La “Fashion doll” per eccellenza, Barbie: storia e controversie della bambola più conosciuta al mondo.

Nell’estate del 2023 veniva proiettata, nelle sale cinematografiche del mondo, il film “Barbie” dedicato a una delle bambole più iconiche e amate da oltre 60 anni. Diversamente da ciò che si potrebbe immaginare, molto più che un film per bambini, il lungometraggio porta con sé messaggi particolarmente profondi. La regista, Greta Gerwig, immagina un mondo di plastica apparentemente perfetto dove anche i colori, dalle sfumature pastello, sembrano esaltare una realtà fondata su principi matriarcali e senza problemi, in cui l’attrice Margot Robbie, nei panni della protagonista e l’attore Ryan Goslig, nelle vesti di Ken, vivono le loro giornate sempre uguali. Improvvisamente i due vengono a contatto con il mondo degli esseri viventi, società esattamente al contrario dove vige il principio del patriarcato, con gli uomini a capo dei maggiori poteri sociali. Nel film, Barbie inizia a non sentirsi più la bambola sicura e senza difetti desiderando, sul finale, di essere umana, una donna vera, non più oggetto di plastica ma essere vivente che invecchia e che scopre anche tante emozioni, assenti nel suo mondo: un cambiamento che la allontana dall’illusione della bellezza perfetta per avvicinarla alla vera bellezza, quella della vita reale! Il film ha vinto un premio Oscar per la canzone della colonna sonora, e due Golden Globe. La Barbie nasce da un’idea geniale, alla fine degli anni ’50 dello scorso secolo, di Ruth Handler cofondatrice, con il marito Elliot Handler e Harold Matson, della famosa casa produttrice di giocattoli americana “Mattel”.

Durante un viaggio in Europa, alla metà degli anni ’50, Ruth notò esposta in alcuni negozi una bambola non dalle fattezze di bimba o neonata, ma di una vera e propria adulta: si trattava della bambola Bild Lilli, prodotta nell’allora Germania Ovest e gemmata da un fumetto creato per il quotidiano scandalistico Bild.


La donna non esitò a riproporre un giocattolo simile, spronata, in realtà, anche dalla figlia non sempre contenta di giocare con bambole di tenera età che la vincolavano al solo ruolo di mamma e massaia. Dopo aver acquistato i diritti della bambola tedesca e apportando, inoltre, alcune piccole modifiche, grazie anche all’aiuto del designer statunitense Jack Ryan, il 9 marzo 1959, esattamente 65 anni fa, la Barbie venne presentata all’American International Toy Fair di New York per la Mattel, ottenendo un immediato successo sia mediatico che commerciale, al costo, allora, di 3 dollari! Il primo modello di Barbie, ovvero Barbara Millicent Roberts (suo nome completo) crea l’incarnazione della tipica donna americana, dai i capelli scuri (i modelli successivi poi avrebbero avuto i capelli generalmente biondi), e il corpo alto e longilineo con elegante costume da bagno a strisce nere e bianche.




Fin dall’inizio, la bambola rappresenta l’idea di donna emancipata e indipendente, in cui le bambine possono riconoscersi, immedesimarsi giocando e fantasticando indirettamente sul loro futuro. Nel 1962, ad esempio, compare sul mercato la prima Dreamhouse, con una Barbara Millicent, donna emancipata, che può comprarsi una bella casa grande dallo stile moderno (mid-century) con arredamento pulito e minimalista, ben squadrato, tipico di quel periodo. Qualche anno dopo, nel 1977 farà la sua comparsa anche l’automobile, la star-vette di color rosa, il cromatismo ufficiale abbinato alla Barbie, in particolare il Pantone PMS 219. Con gli anni, ovviamente, anche la casa di Barbie si evolve rispettando le tendenze degli interiors designes più innovativi fino agli appartamenti a più livelli collegati da un ascensore esterno. Cedendo alle pressioni del mercato, a seguito di infinite lettere di bambine che desideravano la presenza di un fidanzato per Barbie, nel 1961 compare Ken Carson, il compagno che Barbara non sposerà mai, probabilmente nel tentativo di salvaguardare la continuità della carriera lavorativa della Barbie. Non dimentichiamo, infatti, che la società di allora relegava ancora la maggior parte delle donne nel ruolo di casalinga-massaia e quelle poche a farcela rinunciavano spesso alle prerogative di mamme e mogli.

