallone, il passato senza prato – solo nero asfalto, la paura di un Dio che ignora, l’ubriaco che piscia sul lampione. Ed è sottile la linea che divide il giorno e la notte delle pagine di questa raccolta intitolata Poco più di niente – Ensemble, nella quale l’autore si prende cura – dando forma a ciò che sente.

 

1

l’amore che mi dai ha il sapore

del mio labbro che sanguina

e resta aperto come una ferita.

l’amore che mi dai ha il colore

del livido violaceo del mio occhio

che batte come un martello

come un ascesso da drenare.

l’amore che mi dai è la vergogna

delle cazzate che ho raccontato

al pronto soccorso

per ogni parte del mio corpo rotto.

l’amore che ti dono è questa lama

d’acciaio piantata dentro al petto

mentre dormivi dopo l’ultimo massacro.

addio amore mio, sapessi quanto t’amo.

 

2

dalla tua mano

lascia ch’io cada

come una piuma,

è una carezza l’aria,

impatto sulla terra

e sono seme

metto radice

al buio privo di luce

poi torno a respirare

e sono fiore

e poi di nuovo seme

dalla tua mano

continuerò a cadere

 

 

3

famelica come una cagna,

spolpa e t’ingoia fino all’osso,

rigurgita gli avanzi e latra inferocita

cercando un’altra preda, un’altra vita.

tu ci cammini dentro, perdendoti

negli occhi stupefatti dei turisti,

ma se ci vivi nel peso dei tuoi giorni,

t’accorgi che t’infogni nella città dei papi e dei governi.

lei t’adula, ti porta nella tana

prosciuga le tue tasche come una puttana

t’accompagna sull’orlo del fossato

maledirai il giorno che sei nato.

 

 

Denata Ndreca

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