Negli anni Barbie ha impersonato molteplici figure lavorative molte delle quali, all’epoca ancora impensabili per le donne: ricordiamo addirittura la prima Barbie Astronauta del 1965. Col tempo, Barbara, si mostra sempre più impeccabile con i suoi abiti eleganti, le sue scarpe (che si potevano cambiare a piacimento) e la sua capacità di aderire a tutte le mode del periodo fin nell’acconciatura dei capelli. All’inizio degli anni ’70 si commercializza Barbie Ballerina o anche Barbie Popstar, sempre al passo coi tempi, mentre nel 1970 compare Barbie Malibu: più abbronzata e con gran sorriso, in particolare nel ridisegno del 1977!


Agli abiti si associano sempre più accessori dando (forse anche troppo forzatamente) un’idea di donna di successo al passo coi tempi e particolarmente in prima linea nella scalata sociale.


Sempre attenta alle numerose richieste del mercato, Mattel propone inoltre la sorellina di Barbie, Skipper e l’amica del cuore, Midge. Dall’inizio degli anni ’80 la bambola più venduta al mondo ha ispirato numerosi artisti contemporanei con opere aventi Barbie come soggetto. Andy Warhol la rappresenta in una serigrafia, lo stesso metodo con cui ha immortalato icone come Marilyn Monroe e Jane Fonda. Il fotografo Chris Jordan, sempre in posizione critica rispetto al consumismo americano, realizza la sua opera artistica “Barbie Doll” utilizzando 32000 Barbie per formare tutte insieme un seno femminile come metafora-accusa alle 32000 mastoplastiche additive effettuate in un sol mese negli Stati Uniti nel 2006. Ricordiamo, infine, anche l’architetto americano Robert A. M. Stern con la sua Bambola in gesso, sabbia e legno del 1998. Nel pieno del successo, la Barbie divenuta una vera e propria “fashion doll” o meglio un giocatolo icona conosciuto e amato in tutto il mondo, inizia ad affrontare le prime critiche. Il movimento femminista, infatti, ne critica le fattezze fisiche, la estrema magrezza e l’assenza assoluta di difetti estetici. Forse non proprio un modello raggiungibile da tutte! La bombola, inoltre, rappresentava ancora lo stereotipo di bellezza nordica dalla pelle bianca e dai capelli per lo più biondi. Pertanto, sul finire degli anni ’70, un blando tentativo di conciliazione, vede l’arrivo dell’amica Christine con caratteristiche afroamericane. Ma le critiche vanno avanti anche molti anni dopo: col modello parlante del 1992, in cui la bambola si lamenta di avere pochi vestiti, e in più di amare solo lo shopping e non lo studio risultando, quindi, particolarmente incapace dal punto di vista intellettuale, vicina agli stereotipi di donna poco incline al lavoro, superficiale e con una intelligenza medio-bassa. Per questo motivo la Mattel vede scagliarsi una campagna di proteste e di deplorevoli recensioni che la spingono a ritirare il modello parlante e a modificarne, al contempo, le vacue frasi. Già dalla fine degli anni ’80, la casa madre dimostra un grande impegno nel superamento degli stereotipi con la realizzazione di decine di Barbie dai caratteri somatici differenti.


Inoltre alla fine della prima decade del 2000 vengono lanciati sul mercato i modelli di “Barbie Fashionistas”: ben 23 modelli differenti di bambole dalle capigliature sempre differenziate per soggetto e inoltre dalle taglie eterogenee. Coerentemente al discorso dell’avvicinamento più realistico possibile della bambola al mondo quotidiano, vengono realizzati modelli di Barbie con problemi fisici come l’alopecia fino ad arrivare alla sindrome di Down. Negli ultimi tempi, infine, sempre allo scopo stimolare oltre che la fantasia anche le ambizioni della vita futura dei bimbi, sono state prodotte delle bambole con fattezze simili a quelle di grandi personaggi del panorama artistico-culturale come, ad esempio, la pittrice Frida Kahlo o l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti.



Una grande trovata pubblicitaria ma con fini che incoraggiano, sicuramente, la nuova generazione allo studio, all’approfondimento della conoscenza in generale e all’amore per l’arte!
